Appello Bongiovanni: ”Magistratura difenda i magistrati condannati a morte”
di AMDuemila – Video e Foto
“Per avere fiducia nella magistratura dobbiamo vederla difendere i suoi magistrati condannati a morte dalla mafia”. Lo ha dichiarato Giorgio Bongiovanni, riferendosi al magistrato Nino Di Matteo al convegno che si sta svolgendo a Palermo in occasione del 27° anniversario della strage di via d’Amelio. Entrando poi nel vivo della vicenda, che vede l’allontanamento del sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, dal neonato pool che indaga sulle stragi e sui mandanti esterni, Bongiovanni ha riportato alla memoria le ultime intercettazioni emerse sulle indagini che vedono il coinvolgimento di Luca Palamara (ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e componente del Csm fino allo scorso anno, indagato per corruzione dalla Procura di Perugia). Tale Palamara, parlando con il suo interlocutore, il sostituto procuratore nazionale antimafia Cesare Sirignano, avrebbe chiesto l’esclusione di Nino Di Matteo dal neonato pool.
Riprendendo le motivazioni di tale allontanamento voluto dal procuratore De Raho, Bongiovanni si è augurato che: “Le procure che hanno avuto il pm Di Matteo come coordinatore di indagini sulle stragi o come membro importante si siano espresse in suo sostegno, testimoniando il lavoro del magistrato”. Se la magistratura non si esprime in difesa dei suoi magistrati, – ha concluso, si potrebbe ritenere – “colpevole della loro delegittimazione”.
Il video integrale della diretta streaming
Borsellino: “Non accetto pezzi di mio fratello framentati”
di AMDuemila
“Ieri
ho rifiutato l’invito per la desecretazione della commissione
antimafia, perché avevo la conferenza stampa alla casa di Paolo. Per
questo mi è stato chiesto di scrivere una lettera che, però, non è stata
letta. Anzi, mi è stato detto che era un attacco. Cosa c’è scritto in
quella lettera!? Ho scritto che mio fratello è stato fatto a pezzi
insieme ai ragazzi della scorta e che quei resti sono stati raccolti uno
ad uno e messi in una scatola. Io non voglio che i frammenti dallo
Stato siano restituti uno alla volta e dopo 20 o 40 anni tirare fuori
un’intervista in cui Paolo lamenta della scorta insufficiente. Io mi
chiedo come abbiano potuto secretare quando Paolo diceva che gli mancava
la scorta”. Sono queste le parole di Salvatore Borsellino riguardo la
desecretazione degli atti della commissione antimafia avvenuta ieri a
Palazzo Madama. “Io non accetto che pezzi di mio fratello siano
resitutiti uno ad uno. – ha continuato – Io pretendo che qualcuno venga
in via d’Amelio e che si inginocchi a consegnare quell’agenda rossa mai
stata distrutta”.
Parlando della strage di via d’Amelio, Borsellino
ha detto che “secondo i pubblici ministeri, Scarantino doveva essere
condannato, invece noi abbiamo chiesto l’assoluzione. Quando abbiamo
proiettato il video di ricostruzione fatto dai noi, i pm si sono alzati e
sono andati via. Capite perché continuiamo a fare domande?”. Una delle
ultime udienza del processo sul depistaggio di via d’Amelio ha visto la
testimonianza del magistrato Giuseppe Ayala che aveva in mano la valigia
di Borsellino dopo la strage. “Anche Ayala avrebbe dovuto custodire e
proteggere l’agenda rossa, tuttavia ha dato 10 versione diverse e non
ricorda a chi l’ha ceduta. – ha detto – E poi sostiene che spetta a Dio
giudicare. Invece io credo che sono gli uomini a dover chiedere la
verità terrena. Io gli ho fatto delle domande e Ayala ha risposto
dicendo che Salvatore Borsellino ha problemi mentali. Era stato
condannato in primo grado e nessun giornale lo ha ripostato”.
Borsellino
ha poi parlato dell’intercettazione da parte della procura di Palermo
tra l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e l’ex
ministro Nicola Mancino che successivamente è stata distrutta. “Sgarbi
si è chiesto se Salvatore Borsellino gode di qualche impunità visto che
il presidente della Repubblica non l’ha denunciato. – ha spiegato –
Sapete perché non mi ha denunciato? Perché pensa che io abbia in tasca
una chiavetta e posso far ascoltare a tutti quelle intercettazioni che
sono state fatte sentire. Ecco perché non mi querela. Per anni è stato
il garante di quella scellerata trattativa”.
