Tavormina: "Mannino temeva per la sua vita. Ne parlai con Subranni"

“L’ex ministro Calogero Mannino era preoccupato perché gli erano arrivati dei segnali per i quali riteneva che ci potesse essere un rischio reale per la sua vita, specialmente quando lasciava Roma per rientrare a Palermo”, parola di Giuseppe Tavormina. L’ex direttore della Dia, sentito quest’oggi al processo trattativa Stato-mafia, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo (accanto a lui c’era anche il sostituto Roberto Tartaglia) ha ricordato la natura di alcuni incontri avuti con il politico democristiano tra la fine del 1991 ed i primi mesi del 1992, o almeno finché Mannino era ancora ministro (giugno ’92). Una collocazione temporale non facile in un’udienza costellata da una lunga serie di “non ricordo”, da parte del generale, diverse imprecisioni e tante “contestazioni” a “sollecitazione della memoria” da parte di pm ed avvocati.

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Verità a rischio: il processo Stato-mafia sotto attacco

Da quando il mese scorso è stata inviata alla Cassazione l’istanza di remissione del processo Stato-mafia (che vede alla sbarra lo stesso ex comandante del Ros, alcuni suoi colleghi dell’Arma, ex ministri, ex esponenti politici, collaboratori di giustizia e boss mafiosi di prima grandezza ndr), presentata dagli ex ufficiali dell’Arma, Mori, Subranni e De Donno, sullo stesso dibattimento aleggia un’aria sempre più pesante

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Trattativa Stato-mafia: Mannino e Subranni nei (pochi) ricordi di Riccardo Guazzelli

Palermo. “Non ho motivo per non confermare”. Intervallato da questo leit-motiv ripetuto un’infinità di volte Riccardo Guazzelli ha deposto questa mattina al processo sulla trattativa Stato-mafia. Ad ascoltarlo sugli spalti dell’aula bunker c’era anche una nutrita schiera della “Scorta civica” (alcuni esponenti provenivano da altre regioni d’Italia).

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