Processo Mori – Obinu: le perizie della polizia scientifica e le carte di Don Vito

di Lorenzo Baldo – 21 giugno 2011
Palermo.

Processo Mori – Obinu: le perizie della polizia scientifica e le carte di DonCon la richiesta di Giovanni Brusca di essere risentito dai magistrati in merito alla sua conoscenza del periodo nel quale Riina gli avrebbe parlato del “papello” e di Nicola Mancino come terminale della “trattativa” si è aperta l’udienza…

…del processo che vede alla sbarra gli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu per la mancata cattura di Provenzano nel 1995.
Tra il pubblico in aula anche l’europarlamentare Sonia Alfano. Nei giorni del 19° anniversario della strage di Capaci l’uomo che ha premuto il telecomando che ha ucciso il giudice Falcone, sua moglie e i 3 agenti di scorta, ha scritto una lettera alla procura di Palermo e un’altra alla Corte della IV sezione penale del Tribunale di Palermo presieduta da Mario Fontana. Nella missiva Brusca ha chiesto espressamente di essere risentito, in quanto a distanza di pochi giorni dalla sua precedente audizione al processo Mori si è reso conto di poter fornire ulteriori elementi capaci di attestare che il periodo nel quale Riina gli avrebbe parlato del papello e di Nicola Mancino sarebbe antecedente il 16 luglio 1992. Già durante la deposizione in aula Brusca aveva indicato il periodo tra la strage di Capaci e via D’Amelio come quello legato alla sua conoscenza del “papello”, senza riuscire però a fornire riferimenti oggettivi a rafforzamento di questo suo ricordo. La sua recente volontà di produrre quei pezzi mancanti al suo racconto diventa a tutti gli effetti un dettaglio importante. Il pm Nino Di Matteo ha chiesto quindi una sua nuova audizione unitamente a quella del neo collaboratore di giustizia Stefano Lo Verso che, per la prima volta da quando è iniziato questo processo, ha fornito un riscontro oggettivo al racconto del confidente dei carabinieri Luigi Ilardo fatto al colonnello Michele Riccio. Prima di essere ammazzato nel ’96 a Catania Ilardo aveva raccontato a Riccio del suo incontro con Provenzano a Mezzojuso (Pa) il 31 ottobre del ’95 nella stessa masseria dove il capo dei capi di Cosa Nostra non era stato arrestato nonostante le precise indicazioni fornite al Ros dallo stesso Ilardo. A distanza di oltre 15 anni sono arrivate le dichiarazioni di Lo Verso ad avallare il racconto fornito da Ilardo. Su questi interrogatori la Corte si è riservata di decidere il prossimo 29 giugno.

Di seguito il pm Di Matteo ha depositato centinaia di pagine frutto della perquisizione avvenuta a casa di Vito Ciancimino la notte del 29 settembre 1984 durante il blitz denominato “San Michele”. Una documentazione che  attesta inequivocabilmente il ruolo di “conduttore” di Vito Ciancimino attraverso la sua rete di contatti anche istituzionali. Tra queste anche un verbale di interrogatorio di Vito Ciancimino, ricco di colpi di scena, realizzato da Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello a seguito di quel blitz. Tra i biglietti, le lettere e le cartoline recuperate sono emersi anche i saluti del generale dei carabinieri Antonio Subranni. Che smentiscono lo stesso generale il quale aveva negato di avere mai conosciuto Ciancimino.

