Quando per la mafia il calcio diventa business

Di Aaron Pettinari – 6 giugno 2011

Nell’anno del trionfo mondiale Azzurro (2006) l’Italia calcistica veniva colpita al suo interno dallo scandalo Calciopoli. Cinque anni dopo l’Italia non ha vinto la coppa del Mondo, ma ancora una volta l’universo del pallone si trova a che fare con un nuovo caso vergognoso.

La Procura di Cremona ha scoperto un’incredibile giro di scommesse che avrebbe coinvolto calciatori, dirigenti ed ex giocatori con l’intento di aggiustare i risultati delle partite per guadagnare attraverso le scommesse. Ma l’inchiesta “Last bet” ha scoperto anche dell’altro, un collegamento con la “criminalità organizzata ai più alti livelli”, tanto per citare le parole del gip Guido Salvini.
Stando al tariffario (400mila euro per la A, 120mila per la B, 50mila per la Lega Pro), ogni domenica si muovevano milioni di euro. “La presenza tra gli investitori e scommettitori di alcuni gruppi dai contorni incerti – scrive il gip Salvini nella sua ordinanza – quale quello degli ‘Zingari’, o quello albanese, creano un terreno fertile per l’insinuazione di elementi di una criminalità organizzata ai più alti livelli. Infatti sono investiti da questi gruppi per ogni partita ‘truccata’ capitali dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, non è noto di quale provenienza, tale da non potersi escludere fatti di riciclaggio”.
Ed è proprio attorno al gruppo degli Zingari, capaci di muovere flussi anomali di denaro (dai 2 ai 5 milioni di euro su una singola partita) scommettendo anche “live” (a partita in corso), che si concentrano in questo momento le attenzioni degli investigatori.
Ma il collegamento tra l’associazione e la criminalità organizzata arriva anche dalla procura di Bari con la Dda che aveva individuato un gruppo di scommettitori legati ai clan che investivano nel calcioscommesse il denaro frutto dello spaccio di droga. Alcuni di loro, come risulta da un’informativa dei carabinieri, erano in contatto con l’ex capitano del Bari, Antonio Bellavista, che è al centro dell’indagine di Cremona.
E altre due procure antimafia (Potenza e Napoli) hanno aperto inchieste che dimostrano come la Camorra investa in maniera pesante per comprare le partite delle serie minori ma anche in serie A.
L’inchiesta di Cremona si incrocia con quella condotta a Napoli sui rapporti tra i clan della camorra e il calcioscommesse. Lo scorso giugno i carabinieri di Castello di Cisterna hanno consegnato alla Direzione distrettuale antimafia della procura di Napoli una informativa grazie alla quale si sono ricostruiti i collegamenti tra il mondo del calcio e la camorra. Alla fine del primo tempo di Napoli–Parma, partita giocata il 10 aprile del 2010 allo stadio San Paolo, molti affiliati al clan Lo Russo e agli Scissionisti, guidati dal boss Eduardo Fabbricino, puntarono forte sulla sconfitta dei padroni di casa. L’incontro finì 2-3 in favore degli emiliani, dopo che il Napoli aveva chiuso il primo tempo in vantaggio per 1-0. Non solo: in occasione di quella partita era presente a bordo campo Antonio Lo Russo, figlio di Giuseppe Lo Russo, storico esponente dell’omonima consorteria criminale.
Nel documento si sottolinea che «nel lotto G di Scampia» esiste una «struttura associativa capeggiata da Eduardo Fabbricino» che gestisce per conto del clan degli Scissionisti «un ampio traffico di stupefacenti» ma anche «il cosiddetto gioco clandestino». Ed è indagando su questo contesto che i carabinieri scoprono il «coinvolgimento nel mondo delle scommesse clandestine, e quindi di partite truccate, di diverse squadre di calcio di serie semi professionistiche le quali, attraverso la complicità di alcuni calciatori e procuratori legali comunicavano al clan degli Scissionisti l’esito della partita (c.d. partite truccate) onde consentire ad alcuni elementi di spicco del clan di puntare ingenti somme di denaro». Quali squadre? «Dalle intercettazioni – scrivono i militari – risultano coinvolte nel giro di partite truccate Modena, Ancona, Crotone, Salernitana, Real Marcianise e Andria». Nei loro confronti, si aggiunge nell’informativa, sono emersi «oggettivi elementi di riscontro».
I pm Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa e il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo al momento non hanno avanzato alcuna richiesta di atti ai colleghi di Cremona, ma nei prossimi giorni riprenderanno gli interrogatori, anche di nomi eccellenti. Il giro è stato scoperto per caso nel corso delle intercettazioni che erano state disposte per far luce sugli affari del clan D’Alessandro. È emerso che uomini vicini alla camorra avrebbero anche contattato calciatori per alterare risultati di partite, in particolare della Lega Pro.

