Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua Intervista a Tommaso Fattori

L’articolo 23 bis

L’articolo 23 bis è l’ultimo tentativo d’imporre per via legislativa la privatizzazione di un bene comune e fondamentale come l’acqua. L’acqua è un bene naturalmente essenziale per la vita. Tutti sanno che il nostro corpo è composto essenzialmente d’acqua e privatizzarla significa privatizzare la vita. Ci sono state negli anni vari tentativi di privatizzazione, sia di centro-destra che di centro-sinistra, questa è l’ultima tappa. In un momento particolare come questo di crisi economica credo sia facile comprendere perché ci sia una forte pressione da parte d’interessi privati a privatizzare l’acqua, cioè il servizio idrico. Le persone diminuiranno i consumi dei beni tradizionali, probabilmente rinunceranno a comprare l’ultimo modello di cellulare, ma certamente non potranno non aprire il rubinetto dell’acqua. La stessa cosa si potrebbe dire della sanità o dell’istruzione, cioè di quei servizi pubblici che oggi, appunto, sono sotto l’attacco degli interessi privati.

In questo momento di crisi economica gli interessi privati stanno spingendo in questa direzione, anche la politica per un altro verso è interessata a mettere in piedi questi sistemi misto pubblico-privati. Non a caso si parla di società per azioni (S.p.a.) miste pubblico private. Queste sono dei grandi tavoli di concertazione, una specie di nuovo modello di governance ai quali siedono cordate d’interessi privati e pezzi di politica post democratica sottratta a ogni luogo elettivo e controllo democratico. Sono dei tavoli oscuri che di fatto oggi fanno le politiche del territorio. Questo è un progetto, per dirla con una orribile parola, bipartisan che oggi vede abbastanza assieme le forze prevalenti del centro-destra e del centro-sinistra. È un modello che priva i cittadini di un bene fondamentale, gli espropria dalla propria capacità di controllare questa risorsa.

Va detto che questo modello è già iniziato nel nostro paese, per esempio in Toscana, dove sono nato, esistono molte società per azioni misto pubblico-private. Quello che si può vedere in questi casi, fondandosi su fatti e non su opinioni, è generalmente: un forte aumento delle tariffe, una diminuzione addirittura del costo del lavoro, quindi introduzione di lavoro precario, diminuzione della qualità dei controlli sull’acqua. Non c’è nessun interesse per la tutelala dal punto di vista ambientale di una risorsa fondamentale di un territorio. Una società per azione ha interesse a vendere quanta più acqua possibile perché l’acqua è una merce… più ne vendi e più profitti fai… e non a tutelare una risorsa fondamentale.

Arezzo è il primo comune che ha privatizzato in Italia, è forse al secondo posto in Italia per tariffe ed è al penultimo posto per investimenti fatti. Questo lo dico perché spesso si sostiene che “vengono i privati che fanno investimenti”. I privati non vengono a fare investimenti. I privati, cito sempre il caso specifico di Arezzo, sono venuti e sono corsi in banca a chiedere un prestito per portare avanti i così detti e famosi investimenti. Il prestito, tra l’altro, è stato chiesto a due delle tre banche che sono socie della medesima società per azioni. Quindi un meccanismo intrecciato dove i gestori privati fanno enormi profitti in accordo con quei poteri che io chiamo ”post pubblici” cioè questa politica sempre più autoreferenziale sempre più lontana dai cittadini.

Naturalmente chi ci perde in termini di salute, di qualità ambientale, di tutela della risorsa acqua, di tariffe altissime sono, lo ripeto, i cittadini. In più si ha uno spostamento delle scelte fondamentali su questo bene, da luoghi controllabili o luoghi elettivi come può essere un consiglio comunale, a luoghi sottratti ad ogni controllo democratico come è il consiglio di amministrazione di una S.p.a.. Una S.p.a. non è tenuta, ovviamente, a nessuna trasparenza. Questo vorrei precisarlo perché il passaggio, in genere, al modello S.p.a., è stato molto pericoloso nel nostro paese anche per le così dette società per azioni in house providing.

Le S.p.a. dal punto di vista giuridico, è un ente di diritto privato.

Gli amministratori di una S.p.a. hanno l’obbligo di attuare l’oggetto sociale della S.p.a. e l’oggetto sociale è il profitto.

Questo è il nodo fondamentale, ci si è spostati verso un quadro di privatizzazione di un bene essenziale, di privatizzazione delle scelte su questo bene. I cittadini non potranno assolutamente più dire nulla su questo bene fondamentale.