Il presidente delle
agende rosse ha fatto un bilancio da quando è stato fondato il
movimento. “Da 10 anni il nostro movimento fa in modo che le istituzioni
non vengano in via d’Amelio. – ha detto – Forse hanno paura per
l’agenda rossa che si eleva in alto in quanto ricorda che è stato ucciso
avanti un servitore dello stato per portare avanti una trattativa e
hanno cambiato la data dal 19 luglio al 23 maggio per poter portare le
corone in via d’Amelio. Ieri mi hanno chiamato perché il presidente
della regione voleva portare una corono dall’alloro, ma in via d’Amelio
non bisogna pilotare”. “10 anni fa, in una lettera, parlavo della
trattativa e del fatto che via d’Amelio avesse rappresentato una strage
di Stato. Chiediamo che vengano tolti i segreti di Stato su tutte le
stragi da Portella della Ginestra, Capaci, via d’Amelio, il Rapido 904,
Bologna, l’Addaura, la morte di Antonino
Agostino, etc. – ha
concluso – Solo quando ci sarà tutto questo potremo avere pace, ma fino a
quel momento combatterò e, quando non potrò più farlo, ci saranno altri
giovani che porteranno avanti questa lotta.
Bongiovanni: “Strategia stragista solo in stand-by, oggi obiettivo magistrati come Di Matteo”
di AMDuemila
“Non
è finita la strategia stragista della criminalità organizzata e dei
mandanti esterni delle stragi che uccisero Falcone e Borsellino. E’ solo
in stand by, ora si vuole uccidere il magistrato Nino Di Matteo”. A
dirlo è il direttore di AntimafiaDuemila, Giorgio Bongiovanni, durante
il convegno organizzato in memoria della strage di via d’Amelio che 27
anni fa uccise Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. Bongiovanni ha
raccontato, di fronte l’elenco di fatti e di indagini degli ultimi anni,
il vero e proprio progetto di morte di Cosa nostra nei confronti del
magistrato palermitano, ricordando il tritolo acquistato dal pentito
Vito Galatolo, i cecchini avvistati da alcuni ragazzi vicino al circolo
di tennis frequentato dal pm e le relative intercettazioni dei mafiosi.
Fino ad arrivare alle parole della procura di Caltanissetta, che ha
indagato sul progetto di attentato verso Di Matteo: “si può
verosimilmente dire che questo sia tuttora in corso e che cosa nostra ha
decretato la morte di Di Matteo”.
Il direttore di ANTIMAFIADuemila
ha evidenziato come il progetto potrebbe non coinvolgere solo Cosa
nostra: “Il pentito Vito Galatolo racconta che Matteo Messina Denaro ha
raccomandato un artificiere, dicendo ‘ve lo mando io non è si cosa
nostra’” .
“C’è una ragione per fermare questo magistrato? – si è
chiesto Bongiovanni- Di Matteo ha interrogato, assieme ai colleghi del
processo trattativa Stato mafia, l’ex presidente della Repubblica Oscar
Luigi Scalfaro e dalla sentenza è emerso che lo stesso ha mentito”.
Forse, ha continuato Bongiovanni, Di Matteo va fermato perché potrebbe
arrivare ad indagare fino ai vertici dello Stato?”. Tuttavia il
direttore di Antimafiaduemila ricorda che, a suo avviso, il magistrato
non ha mai violato il segreto istruttorio nonostante egli abbia
continuato ad intervenire durante convegni ed in pubblico.
Tartaglia: “Finché non daremo risposta alle domande sulle stragi non possiamo chiudere la stagione del ’92 e del ’93”
di AMDuemila
“Fino a quando non riusciremo a dare una risposta ad alcune domande sulla stagione delle stragi non possiamo dire che questa sia chiusa o lontana nel tempo, come qualcuno cerca di far credere in ogni modo”. Sono queste le parole del consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, Roberto Tartaglia, trasmesse tramite la proiezione video durante il convegno ”Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti esterni” ancora in corso presso l’atrio della facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Numerosi sono gli interrogativi su quegli anni – ha detto Tartaglia-
“perchè c’è stata l’accelerazione dei tempi della strage di via d’Amelio e chi l’ha deciso. Ci si chiede tuttora chi, nelle istituzioni, era a conoscenza dei segreti che Borsellino annotava sull’Agenda Rossa, e chi materialmente l’ha prelevata”. E ancora, ha continuato il magistrato, “perché dopo Casa Professa, il 25 giugno ’92, quando Borsellino dice in pubblico che ha delle cose da dire ai magistrati, non viene immediatamente sentito? Perché tre giorni dopo quel discorso, il 28 giugno di quell’anno, Paolo Borsellino di ritorno da Giovinazzo incontrò nella saletta dell’aeroporto di Fiumicino la dott.ssa Ferraro che gli riferì quello che seppe sull’interlocuzione di alcuni ufficiali del Ros con Vito Ciancimino? E ancora ci si domanda cosa è seguito all’affermazione “Ci penso io” di Borsellino. Il magistrato che ha parlato con De Donno, Subranni e Mori ha preso iniziative a riguardo? E chi ha detto sempre a Borsellino quello che poi lui, nella settimana che precede la strage di via d’Amelio, disse alla moglie Agnese in privato, ossia che “Subranni era ‘punciuto’ “?
