Ci vorrebbe un avvocato

Mettiamo che un futuro presidente della Repubblica organizzi o favorisca un colpo di Stato. È quello che, secondo Scalfari e Jannuzzi, accadde nel 1964 col presidente Antonio Segni e il “Piano Solo” del generale De Lorenzo. Fino all’altroieri, contro una simile eventualità, eravamo in una botte di ferro: in base alla Costituzione del 1948, che parrebbe tuttora vigente, il Presidente era perseguibile dalla magistratura come ogni cittadino per gli atti estranei alle sue funzioni; e, per quelli funzionali, solo per alto tradimento e attentato alla Costituzione.

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La Repubblica e Il Fatto, Zagrebelski e Scalfari: quello che Ezio Mauro non dice

Mica facile salvare capra e cavoli, anzi Zagre e Scalfari. Ieri Ezio Mauro ha provato, con abilità dialettica e qualche maligna allusione al Fatto, a mettere d’accordo gl’illustri litiganti di Repubblica: il fondatore Eugenio Scalfari e il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelsky. Ma, a nostro modesto avviso, ci è riuscito solo in parte. Perché ha dovuto sacrificare un bel po’ di quell’“obbligo alla verità” e al “giornalismo” a cui si è richiamato.

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La caduta (2)

Ha scritto Eugenio Scalfari su Repubblica del19 agosto 2012: “Falcone aveva accertato quale fosse la struttura mafiosa e aveva mandato a processo la ‘cupola’ di allora o perlomeno la sua parte emersa. Andò in Usa per interrogare il ‘soldato’ Buscetta che era lì detenuto. Dopo l’interrogatorio Buscetta gli disse che avrebbe potuto rivelargli qualche altra cosa di più a proposito del coinvolgimento di uomini politici. La risposta di Falcone fu che aveva già risposto alle sue domande ed altre non aveva da fargli e questo fu tutto.

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