AMBIENTE: IL SUD ITALIA E' A RISCHIO DESERTIFICAZIONE

AMBIENTE: IL SUD ITALIA E' A RISCHIO DESERTIFICAZIONEIl suolo, insieme ad aria e acqua, e’ essenziale per l’esistenza delle specie viventi, in quanto svolge una serie di funzioni che lo pongono al centro degli equilibri ambientali. Tali funzioni possono essere compromesse sino alla loro totale inibizione da diversi fenomeni. Notevole rilevanza ambientale ed economica riveste il fenomeno dell’erosione idrica del suolo, cioe’ l’asportazione della sua parte superficiale, maggiormente ricca in sostanza organica, per mezzo delle acque di ruscellamento superficiale. La valutazione del rischio di erosione, per quanto riguarda il territorio italiano, e’ in via di ultimazione tramite il progetto di armonizzazione delle informazioni regionali, coordinato da ISPRA con la partecipazione del CRA, del JRC-IES e delle regioni italiane (Progetto SIAS). Tale elaborazione risente, pero’, della scarsita’ delle stazioni sperimentali di misura diretta del fenomeno che potrebbero validare i risultati ottenuti dai modelli e fornire, a costi contenuti, informazioni di grande rilevanza ambientale ed agronomica. In Italia, anche se non presenta la drammaticita’ di altre aree del pianeta, il fenomeno della desertificazione sta assumendo sempre piu’ evidenza in almeno cinque regioni (Sardegna, Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria) e segnali negativi provengono anche da altre aree nelle regioni centro-settentrionali. Tenendo conto che il concetto di desertificazione rappresenta il massimo degrado ambientale di un suolo, dall’applicazione dell’indice ESAI (Environmentally Sensitive Areas Index), ottenuta utilizzando la metodologia MEDALUS all’intero territorio nazionale, si evince che la Sicilia con circa il 70% della sua superficie regionale presenta un grado medio-alto di vulnerabilita’ ambientale, seguita da Molise (58%), Puglia (57%) e Basilicata (55%). Sei regioni presentano una percentuale di territorio compresa fra il 30% ed il 50%, per altre sette regioni (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) tale superficie territoriale si pone fra il 10 ed il 25%, mentre in tre regioni (Liguria, Valle d’Aosta e Trentino) le percentuali sono abbastanza contenute e comprese fra il 2% ed il 6%. AUMENTANO FORESTE, CALANO INCENDI MA ALLARME FRANE – Cresce il patrimonio forestale, calano gli incendi, ma resta alto l’allarme frane, si legge nell’Annuario dell’Ispra. In aumento la superficie forestale grazie all’espansione naturale del bosco e alle attivita’ di afforestazione e di riforestazione, in linea con un trend registrato da diversi anni. In calo, inoltre, il numero di incendi anche in ragione dell’efficace azione di contrasto degli eventi e di sorveglianza del territorio operata dagli enti competenti. Gli incendi sono la principale fonte di disturbo del patrimonio forestale italiano e, nel 2009, hanno mandato in fumo circa 31.000 ettari di boschi, il 40% dei quali nella sola Sardegna. E’ da notare anche che nel 2009 tali episodi (circa 5.500) hanno causato l’emissione in atmosfera di circa 2,9 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica, pari allo 0,6% del totale nazionale delle emissioni di gas serra. Un dato che e’ opportuno affrontare con maggiore consapevolezza: ogni giorno, circa 350 km quadrati di foresta vengono distrutti in tutto il mondo. Le foreste sono parte integrante dello sviluppo sostenibile globale e ad esse l’ONU ha dedicato un intero anno, il 2011. Se una porzione di territorio italiano si riappropria di ettari di bosco, un’altra franando mette in pericolo vite e attivita’ umane. Sono 5.708 (pari al 70,5% del totale) i comuni italiani interessati da cedimenti e smottamenti. Di questi, 2.940 sono classificati con livello di attenzione molto elevato, 1.732 con livello elevato e 1.036 con livello medio. IN ITALIA TEMPERATURA +1,19 GRADI NEL 2009 – In Italia, uno dei Paesi piu’ vulnerabili in Europa, aumentano le temperature e si registra la riduzione delle riserve nivo-glaciali dell’arco alpino e il conseguente calo della disponibilita’ idrica. E’ quanto emerge dall’Annuario Ispra. Il 2009, spiega l’annuario, e’ stato il diciottesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva. Il particolare, il numero di giorni estivi ha superato la media climatologica del 24% circa e il numero di notti tropicali estive del 75% circa. In ambiente