Il pericolo a mio parare è che questo vada ad investire l’insieme dei così detti beni comuni, naturali e sociali, cioè vada ad investire anche altri settori in futuro, parlo appunto della sanità, dell’istruzione. Dunque è importante comprendere come i cittadini debbano svegliarsi rispetto a processi che stanno per investire l’insieme dei loro diritti fondamentali.

 

Scelte etiche

Ricordiamoci che questi processi, oltre ad essere locali, sono processi globali. È moto legato ciò che accade qui a ciò che accade nel resto del mondo. Spesso le S.p.a. che prendono i soldi dai cittadini vanno poi ad impiegarli in altri parti del mondo molto lontane, dove viene privatizzato il servizio idrico, e le tariffe salgono moltissimo. Si parla di paesi in cui una tariffa che sale implica l’esclusione dall’accesso all’acqua di molte persone, quindi significa… MORTE.

Ci sono stati casi, uno famosissimo quello di Cochabamba in Bolivia. A Cochabamba i capitali erano anche capitali italiani. La multinazionale è arrivata addirittura a mettere una tassa sulle cisterne con cui i contadini raccoglievano l’acqua piovana!

Provando a chiedere ad un bambino di chi è l’acqua il bambino quasi certamente risponde che l’acqua della pioggia è di tutti, è mia, delle mie piante del mio gatto... ma se dovessimo chiederlo al bambino di Cochabamba quel bambino dovrebbe rispondere che l’acqua della pioggia appartiene alla S.p.a. che gestisce l’acqua in quel luogo.

Esiste un legame molto forte fra quello che noi facciamo qui e quello che accade in queste zone lontane del pianeta. C’è una responsabilità di tutti, dei cittadini, degli amministratori che devono comprendere quanto sia importante compiere scelte eticamente corrette nei nostri paesi anche guardando al resto del mondo. È facile poi dire “mi dispiace per quel che accade in Africa, per quel che accade in America Latina” quando siamo i primi a mettere in moto delle politiche, anche economiche, i cui effetti sono la negazione dei diritti fondamentali in molte aree del pianeta.

 

Nel 1999 in Bolivia la coalizione di forze politiche guidata dal dittatore Banzar decide di privatizzare l’acqua. La concessione viene affidata alla multinazionale statunitense Bechtel, insieme all’italiana Edison. Nello stesso anno nasce un comitato composto dai cittadini, chiamato “coordinadora de defensa del agua y la vida”, per protestare contro la privatizzazione dell’acqua. Inizia così una vera e propria battaglia, che provocherà 6 vittime e numerosi feriti, e che terminerà il 10 aprile 2000 con la vittoria del popolo boliviano. Il governo infatti cancella la legge che aveva dato il via alla privatizzazione dell’acqua, a cui seguirà l’espulsione della Bechtel. Fonte Wikipedia.


Cosa devo fare?

I cittadini spesso non sanno che sono in atto questi processi quindi è importante in questo momento informare (quando si sa informare glia altri). Iniziare piccole azioni a partire dai paesi e dalla città in cui si vive per sottrarre pezzi di territorio a questa logica. Spezzare anelli locali della catena.

Un esempio molto concreto può venire dalle liste che sentono fondamentale la battaglia per i beni comuni. Queste si ripropongano in consiglio comunale di mettere in votazione una modifica dello statuto comunale in cui si dice che: il servizio idrico integrato, l’Acqua, non è un servizio di rilevanza economica. Questo è molto importante perché dal momento in cui questa affermazione è nello statuto comunale, il famoso articolo 23 bis, che ora vorrebbe spingere alla privatizzazione dell’acqua, non è più valido. Quindi affidarlo direttamente ad un ente strumentale, ad un ente di diritto pubblico, a un consorzio e via dicendo. Questa è un’azione molto concreta. I cittadini potrebbero organizzarsi fin da subito in questa direzione, chiedere al proprio comune di affermare molto chiaramente nel proprio statuto che l’acqua NON è un servizio di rilevanza economica ma un bene fondamentale di tutti da gestire in maniera pubblica, democratica e trasparente.

