Il cosmo in una bottiglia.

E’ la prima volta che si è stati in grado di a simulare in laboratorio questi spettacolari fenomeni, tra i più misteriosi dell’Universo. L’esperimento, descritto dalla rivista New Journal of Physics, ha permesso di studiare da vicino il comportamento dei getti di particelle cariche generati da buchi neri oppure da stelle molto giovani e che sfrecciano attraverso il cosmo per centinaia di migliaia di anni luce, attraversando distanze miliardi di volte superiori a quella fra la Terra e il Sole. Una conferma, questa, del potere di proiezione di dei getti astrofisici nel cosmo.

Alla ricerca hanno collaborato il Politecnico di Torino, del Politecnico di Milano, l’ Università di Torino, in collaborazione con l’istituto Max Planck di Goettingen. La “bottiglia” nella quale sono stati riprodotti questi fenomeni cosmici è una camera a vuoto cilindrica, una sorta di cannone elettronico, i cui ugelli sono stati costruiti nel Cern di Ginevra. All’interno di questo tubo i ricercatori hanno pompato gas quali elio, argo, xeno e aria normale, e poi li ha bombardati con un fascio di elettroni. “Come quelli reali, anche i getti di gas che abbiamo riprodotto sono ben collimati, ossia non si disperdono e non divergono, come raggi di luce tra le stelle”, ha spiegato Daniela Tordella, docente del Dipartimento di Ingegneria Aeronautica del Politecnico di Torino e coautrice dell’esperimento. Sono anche velocissimi: raggiungono 3.000 metri al secondo, con un rapporto tra velocità di movimento e velocità del suono – il cosiddetto numero di Mach – superiore a 10.

Per avere un termine di confronto basti pensare che un volo aereo Roma-New York è inferiore a 1. Nella “bottiglia” si è raggiunto un numero di Mach pari a 15. Gli scienziati hanno così dimostrato che il comportamento dei getti è esattamente come quello descritto dalla dinamica newtoniana. Il fenomeno è stato poi riprodotto da simulazioni al computer in 3-D, confermando l’utilità di queste ultime per la modellizzazione dei fenomeni intergalattici.

I ricercatori italiani hanno quindi raggiunto per primi un traguardo inseguito da più gruppi di ricerca di Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Giappone. Ma finora questi esperimenti avevano generato getti molto corti. “Nel nostro abbiamo visto circa 100 volte la distanza rispetto alla regione in cui si formano”, ha detto Tordella. Ideato circa 20 anni e fa e costato complessivamente un milione e mezzo di euro, l’esperimento annuncia la possibilità di simulare in laboratorio in modo affidabile osservazioni oggi costosissime perché possibili soltanto con i telescopi spaziali. “Nella scienza moderna, la prova sperimentale di laboratorio è considerata quella definitiva perché consente una chiara e profonda comprensione del fenomeno”, ha spiegato Tordella. “In questo caso, c’è anche una motivazione economica. Pensiamo – ha concluso – che le sperimentazioni nei laboratori sulla Terra debbano sempre accompagnare le osservazioni, quando possibile.

Fonte: wired.it