marino, si assiste all’insediamento di specie di origine tropicale provenienti dall’Atlantico o dalla regione indo-pacifica e lo spostamento verso nord di specie di affinita’ calda. ”Nel corso del 2009 – ha spiegato Stefano Laporta, Direttore Generale dell’Ispra – la crisi economica globale che ha coinvolto i mercati economici ed energetici ha avuto effetti limitati sui trend climatici. L’aumento della temperatura a livello globale e in Europa osservato negli ultimi decenni e’ inusuale. In Italia, analogamente ai tre anni che lo hanno preceduto, il 2009 e’ stato un anno sensibilmente piu’ caldo della norma con un’anomalia media di +1,19 gradi centigradi”. PM10 OLTRE LIMITE NEL 45% DELLE STAZIONI MONITORAGGIO – Dal 1990 al 2009, emessi meno zolfo (-87,2%), ossidi di azoto (-51,3%) e ammoniaca (-16,5%) in atmosfera: calano le sostanze acidificanti ma l’inquinamento continua a preoccupare. Polveri, ozono e biossido di azoto, infatti, fanno ancora temere per la nostra salute e sono, pertanto, oggetto di attenzione da parte degli amministratori locali. In Italia, nel 2009, il 45% delle stazioni di monitoraggio di Pm10 ha superato il valore limite giornaliero, si rileva sempre nell’nell’Annuario dei Dati Ambientali 2010. Sono soprattutto le grandi citta’ dell’area padana a registrare i livelli piu’ alti di queste polveri. Le informazioni relative al Pm2,5, caratterizzato da dimensioni cosi’ piccole da penetrare in profondita’ nel sistema respiratorio, sono ancora insufficienti in quanto non ancora disponibili i dati rappresentativi dell’intero territorio nazionale. La maggior parte delle stazioni (77% delle 60 stazioni con copertura temporale del 90%) rispettano comunque il valore limite di 25 mg/m3, che entrera’ in vigore nel 2015. Da uno studio condotto da Ispra in alcune citta’ italiane, volto alla valutazione dell’esposizione al PM10 sia della popolazione in generale, sia di quella sotto i 20 anni di eta’, emerge che la percentuale di popolazione complessiva esposta a livelli superiori ai limiti di legge per il PM10 e’ diminuita, dal 2006 al 2009, dal 34% al 17%. Analoga situazione si riscontra per la popolazione sotto i 20 anni, con una riduzione dal 31% del 2006 al 16% del 2009. CRISI RIDUCE EMISSIONI GAS SERRA – La crisi economica porta alla riduzione delle emissioni di gas serra, ma gli obiettivi di Kyoto non sono stati ancora raggiunti. Gran parte del riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni – spiega l’Annuario – e’ attribuibile alle attivita’ umane. Tra le cause di questo aumento delle temperature, si e’ soliti ricordare le emissioni antropiche di gas clima-alteranti che secondo l’opinione scientifica dominante concorrerebbero ad esasperare quell’effetto (del tutto naturale) denominato ”effetto serra”. Per quanto riguarda gli obiettivi del Protocollo di Kyoto si osserva che, a fronte di un impegno di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% rispetto a quelle del 1990, l’Italia ha mostrato invece un incremento delle emissioni fino al 2004, mentre successivamente le emissioni mostrano un declino e negli ultimi anni si registra una drastica diminuzione delle emissioni a causa della crisi economico-finanziaria. In particolare, le emissioni di gas-serra nel 2009 sono state inferiori del 9,3% rispetto a quelle del 2008, e del 5,4% rispetto a quelle del 1990. Il periodo dal 2008 al 2012 rappresenta la finestra temporale in cui sara’ valutato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto. BUONE NOTIZIE SU QUALITA’ CORSI D’ACQUA, LAGHI E COSTE – Buone notizie, nell’Annuario Ispra, sulla qualita’ di corsi d’acqua e laghi e dalle alghe e dai microganismi
arrivano anche segnali ottimistici per le acque marino costiere. Nel 2009, in Italia lo Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA) non e’ particolarmente critico, se si considera che il 46% dei 549 punti monitorati ricade nelle classi di qualita’ ”buona” e ”ottima”, e il 35% nella classe di qualita’ ”sufficiente”. Complessivamente, l’81% raggiunge gli obiettivi di qualita’ gia’ previsti per dicembre 2008. La qualita’ dei laghi (Stato Ecologico dei Laghi – SEL), riferita a 12 regioni (una in meno rispetto al 2008) per un totale di 140 stazioni, ricade per un 37% nelle classi da ”buono” a ”ottimo”. Per quanto riguarda lo Stato Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS) l’analisi e’ piu’ articolata poiche’ il monitoraggio