Di questi ed altri scabrosi quesiti il già pm del processo Trattativa Stato-mafia dice di avere “la sensazione che alcuni di essi potrebbero portare a delle risposte correlate”.
Stragi e trattativa, Morra: “Non dobbiamo guardare in faccia a nessuno per la verità”
Video:
https://youtu.be/BYQanFab78o
di AMDuemila
“E’ difficile per una parte delle istituzioni processare un altro pezzo di Stato. Spesso si instaurano rapporti di natura personale che rendono difficile l’applicazione della norma. In questi processi sono stati coinvolti uomini delle istituzioni di primissimo livello e sappiamo tutti che questa accelerazione (riferita alla strage di via d’Amelio, ndr) fu determinata da un fatto che doveva cambiare le cose perché nell’agosto del 1992 in Parlamento si sarebbe impedito un provvedimento che avrebbe istituito il 41bis”. E’ con queste parole che il Presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, è intervenuto con un contributo video al convegno di ANTIMAFIADuemila “Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti esterni” ora in corso alla Facoltà di Giurisprudenza. Secondo Morra “il 41 bis ha segnato uno spartiacque profondo della storia del contrasto alle mafie”.
“Probabilmente Paolo Borsellino riuscì a comprendere qualcosa che aveva scritto nella sua agenda – continua il Presidente della commissione parlamentare antimafia – e probabilmente questo potrebbe essere acquisito dall’attività di indagine che la commissione, e non solo, sta svolgendo”.
Secondo Morra per comprendere come sono andati i fatti del ‘92 “è necessario tenere conto delle incrostazioni che si sono depositate nel tempo sulla verità al fine di rendere oscure quelle vicende”. Continuando su questo tema, il Presidente ha inoltre aggiunto che “il sostantivo che più si associa alle stragi di Capaci e via d’Amelio è depistaggio. Non è detto che un depistaggio, una volta scoperto, può essere pulito riparando a tutti i danni che nel tempo ha prodotto”.
Riferendosi alla vicenda dell’autista giudiziario di Giovanni Falcone Giuseppe Costanza, Morra si è detto sconcertato che ancora quest’ultimo non sia stato ascoltato dalla magistratura ed ha dichiarato che a breve sarà udito dalla commissione parlamentare antimafia.
“Ci poniamo tante domande, a cui qualche risposta potrebbe generare essa stessa altre domande” ha proseguito Morra. “E’ ovvio che non ci dobbiamo far depistare ed allontanare dalla verità. Più passa il tempo e più queste incrostazioni possono risultare d’ostacolo all’accertamento della verità”.
Bongiovanni: ”Parlo a nome dei 100mila che hanno firmato per Di Matteo”
di AMDuemila
“Oggi – sottolinea Bongiovanni – parlo a nome di quasi 100mila persone, quelle che hanno firmato affinchè Di Matteo sia reintegrato nel pool ‘stragi e mandanti esterni’”.
A dichiararlo è il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni
durante il convegno ”Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei
mandanti esterni” in corso all’atrio di Giurisprudenza a Palermo.
Quindi
Bongiovanni ha elencato la lunga lista di fatti e circostanze
inquietanti che hanno costellato il percorso giudiziario di Di Matteo: a
partire dal 2012 con le “lettere del nuovo corvo” e “il protocollo
fantasma”, fino alle misteriose incursioni ai danni del pool trattativa
Stato-mafia, come “la sottrazione del pen drive del pm Tartaglia nella
sua abitazione” o le minacce ai danni del pm reggino Giuseppe Lombardo –
ugualmente titolare di inchieste e processi scottanti sui legami tra
‘Ndrangheta e pezzi delle istituzioni – o, elenca ancora il direttore di
Antimafia Duemila, le intimidazioni al procuratore generale di Palermo
Roberto Scarpinato.