 

Intervista a Tommaso Fattori – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

reperibile da youtube: http://www.youtube.com/watch?v=sG_9EvlYgRA

Approfiondisci su: http://www.acquabenecomune.org

 

Trascrizione a cura di “Alternativa” sezione Friuli Venezia Giulia

http://fvg.alternativa-politica.net/

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Intervista a Tommaso Fattori

 

 

L’articolo 23 bis

L’articolo 23 bis è l’ultimo tentativo d’imporre per via legislativa la privatizzazione di un bene comune e fondamentale come l’acqua. L’acqua è un bene naturalmente essenziale per la vita. Tutti sanno che il nostro corpo è composto essenzialmente d’acqua e privatizzarla significa privatizzare la vita. Ci sono state negli anni vari tentativi di privatizzazione, sia di centro-destra che di centro-sinistra, questa è l’ultima tappa. In un momento particolare come questo di crisi economica credo sia facile comprendere perché ci sia una forte pressione da parte d’interessi privati a privatizzare l’acqua, cioè il servizio idrico. Le persone diminuiranno i consumi dei beni tradizionali, probabilmente rinunceranno a comprare l’ultimo modello di cellulare, ma certamente non potranno non aprire il rubinetto dell’acqua. La stessa cosa si potrebbe dire della sanità o dell’istruzione, cioè di quei servizi pubblici che oggi, appunto, sono sotto l’attacco degli interessi privati.

 

In questo momento di crisi economica gli interessi privati stanno spingendo in questa direzione, anche la politica per un altro verso è interessata a mettere in piedi questi sistemi misto pubblico-privati. Non a caso si parla di società per azioni (S.p.a.) miste pubblico private. Queste sono dei grandi tavoli di concertazione, una specie di nuovo modello di governance ai quali siedono cordate d’interessi privati e pezzi di politica post democratica sottratta a ogni luogo elettivo e controllo democratico. Sono dei tavoli oscuri che di fatto oggi fanno le politiche del territorio. Questo è un progetto, per dirla con una orribile parola, bipartisan che oggi vede abbastanza assieme le forze prevalenti del centro-destra e del centro-sinistra. È un modello che priva i cittadini di un bene fondamentale, gli espropria dalla propria capacità di controllare questa risorsa.

 

Va detto che questo modello è già iniziato nel nostro paese, per esempio in Toscana, dove sono nato, esistono molte società per azioni misto pubblico-private. Quello che si può vedere in questi casi, fondandosi su fatti e non su opinioni, è generalmente: un forte aumento delle tariffe, una diminuzione addirittura del costo del lavoro, quindi introduzione di lavoro precario, diminuzione della qualità dei controlli sull’acqua. Non c’è nessun interesse per la tutelala dal punto di vista ambientale di una risorsa fondamentale di un territorio. Una società per azione ha interesse a vendere quanta più acqua possibile perché l’acqua è una merce… più ne vendi e più profitti fai… e non a tutelare una risorsa fondamentale.

 

Arezzo è il primo comune che ha privatizzato in Italia, è forse al secondo posto in Italia per tariffe ed è al penultimo posto per investimenti fatti. Questo lo dico perché spesso si sostiene che “vengono i privati che fanno investimenti”. I privati non vengono a fare investimenti. I privati, cito sempre il caso specifico di Arezzo, sono venuti e sono corsi in banca a chiedere un prestito per portare avanti i così detti e famosi investimenti. Il prestito, tra l’altro, è stato chiesto a due delle tre banche che sono socie della medesima società per azioni. Quindi un meccanismo intrecciato dove i gestori privati fanno enormi profitti in accordo con quei poteri che io chiamo ”post pubblici” cioè questa politica sempre più autoreferenziale sempre più lontana dai cittadini.

 

Naturalmente chi ci perde in termini di salute, di qualità ambientale, di tutela della risorsa acqua, di tariffe altissime sono, lo ripeto, i cittadini. In più si ha uno spostamento delle scelte fondamentali su questo bene, da luoghi controllabili o luoghi elettivi come può essere un consiglio comunale, a luoghi sottratti ad ogni controllo democratico come è il consiglio di amministrazione di una S.p.a.. Una S.p.a. non è tenuta, ovviamente, a nessuna trasparenza. Questo vorrei precisarlo perché il passaggio, in genere, al modello S.p.a., è stato molto pericoloso nel nostro paese anche per le così dette società per azioni in house providing.

Le S.p.a. dal punto di vista giuridico, è un ente di diritto privato.

Gli amministratori di una S.p.a. hanno l’obbligo di attuare l’oggetto sociale della S.p.a. e l’oggetto sociale è il profitto.

 

Questo è il nodo fondamentale, ci si è spostati verso un quadro di privatizzazione di un bene essenziale, di privatizzazione delle scelte su questo bene. I cittadini non potranno assolutamente più dire nulla su questo bene fondamentale.