e’ stato effettuato in base a due diverse norme: il D.Lgs. 152/99 e il D.Lgs. 30/2009. Complessivamente a livello nazionale, nel 2009 il monitoraggio e’ stato effettuato su un totale di 3.735 punti di prelievo distribuiti in 14 regioni e 2 province autonome. Su 2.714 punti (Giudizio di qualita’ attribuito alle classi secondo il D.Lgs. 152/99) il 50,9% e’ rappresentato da uno stato chimico compreso tra le classi 1 e 3, ovvero di qualita’ buona e sufficiente, il 21,8% e’ caratterizzato da acque di qualita’ chimica scadente dovuta a cause di origine antropica, mentre il restante 27,3% e’ scadente per cause naturali. Sui restanti 1.021 punti, relativi a 3 regioni (Piemonte, Veneto e Molise) e classificati con la nuova normativa (D.Lgs. 30/2009) da 5 classi di stato a 2 classi, ovvero stato ”buono” e stato ”scarso”, il 71,7% e’ in stato buono e il 28,3% in stato scarso. In merito alla presenza di fitofarmaci nelle acque, le informazioni disponibili riguardano 19 fra regioni e province autonome. Permangono sensibili differenze tra le regioni, sia per quanto riguarda l’estensione della rete di monitoraggio e la frequenza dei campionamenti, sia per quanto riguarda il numero delle sostanze esaminate. Nel complesso il monitoraggio e’ piu’ efficace nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Centro-Sud, dove tuttora e’ spesso scarsamente rappresentativo, perche’ limitato a poche sostanze non piu’ utilizzate in agricoltura. Livelli di contaminazione delle acque superficiali nazionali sono rilevabili nella zona padano-veneta, dove le indagini svolte sono state piu’ intense, mentre livelli di contaminazione delle acque sotterranee nazionali sono rilevabili in particolare in Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, dove le indagini svolte sono state piu’ efficaci. Infine, sul fronte delle acque marino-costiere, considerando la sensibilita’ degli Elementi di Qualita’ Biologica macroalghe, angiosperme, fitoplancton e macroinvertebrati bentonici emerge che, lelemento macroalghe, in grado di rispondere a variazioni relativamente rapide delle condizioni ambientali, descrive uno stato di qualita’ delle acque nazionali prevalentemente ”elevato/buono”, con solo alcuni siti classificati nello stato ”sufficiente”. L’elemento di qualita’ biologica (EQB) Angiosperme, con la Posidonia oceanica, descrive una classificazione coerente con la precedente. Dal fitoplancton, un importante indicatore ecologico di cui, ai fini della classificazione delle acque marino-costiere, si utilizza il livello di concentrazione della ”clorofilla a” nelle acque marine, emerge che le nostre coste mostrano un livello di concentrazione di ”clorofilla a” mediamente piu’ alto nel bacino alto adriatico (concentrazioni > di 0,4 ug/l) rispetto al resto delle altre aree indagate. Infine, l’elemento di qualita’ biologica (EQB) Macroinvertebrati bentonici, attraverso l’indice M-AMBI (Multivariate-Azti Marine Biotic Index), descrive uno stato di qualita’ elevato e buono. CON MENO BIODIVERSITA’ PIU’ MALATTIE INFETTIVE – Il 2010 e’ stato proclamato, dalle Nazioni Unite, Anno Internazionale della Biodiversita’: iniziative in ogni parte del mondo hanno ricordato l’importanza di preservare l’immensa varieta’ di specie animali e vegetali che popolano acque e terre emerse e la forte connessione esistente tra patrimonio naturale e cambiamenti climatici. La perdita di biodiversita’ e dei servizi ecosistemici – si osserva nell’Annuario – viene infatti attualmente riconosciuta come un fattore di rischio per la trasmissione di malattie batteriche, virali e parassitarie per l’uomo, il bestiame, le colture e le specie selvatiche di animali e vegetali. Degrado, distruzione e frammentazione degli habitat naturali nonche’ introduzione di specie esotiche e sovrasfruttamento delle risorse minacciano la biodiversita’ influendo, con diversi meccanismi, sugli organismi coinvolti nel mantenimento e/o nella trasmissione delle infezioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha stimato che le alterazioni ecosistemiche hanno contribuito globalmente alla variazione d’incidenza di oltre 20 malattie infettive. Molti vettori non sono solo ecosistemi-sensibili ma anche clima-sensibili. I cambiamenti climatici infatti favoriscono l’espandersi di vettori come, per esempio, le zanzare, gia’ influenzato dalla scomparsa di animali predatori come pipistrelli e rondoni.

Fonte: asca.it