L’excursus arriva, ha ricordato Bongiovanni, al
momento in cui “amici romani di Matteo Messina Denaro – così recitava
una missiva – hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo
momento di confusione istituzionale”, quando il pm non era ancora dotato
del bomb jammer che gli garantisse una vera e puntuale protezione. Per
poi arrivare alle minacce di Riina a Di Matteo, intercettato in carcere,
al pentimento del boss Vito Gelatolo e alla rivelazione dell’esistenza
di un progetto di morte nei confronti di Di Matteo perchè “si è spinto
troppo oltre”. “Ci sono dei parallelismi – ha spiegato Bongiovanni – tra
la storia di Giovanni Falcone e quella del sostituto procuratore
nazionale antimafia Nino Di Matteo, ugualmente ridicolizzato, bocciato,
delegittimato e condannato a morte da Cosa nostra”.Lo Forte: “I fatti dicono indiscutibilmente che la Trattativa c’è stata. Mi stupisco quando sento dire che è presunta”
di AMDuemila
“Che
la trattativa Stato-mafia ci fosse stata, come disse Rita Borsellino in
una delle sue ultime interviste, non bisognava aspettare la sentenza
della corte di Palermo. Era stato già sancito dalle corti di Assise di
primo grado e di Appello di Firenze nei processi sulle cosiddette stragi
nel continente. Quindi la trattativa c’è stata”. E’ intervenuto così
l’ex magistrato, oggi in pensione, nonchè pm del processo Andreotti,
Guido Lo Forte, davanti ad un affollatissimo atrio della Facoltà di
Giurisprudenza di Palermo durante il convegno, ancora in corso, dal
titolo “Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti
esterni”. Non solo, secondo l’ex magistrato, anche se del processo di
Palermo sulla Trattativa Stato-mafia non si è ancora raggiunto l’ultimo
grado di giudizio, e quindi si potrà parlare eventualmente solo in
futuro di modifiche o ribaltamenti, dalla sentenza della Corte d’Assise
di Palermo sono emersi “dei fatti indiscutibili”. A tal proposito l’ex
magistrato sostiene di stupirsi ancora quando, “come spesso accade, per
privare di credibilità importanti sentenze sento parlare di presunta
trattativa”. La novità emersa dalla sentenza della corte di Palermo, ha
ribadito Lo Forte, “è che viene tradotto in reato penale e in
responsabilità individuale un fatto storico ma ciò nulla toglie alla
rilevanza morale, al disvalore politico di una trattativa che si
svolgeva tra alcuni settori dello Stato e Cosa nostra in un momento in
cui c’erano le bombe”.
Lo Forte si è inoltre espresso sul terzo
livello o sulla Supercupola più volte accennata dai pentiti e dai
collaboratori di giustizia. “Devo dire che la storia dimostra che
esiste, non un terzo livello o una supercupola che governa dall’alto
anche le organzzazioni criminali (e qui aveva ragione Borsellino quando
non condivideva questa espressione) ma, come disse sempre il magistrato
assassinato in via d’Amelio, delle relazioni tra Cosa nostra e le altre
mafie e settori dell’economia, della finanza e delle istituzioni”. Per
tale ragione, ha aggiunto l’ex giudice, “ci sono tutti i motivi per
ritenere che i delitti di quella terribile primavera-estate del 1992
siano frutto di una cooperazione, o quanto meno, di errori gravi posti
in essere nel contrasto della mafia. Io confido – ha aggiunto – che
oltre i frammenti si possa percorrere un ulteriore cammino però senza
indulgere ad un facile ottimismo, perchè devo rilevare che anche nei
tempi recenti non sono mancanti e non mancano i segni di una tendenza a
portare indietro le lancette dell’orologio della storia e a ripristinare
una sorta di comoda partnership nel governo di determinate situazioni
del Paese”. “Non sembra definitivamente scongiurata – ha concluso Lo
Forte – una sorta di reazione allergica ad una legalità tanto
formalmente declamata a parole, ma in realtà mai condivisa e mal
sopportata, ed insofferenza ai controlli che paradossalmente talvolta,
più che far perdere consensi, ne fa guadagagnare”.