Il pericolo a mio parare è che questo vada ad investire l’insieme dei così detti beni comuni, naturali e sociali, cioè vada ad investire anche altri settori in futuro, parlo appunto della sanità, dell’istruzione. Dunque è importante comprendere come i cittadini debbano svegliarsi rispetto a processi che stanno per investire l’insieme dei loro diritti fondamentali.

 

 

 

 

Scelte etiche

Ricordiamoci che questi processi, oltre ad essere locali, sono processi globali. È moto legato ciò che accade qui a ciò che accade nel resto del mondo. Spesso le S.p.a. che prendono i soldi dai cittadini vanno poi ad impiegarli in altri parti del mondo molto lontane, dove viene privatizzato il servizio idrico, e le tariffe salgono moltissimo. Si parla di paesi in cui una tariffa che sale implica l’esclusione dall’accesso all’acqua di molte persone, quindi significa… MORTE.

 

Ci sono stati casi, uno famosissimo quello di Cochabamba in Bolivia. A Cochabamba i capitali erano anche capitali italiani. La multinazionale è arrivata addirittura a mettere una tassa sulle cisterne con cui i contadini raccoglievano l’acqua piovana!

 

Provando a chiedere ad un bambino di chi è l’acqua il bambino quasi certamente risponde che l’acqua della pioggia è di tutti, è mia, delle mie piante del mio gatto... ma se dovessimo chiederlo al bambino di Cochabamba quel bambino dovrebbe rispondere che l’acqua della pioggia appartiene alla S.p.a. che gestisce l’acqua in quel luogo.

 

Esiste un legame molto forte fra quello che noi facciamo qui e quello che accade in queste zone lontane del pianeta. C’è una responsabilità di tutti, dei cittadini, degli amministratori che devono comprendere quanto sia importante compiere scelte eticamente corrette nei nostri paesi anche guardando al resto del mondo. È facile poi dire “mi dispiace per quel che accade in Africa, per quel che accade in America Latina” quando siamo i primi a mettere in moto delle politiche, anche economiche, i cui effetti sono la negazione dei diritti fondamentali in molte aree del pianeta.

Nel 1999 in Bolivia la coalizione di forze politiche guidata dal dittatore Banzar decide di privatizzare l’acqua. La concessione viene affidata alla multinazionale statunitense Bechtel, insieme all’italiana Edison. Nello stesso anno nasce un comitato composto dai cittadini, chiamato “coordinadora de defensa del agua y la vida”, per protestare contro la privatizzazione dell’acqua. Inizia così una vera e propria battaglia, che provocherà 6 vittime e numerosi feriti, e che terminerà il 10 aprile 2000 con la vittoria del popolo boliviano. Il governo infatti cancella la legge che aveva dato il via alla privatizzazione dell’acqua, a cui seguirà l’espulsione della Bechtel. Fonte Wikipedia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa devo fare?

I cittadini spesso non sanno che sono in atto questi processi quindi è importante in questo momento informare (quando si sa informare glia altri). Iniziare piccole azioni a partire dai paesi e dalla città in cui si vive per sottrarre pezzi di territorio a questa logica. Spezzare anelli locali della catena.

Un esempio molto concreto può venire dalle liste che sentono fondamentale la battaglia per i beni comuni. Queste si ripropongano in consiglio comunale di mettere in votazione una modifica dello statuto comunale in cui si dice che: il servizio idrico integrato, l’Acqua, non è un servizio di rilevanza economica. Questo è molto importante perché dal momento in cui questa affermazione è nello statuto comunale, il famoso articolo 23 bis, che ora vorrebbe spingere alla privatizzazione dell’acqua, non è più valido. Quindi affidarlo direttamente ad un ente strumentale, ad un ente di diritto pubblico, a un consorzio e via dicendo. Questa è un’azione molto concreta. I cittadini potrebbero organizzarsi fin da subito in questa direzione, chiedere al proprio comune di affermare molto chiaramente nel proprio statuto che l’acqua NON è un servizio di rilevanza economica ma un bene fondamentale di tutti da gestire in maniera pubblica, democratica e trasparente.

 

Intervista a Tommaso Fattori – Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

reperibile da youtube: http://www.youtube.com/watch?v=sG_9EvlYgRA

Approfiondisci su: http://www.acquabenecomune.org

 

Trascrizione a cura di “Alternativa” sezione Friuli Venezia Giulia

http://fvg.alternativa-politica.net/