Violenza contro le donne: dall’Europa una nuova Convenzione

Tra il 20 e il 25% delle donne in Europa soffre o ha sofferto nel corso della sua vita violenza fisica o sessuale: le premesse su cui si basa la nuova Convenzione europea per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne – in particolare la violenza domestica – non sono certo buone. I ministri per gli affari esteri di 47 stati europei, membri del Consiglio d’Europa e non solo, si sono incontrati questa settimana a Istanbul con l’obiettivo di firmare un trattato che stabilisca precise misure civili e penali per combattere nel concreto il dramma della violenza contro le donne in Europa.

L’iniziativa è particolarmente monitorata dall’associazione per i diritti umani Human Rights Watch, che ha espresso il suo pensiero tramite le parole di Gauri van Gulik, avvocato per i diritti femminili e autrice del nuovo rapporto “Ti ama, ti picchia: violenza familiare in Turchia e accesso alla protezione”, nonché ricercatrice presso l’organizzazione per i diritti umani: «tutti i Governi europei dovrebbero firmare e ratificare la Convenzione il prima possibile. Dai gruppi per i diritti delle donne in Armenia, fino agli avvocati del Regno Unito, i difensori dei diritti umani su tutto il territorio europeo potranno usare la convezione per proteggere le donne e combattere attivamente per leggi migliori nei propri paesi».

Il trattato, presentato il 6 aprile, è stato stilato dopo più di due anni di negoziazioni ed è pronto per essere firmato: si tratterebbe del primo strumento giuridicamente vincolante in Europa, che crea un quadro giuridico completo per combattere la violenza contro le donne tramite la prevenzione, la protezione, l’azione giudiziaria e il supporto alle vittime. La prima Convezione internazionale contro i maltrattamenti sulle donne fu la Inter-American Convention – adottata nel 1994 – che si proponeva lo scopo di prevenire, punire e sradicare la violenza verso il mondo femminile. La Convenzione del Consiglio d’Europa sarebbe tuttavia la prima nel suo genere applicata nel territorio europeo sul tema “violenza sulle donne” e definirebbe tutta una serie di violazioni, sia a livello fisico che psicologico, che comprendono anche il matrimonio forzato o le mutilazioni genitali femminili. Particolarmente significativa – anche da un punto di vista simbolico – sarebbe l’inclusione nel trattato dei diritti delle donne lesbiche, bisessuali o transessuali, che copre anche i campi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

L’applicazione della Convenzione prevederà da parte dei singoli Stati l’istituzione di linee telefoniche apposite per la segnalazione degli abusi, luoghi di rifugio e protezione, servizi medici, legali e di consulenza, potenziando le carenze – già documentate da Human Rights Watch e da molte altre organizzazioni per i diritti umani – dei singoli sistemi legali e sociali contro violenza domestica: leggi deboli o cattiva applicazione delle norme in materia, difficile accesso alla giustizia da parte delle vittime, mancanza di interlocutori, di aree di protezione a seguito della denuncia e di misure preventive. Sebbene infatti le leggi per la protezione della donna ufficialmente esistano più o meno in tutti gli stati, secondo HRW esse non riflettono i cambiamenti sociali in atto e finiscono quindi per escludere dalla loro applicazione proprio i gruppi più vulnerabili, come le donne richiedenti asilo o le donne divorziate. A seguito di queste riflessioni è stata stabilita anche la creazione di gruppi internazionali di esperti che tengano monitorata la situazione e l’effettiva applicazione della Convenzione a livello nazionale. «Questa Convenzione – continua van Gulik – è molto pratica e ha la possibilità di dare un contributo concreto all’estirpazione della violenza contro le donne in Europa. Intende infatti correggere molte lacune nella protezione di donne e ragazze che si trovano costrette ad affrontare situazioni di violenza domestica: per questo – conclude – si chiede ai leader di impegnarsi non solo con principi astratti, ma con azioni concrete». Perché la Convenzione trovi applicazione, deve essere ratificata da almeno 10 Stati, di cui 8 membri del Consiglio d’Europa.

Fonte: DirittodiCritica.com