Ingroia: “Su stragi e trattativa ancora troppi angoli bui nella stanza della verità”
Video contributo dell’ex pm della procura di Palermo
di AMDuemila
“Abbiamo un quadro su via d’Amelio che dice: è una strage di Stato. L’agenda rossa non basta poichéabbiamo
poche speranze, tranne se viene fuori qualche pentito di Stato. Strage
di Stato e depistaggio di Stato sono la storia del nostro Paese. Quindi,
se non viene fuori l’agenda rossa, come possiamo ancora dimostrare
questo legame trattativa-depistaggio-strage di Stato? Questi sono gli
angoli bui”. Sono queste le parole dell’ex magistrato di Palermo, oggi avvocato, Antonio Ingroia,
intervistato dai nostri microfoni in occasione del 27° anniversario
della strage di via d’Amelio e del convegno “Paolo Borsellino: strage di
Stato. Sulle orme dei mandanti esterni” in corso alla Facoltà di
Giurisprudenza di Palermo. “Spesso la magistratura non si è dimostrata coraggiosa su questa strada e si è affidata all’impegno delle parti civili”. Ingroia, parlando degli anni dell’indagine sulla trattativa Stato-Mafia, ha ricordato che a quel tempo “avevamo messo piede nell’anticamera fino ad arrivare alle soglie della verità – ribadendo che – Tra
il 2010-2012 erano gli anni dell’indagine sulla trattativa più
promettenti, ma poi alcune finestre sulla verità furono brutalmente
chiuse. Però c’è un bel blocco di verità che oggi conosciamo. Comunque
ci sono stati delle acquisizioni processuali importanti come la sentenza
trattativa che ha consacrato quanto avevamo scoperto in quegli anni. E
nel frattempo è venuto fuori quello che avevano tracciato le premesse
con la collaborazione di Spatuzza e cioè l’ombra del depistaggio”. Secondo l’avvocato, oggi “è
confermato che c’è stata una trattativa ed un depistaggio e questo
conferma l’idea che dietro la strage di via d’Amelio tale dirottamento
sia servito per coprire una strage di Stato. Mancano i responsabili sia a
Caltanisetta e anche i mandanti di quel depistaggio”. Per quanto riguarda il fronte della trattativa
“la procura di Palermo non ha aperto un’indagine bis come sarebbe stato
doveroso dopo la sentenza per proseguire quel tracciato”. Per Ingroia, sulla trattativa Stato-Mafia ci sono ancora fatti da chiarire: “La trattativa inizia con Vito Cianciminocome tramite e poi finisce con Marcello Dell’Utri.
Che cosa è successo in mezzo? Chi è stato colui che, dopo l’arresto di
Ciancimino con Provenzano, ha svolto il ruolo di intermediatore? Solo
Dell’Utri? E’ probabile che questo entri in campo soltanto nel ’94 con
il governo Berlusconi. Mancano ancora alcune cose”. In questo momento “quindi da un lato confidiamo in un processo d’appello della trattativa, – ha proseguito – mentre dall’altra vanno riempiti alcuni vuoti dove ci sono molti angoli bui nella stanza della verità”. Inoltre, l’ex magistrato ha parlato dell’estromissione dal pool delle stragi di Nino Di Matteo: “Era
tanto promettente il pool stragi nominato dal procuratore nazionale
antimafia dal quale è stata estromessa la memoria storica e cioè Nino Di Matteo. Speriamo che questo Csm possa ripristinare le cose come stavano”.
Nel
concludere l’intervista, Ingroia ha posto l’attenzione sulla
desecretazione degli atti della commisione parlamentare antimafia
affermando: “Sono convinto che questa commissone antimafia e il
presidente Morra, animati da ottime intenzioni, abbiano elementi per
fare un’indagine politica con i limiti ed una nuova forza, per la prima
volta. Nessuno in passato ha mai preso di petto il tema della
trattativa. Spero che si smetta di dire presunta trattativa, visto che
ci sono delle sentenze. – concludendo – Un altro elemento di garanzia si deve al fatto che, accanto al presidente Morra, ci sia Roberto Tartaglia
come consulente. Sono troppi e tanti anni che aspettiamo e ogni
anniversario che passa è già troppo tardi per la verità e la giustizia
che merita quella pagina buia della nostra storia”.
Lo Forte: ”Quando i magistrati affrontano i nodi della corruzione, passano da accusatori ad imputati”
di AMDuemila
“L’attentato
di Via D’Amelio fu una tragedia nazionale seguita alla strage di Capaci
che sembrò scuotere le coscienze e che determinò un’accelerazione su
leggi fondamentali riguardanti i pentiti e il 41 bis che erano state
precedentemente proposte da Falcone e Borsellino”. Così ha iniziato il suo intervento Guido Lo Forte,
ex pubblico ministero di Palermo che ha curato il processo Andreotti,
durante il convegno ‘Paolo Borsellino: strage di stato. Sulle orme dei
mandanti esterni’ di Palermo.
