Il diario di Nagham Yassin: l'infanzia negata dei bambini palestinesi

GERUSALEMME- Chi non ha mai sentito l’esigenza di tornare indietro nel tempo, tornare ai vecchi tempi quando si era bambini, felici senza preoccupazioni, né del domani né di altro… Chi è che non l’ha mai desiderato?! In ognuno di noi vive quella voce sensibile e ingenua che ci accompagna per tutta la vita ma a volte è necessario lasciare tutto questo alle nostre spalle, lasciare che il fanciullino che è dentro di noi resti soffocato dalle nostre ansie e dalle nostre preoccupazioni perché si deve cominciare a crescere e pensare con più attenzione che molta gente ha bisogno di te … e ogni giorno che passa, aumentano le responsabilità e il peso diventa sempre più grosso sulle spalle di chi un fanciullo non potrà esserlo più… E ora ho voglia di parlare di chi diventa adulto prima del tempo, di chi è bambino solo all’anagrafe o fisicamente, di chi sul quel piccolo corpo è costretto a sopportare dolore e preoccupazioni. Voglio parlare dei bambini che vivono qui, dell’ingiustizia che soffrono senza sapere il perché, voglio parlare della loro infanzia distrutta e negata! Da ogni finestra di Gerusalemme li vedi, li osservi e ti chiedi perché. Sono troppo giovani per farlo, e ogni giorno resti sempre più sconvolta nel vederli crescere con un’unica domanda martellante nella tua mente … perché un bambino piccolo non ha diritto alla vita? Perché deve sentirsi così? Perché questi bambini non possono giocare come tutti gli altri e devono guardare il mondo in tutta la sua crudeltà? Vederli come se fossero adulti, mi fa male! E ‘una cosa che mi fa sentire triste ogni volta che li vedo! Ma questi bambini, mi hanno fatto vedere qualcosa che non ho mai visto prima: mi hanno fatto vedere la vita, crudele e bella che sia. Mi hanno fatto capire che per restare in vita dovevano diventare grandi prima del tempo, prima che il giocattolo non fosse più bello…Hanno dovuto rinunciare alla loro età, alla loro spensieratezza e non c’è nessuna spiegazione logica! Quando li vedi vendere gomme da masticare per le strade tra le macchine o chiedere l’elemosina o lavorare duro per poco di soldi, allora capisci di quanto sei fortunato! Cosa si può fare quando li vedi in un angolo, senza un posto dove andare perché sono poveri e hanno bisogno di soldi?! Un giorno ho chiesto a un ragazzo perché non andava a scuola e lui mi ha risposto che doveva vendere gomme da masticare per la gente, mi ha risposto che suo padre lo avrebbe picchiato se lui non avesse venduto tutte quelle gomme …! Come può un padre strappare via la spensieratezza e la felicità al proprio figlio? Come può fare questo? Non riesco a immaginare che cosa può pensare questo piccolo bambino… Dovrebbe pensare ai suoi giocattoli, a giocare con gli amici o ai compiti ma invece pensa che domani dovrà vendere più gomme di oggi! Non posso dire che l’occupazione non ha fatto nulla per questi bambini, ma certamente non ha risolto il problema… A Gerusalemme ci sono molti bambini che lasciano la scuola perché sono poveri e se la politica di occupazione offre loro alcuni opportunità per lavorare negli ospedali, nelle fabbriche, nei negozi, e in molti altri luoghi anche pericolosi è quasi normale scegliere la via più opportuna. La gente qui a Gerusalemme non capisce l’importanza di un’educazione e dell’istruzione, lascia la vita che avrebbe dovuto fare e comincia a pensare al domani proprio perché l’occupazione diffonde l’idea che l’educazione non può salvare dalla fame e dalla povertà. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, i nostri figli e i nostri giovani scelgono di crescere in fretta, senza sapere che ciò che fanno non è un bene per il loro futuro.. Abbiamo bisogno di più organizzazioni umanitarie, di associazioni in grado di far capire che il futuro è prezioso e si costruisce con l’istruzione. Il popolo palestinese deve capirlo… e sono sicura che c’è gente che ha voglia di aiutarci, gente che ha a cuore l’infanzia e il futuro di ogni bambino.

Fonte:  ilmediterraneo.it