Questione di immagine
In Sicilia i tentacoli della Piovra su quello che è considerato da molti come il gioco più bello del mondo non sono solo una questione di soldi. Anche perché nel calcio minore, dove ruotano gran parte degli interessi mafiosi, le società non se la passano bene e le spese non mancano. Sul perché la mafia investe nel calcio minore (vedi il caso Akragas) ha provato a rispondere il capo procuratore di Caltanissetta Sergio Lari: “Il motivo è il consenso. I mafiosi sanno bene quanto è importante il consenso tra l´opinione pubblica. E sanno bene anche come cercarlo. Le donazioni nelle feste patronali sono un esempio. Ma c´è il calcio in cima alla lista della beneficenza: lo sport più amato dalla gente in Sicilia. Cosa nostra inclusa”.
E l’ex pm Raffaele Cantone, uno dei pm che ha lottato duramente contro i Casalesi, nel suo libro “I Gattopardi” (scritto con Gianluca Di Feo) dedica addirittura un intero capitolo a questa relazione:
“Il calcio è un pezzo della società. Quello che per molti è divertimento, per altri è un arricchimento personale e sociale. Le mafie si sono accorte delle potenzialità del calcio. E le sfruttano”. E poi spiega che dietro ad Hamsik, fotografato tempo fa accanto ai boss, c’era molto di più che un semplice scatto rubato. “Un segno di potere per il camorrista, la prova che riesce ad arrivare ad Hamsik, a chiunque”. Un pò la stessa cosa che è accaduta a Mario Balotelli nel 2010 quando l’8 giugno si trovava in Campania per ritirare il premio Golden Goal. In quella visita in terra napoletana l’ex Inter ne ha approfittato per vedere le vie di Scampia, alla periferia di Napoli “in compagnia di due elementi di spicco di due dei più potenti clan della periferia nord di Napoli, ovvero Salvatore Silvestri, del clan Lo Russo, e Biagio Esposito, del clan degli Scissionisti” secondo il racconto di una fonte che i carabinieri considetrano attendibile.
Il giocatore del Manchester City non ha smentito la sua presenza in quella zona, ma ha spiegato a persone a lui vicine di non sapere “chi fossero quelle persone, quel giorno a Napoli per strada c’era sempre molta gente intorno a me”. Tra l’altro Mario avrebbe già chiamato “l’amico che lo accompagnava a Napoli e nella visita a Scampia” per chiedergli spiegazioni. Anche il suo procuratore, Mino Raiola puntualizza che “se Mario è effettivamente andato a Scampia era perché curioso di vedere quei luoghi tristemente noti. Certamente conclude – non sapeva che le persone con le quali si accompagnava erano legate ai clan». Si dice invece «disgustato», il prete anticamorra don Aniello Manganiello che per anni ha guidato una parrocchia situata proprio nel quartiere napoletano di Scampia. “Questo episodio ci offende ed è inqualificabile e rende la camorra sempre più forte”.
E sui recenti episodi che mettono in relazione la mafia con il calcio è intervenuta anche l’associazione Libera: “Esattamente un anno fa avevamo denunciato l’ombra della criminalità nel mondo del pallone e le inchieste di Cremona sulle scommesse, le informative dei Carabinieri di Napoli sono la conferma di quelle denunce. Il rischio che un altro ‘palazzo’ faccia affari sul calcio è ormai più che un’ombra. Siamo davanti a uno spaccato inquietante, un fenomeno di cui non si parla abbastanza, ma che ormai è sotto gli occhi di tutti: il proliferare di episodi di cronaca di questi giorni sono la conferma della presenza di un legame tra consorterie criminali e ambiente calcistico”. E poi commenta: “In un dossier dal titolo ‘Le mafie nel pallone’ – presentato nel luglio dello scorso anno e diventato un libro scritto da Daniele Poto e pubblicato da Edizioni Gruppo Abele, con il supporto di carte giudiziarie e inchieste della magistratura – Libera aveva denunciato come attraverso partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, le mafie avevano messo le mani sul mondo del calcio. “Il calcio non è un mondo isolato – continua la nota – ma risente dei problemi del territorio. Per i clan le squadre sono una garanzia di visibilità, un mezzo per controllare il territorio e arruolare nuove leve, riciclare denaro. Si tratta di una realtà inquietante, con più di trenta clan direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. Si tratta di un fenomeno diffuso tanto al centro-sud quanto al nord: Lombardia, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia, e sospetti in Abruzzo, queste le regioni interessate”. “Sono necessarie e ben vengano misure di contrasto più efficaci per stanare un affare silenzioso e invisibile che, tranne rare eccezioni, non ha trovato spazio neanche nei rapporti della Direzione antimafia degli ultimi tre anni: ed è proprio questa assenza la miglior prova della necessità di accendere i riflettori sul mondo illecito del pallone”. “Le notizie di questi giorni delle scommesse, il tour nei luoghi di Gomorra del calciatore Balotelli rovinano l’ immagine dello sport più amato dagli italiani. C’è bisogno – conclude Libera – di recuperare una dimensione etica in questo sport così amato, per non tradire le speranze di tutti quei bambini e giovani che, nel correre dietro un pallone, sperimentano e credono ancora nella bellezza e nell’intensità del calcio e nel suo essere fatica e promessa, sogno, impegno, stupore”.

Fonte:Antimafiaduemila