Nell’udienza dello scorso 10 maggio era stato Massimo Ciancimino ad anticipare alla Corte che suo padre gli aveva detto “che conosceva e aveva rapporti con il generale Subranni” e che “secondo lui Subranni era ‘inquadrato’. E per lui inquadrato voleva dire manovrabile”. Le carte depositate oggi vanno ad aggiungersi quindi alla mole di documenti, lettere e manoscritti che costituiscono l’ossatura di questo processo. Tra queste vi è anche la lettera criptata scritta da Massimo Ciancimino a suo padre nel gennaio del ’93 e recuperata durante la perquisizione di un locale ad uso di Ciancimino jr lo scorso 7 maggio. Quella lettera contiene alcuni passaggi molto interessanti che potrebbero riferirsi a un uomo delle istituzioni, trait d’union tra Don Vito (che in quel momento si trovava in carcere) e suo figlio Massimo. In un passaggio della missiva si legge testualmente: “Mi ha detto che fino ad ora non ci sono novità, restano i vecchi accordi con te”, il riferimento è propriamente alla persona in contatto con Massimo Ciancimino e agli “accordi” già presi con Don Vito. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo prosegue ancora nella riga successiva: “Dichiarazioni dei pentiti (nuovi) su di te non dicono nulla, le ha lette”. E’ evidente che non si tratta di un avvocato per il quale non verrebbe utilizzata una simile terminologia e soprattutto non avrebbe bisogno di ricorrere a queste modalità. Ed è alquanto singolare che questo personaggio rassicuri lo stesso Don Vito sulla “innocuità” delle dichiarazioni dei nuovi pentiti nei suoi confronti. A suo tempo Massimo Ciancimino aveva dichiarato agli investigatori che queste rassicurazioni erano state fatte dal “signor Franco”. E sul punto specifico l’attenzione degli investigatori è massima. Nella sua lettera Massimo scrive ancora: “Aspetta insediamento del <<nuovo>> a Palermo (E’ amico) per sapere notizie nuovi assetti. Per quanto riguarda <<P>> si preoccupa di interventi esterni e per poterli arginare ha bisogno di parlare con te. Abbiamo stabilito che è il caso che vi incontriate al più presto. Come te lo spiego il giorno 12 al colloquio”. Il termine <<nuovo>> si riferisce all’insediamento a Palermo del procuratore Giancarlo Caselli avvenuto lo stesso giorno della cattura di Riina. Secondo ipotesi investigative il riferimento alla lettera <<P>> non riguarderebbe Provenzano, bensì qualche esponente istituzionale con il quale Don Vito si sarebbe dovuto incontrare. Così come per la data del 12 è stato riscontrato che il 12 gennaio 1993 l’unico che entra in carcere a colloquio con Don Vito è Massimo Ciancimino. Questa lettera prodotta in originale comproverebbe che dopo il 18 dicembre ’92 (data dell’arresto di Vito Ciancimino) e prima del 12 gennaio ’93 c’è qualcuno appartenente a qualche organo istituzionale che avverte per il tramite di Massimo. Anche le lettere dattiloscritte di Vito Ciancimino sono finite oggi sotto i riflettori. Si tratta di lettere scritte da un’unica macchina che non risulta essere la stessa utilizzata da Provenzano quando scriveva a Vito Ciancimino.
I 4 tecnici della polizia scientifica che le hanno analizzate in qualità di consulenti della Procura sono oggi stati ascoltati nel corso dell’udienza. Sul maxi schermo posto al lato della Corte sono scorse le immagini ingrandite delle lettere analizzate sotto la dicitura “Accertamenti chimico, fisici, merceologici e datazioni”. Tra queste anche il foglio dichiaratamente falsificato nel quale era stato sovrapposto il nominativo di De Gennaro e che è costato l’arresto per calunnia a Massimo Ciancimino. Di Matteo ha chiesto ai periti se nella lettera fornita in originale (quella scritta da Massimo Ciancimino al padre mentre si trovava in carcere) abbiano trovato segni di manomissione o alterazione. Risposta negativa da parte dei tecnici della polizia scientifica. I periti hanno confermato che la calligrafia è di Massimo Ciancimino e che l’originale si presentava “in buono stato di conservazione”. Sul maxi schermo sono comparse anche le lettere indirizzate all’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio in cui la firma manoscritta «Vito Ciancimino» sembrerebbe leggermente difforme al testo. Così come in un’altra lettera indirizzata ugualmente a Fazio in cui l’intestazione “illustrissimo Fazio” porterebbe con sé alcune anomalie grafiche. Il perito ha specificato però che al di là di quei dettagli le righe sottostanti non riportano ulteriori anomalie né tantomeno è possibile affermare che quelle righe sottostanti siano state scritte in epoche diverse. Sullo schermo sono comparse di seguito altre lettere, di volta in volta il pm ha chiesto se i periti abbiano riscontrato anomalie o contraffazioni e la risposta è stata sempre negativa. Qualche perplessità per il pizzino che Vito Ciancimino aveva scritto a macchina a Bernardo Provenzano che presenta un tratto aggiunto non coincidente con il resto del testo e la dicitura vergata a mano “Zanghì”, così come per un’altra lettera in cui al testo dattiloscritto segue un’annotazione a mano di don Vito. Anche in questo caso quelle che di fatto sono “anomalie” non sono arrivate a squalificare in toto i testi integrali in cui sono state riscontrate. Di Matteo ha citato un’altra lettera e ha chiesto ai periti se la firma di Vito Ciancimino sia diversa dalle altre e se si possa parlare di “trasposizione di altre firme”. Dai periti è arrivata nuovamente una risposta negativa. Certo è che qualche dubbio e perplessità degli stessi tecnici della polizia scientifica è rimasto comunque nell’aria. Secondo i consulenti della Procura il fatto di non aver riscontrato anomalie nelle perizie effettuate su alcune fotocopie non può garantire al 100% che il documento non sia stato manipolato. Quegli stessi dubbi e perplessità sono stati più volte strumentalizzati ad arte nel mero tentativo di screditare la prova documentale prodotta. E i riscontri che, nonostante tutto, si vanno delineando si scontrano inevitabilmente con una serie di speculazioni e dietrologie mirate a offuscare con ogni mezzo i pezzi di verità che stanno emergendo.

Fonte:Antimafia