Kashin si è risvegliato dal coma

http://www.giorgiobongiovanni.it/images/stories/notizie/oleg_kashin_01.jpg


Si è risvegliato dal coma artificiale l’11 novembre scorso e ieri ha già ricevuto la visita degli agenti del Comitato investigativo, Oleg Kashin, il giornalista del Kommersant vittima di un brutale pestaggio da parte di due sconosciuti, la sera del 6 novembre scorso sotto la sua casa di via Pjatnitskaja, in pieno centro di Mosca.

Il cronista, che ha subito gravi ferite alla testa, traumi alle gambe e alle mani, in particolare alle dita e contusioni   più o meno gravi in tutto il corpo pare che abbia detto di non aver riconosciuto gli aggressori ma di essere stato picchiato per i suoi articoli sui lavori dell’autostrada Mosca-San Pietroburgo.
UNA VICENDA che ha provocato numerose proteste per i lavori di disboscamento della foresta di Khimki, polmone verde alla periferia di Mosca. Questo è ciò che ieri si sarebbe limitato a testimoniare il giornalista. Che è fuori pericolo ma le sue condizioni sono ancora gravi. Vitalij Frantsuzov   , il direttore dell’ospedale n° 36 dove Kashin è ricoverato, ha raccomandato di non affaticare troppo il paziente.
Kashin, comunque, ha lasciato il reparto di rianimazione neurologica per essere trasferito a quello ordinario di traumatologia. L’indagine, per ora, rimane aperta per “tentato omicidio compiuto   da un gruppo di persone”. “Abbiamo studiato le carte di Kashin e i suoi appunti su internet”, ha detto il dirigente del Comitato investigativo, Vladimir Markin.
Proprio sul suo blog, chiamato “Kashin, Kashin, Kashin”, sulla nota piattaforma Livejournal, è puntata l’indagine del Comitato. La denuncia quotidiana del giornalista contro la speculazione del bosco di Khimki, era spesso rivolta anche contro l’attività dei gruppi giovanili che sostengono Putin, finanziati dal Cremlino e già in passato protagonisti di agguati e provocazioni contro gli oppositori. Qualcuno gliel’aveva giurata. Come Vassily Jakemenko, uno dei dirigenti del più importante movimento filo-governativo, “Nashi”. Sul suo blog, Kashin pubblicò un’intercettazione in cui Jakemenko confidava a qualcuno   un rapporto affettivo un po’ troppo stretto con una giovane, avvenuto durante un campeggio estivo dell’organizzazione. Il dirigente di Nashi l’aveva presa a male e aveva cominciato ad insultare Kashin sul suo blog. Persino una settimana dopo il brutale pestaggio del giornalista, Jakemenko aveva definito Kashin, uno “zombie” e una “lucertola”. Aggiungendo, con macabra ironia, che a differenza delle lucertole a cui ricresce la coda, altrettanto non sarebbe accaduto con il suo dito massacrato.
IL PESTAGGIO del giornalista ha destato, questa volta, una certa impressione nell’opinione pubblica, in genere piuttosto fredda sulla libertà d’espressione. Tanto da spingere il presidente Medvedev a chiedere alla Duma, il parlamento   russo, una nuova legge sull’inasprimento delle pene per chi aggredisce giornalisti. Un target che negli ultimi anni è stato spesso nel mirino: omicidi, come quelli noti di Anna Politkovskaja e Anastas’ja Baburova ma anche l’assassinio dell’avvocato Stanislav Markelov, attivo nei diritti civili. Quando non sono morti, hanno subito gravi danni fisici permanenti come Mikhail Beketov, direttore della Khimkinskaja Pravda che non ha più la parte inferiore della gamba destra e alcune dita di una mano. O Konstantin Fetissov, attivista e giornalista massacrato pochi giorni prima e ancora in coma farmaceutico. Proprio come Kashin. A proposito, secondo un suo amico, la polizia russa aveva provato (inutilmente) a vendergli il video del pestaggio al prezzo di 20mila dollari.
di Giancarlo Castelli
IL FATTO QUOTIDIANO 18 NOVEMBRE 2010