Dopo aver ricordato Paolo Borsellino ed i ragazzi della scorta che persero la vita il 19 luglio 1992, Lo Forte ha criticato
“il riduzionismo mediatico che tende a limitare la mafia a fenomeno
locale che passa attraverso la rappresentazione culturale di un certo
folclore” legato solo alle regioni del sud o a contesti culturali ed economici circoscritti a certi luoghi.
“Per decenni l’evoluzione del nostro Stato è stata inquinata da una
sorta di patto e di partnership tra le organizzazioni criminali
affaristiche nell’attività di spartimento delle risorse pubbliche”, ha affermato Guido Lo Forte in riferimento ad un fenomeno già chiaro al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il quale definiva questo meccanismo come ‘poli-partito della mafia’. “Quando
si verificano eventi tragici che scuotono l’opinione pubblica, c’è un
principio di reazione a livello nazionale ma successivamente cala il
silenzio sulla mafia e i magistrati che intendono affrontare i nodi
delle corruzioni tra mafia, economia e alcuni segmenti delle istituzioni
– continua Lo Forte – diventano da accusatori a imputati. Questo è quello che è successo a Borsellino e a Falcone”.
Our Voice annuncia: “Ciao Matteo, dove sei?”
di AMDuemila
“Ciao Matteo.
Bella giornata oggi, vero?
E’ la prima volta che vengo qui, sai?!
Bel posto, davvero.
Le piantagioni di ulivi, i templi antichi e le spiagge di Selinunte.
Sono meravigliose… lo sai benissimo; in fondo sono state parte della tua infanzia, della tua vita.
Che vita hai avuto Matteo”.
E’ al superlatitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, che si rivolge l’attrice Sonia Bongiovanni,
fondatrice del movimento culturale Our Voice, durante la conferenza
“Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti esterni”
ora in corso presso l’atrio della facoltà di Giurisprudenza di Palermo.
“Figlio d’arte, hai iniziato a portare avanti, fin da bambino, il tuo ideale.
Volevi raggiungere il massimo nella tua carriera,
volevi diventare il primo nel tuo campo, compiere a pieno il tuo ruolo.
E ci sei riuscito. – ha proseguito –
‘L’uomo d’onore’ ti chiamano. Un uomo colto, leale, un punto di riferimento per tanti.
Un figlio esemplare: hai reso fiero tuo padre, lo hai appoggiato finché, crescendo, hai preso in mano le sue redini”.
Sempre al superlatitante, Bongiovanni ha detto:
“Sono venuta qui per capire, e ti scrivo questa lettera per sapere.
Volevo chiederti come ti senti quando ti guardi dentro, o se ti capita, cosa provi quando guardi negli occhi di tua figlia.
Realizzazione? Orgoglio?
La gente ti ama, ti rispetta, valorizza il tuo lavoro e ti comprende!
D’altronde sei una figura importante per tutto il sistema mondiale, per il giusto mantenimento dell’ordine e della disciplina”.
“Ho imparato come distinguere l’amore dall’odio. – ha concluso –
Ho imparato che l’uomo non ha limiti, può fare tutto ciò che vuole con la vita degli altri.
Può regalare sorprese, può ridere, scherzare e il giorno dopo uccidere.
Può guardare un film, fare l’amore, cucinare e poi accoltellare.
Può strozzare, dissanguare e con quelle stesse mani: accarezzare.
Perché è giusto così. Ognuno ha ciò che si merita perché non sono vittime, quei disgraziati se la sono andata a cercare.
Ma tu tutto questo non lo hai mai fatto. Giusto?
Oggi sei qui.
Tutti lo sanno, ma tu lo sai chi sei?”.
Al via il convegno “Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti esterni”
di AMDuemila
E’ iniziato il convegno organizzato da ANTIMAFIADuemila e dall’Associazione Culturale Falcone e Borsellino, in collaborazione con Contrariamente e Rum, dal titolo “Paolo Borsellino: strage di Stato. Sulle orme dei mandanti esterni”, presso l’atrio della Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. A dare il via sono stati i saluti della professoressa Daniela Chinnici e della presidente di Contrariamente,Giusy Sanfilippo. A seguire, la lettura della poesia di Lina La Mattina, “Uno spiragghiu di verità”.
Foto © ACFB