La protesta del pentito

di Giorgio Bongiovanni – 27 marzo 2015

Volto coperto e cartelloni sul corpo, così questa mattina si è presentato a Roma Gaspare Mutolo, uno dei primi collaboratori di giustizia di Falcone e Borsellino, per manifestare contro il sistema di protezione.
A spingere Mutolo (primo pentito che parlò dei legami TRA mafia, politica e corruzione nella magistratura, ndr) ad uscire dalla località remota in cui vive e sottoporsi a tale rischio sarebbe stata la mancanza da parte del Servizio centrale di protezione di assolvere a certi diritti da lui reclamati. “Ho sempre fatto il mio dovere da quando ho iniziato a collaborare con Paolo Borsellino e Giovanni Falcone – ha raccontato il collaboratore di giustizia – e dopo 23 anni che ho dato tutto allo Stato oggi mi ritrovo a 72 anni in una situazione precaria e con un futuro incerto per tutta la mia famiglia”.
“Il servizio di protezione sa che cosa chiedo per un futuro degno – ha spiegato Mutolo – ma è da alcuni mesi che non ricevo alcuna risposta, se non risposte ambigue, alle richieste fatte per sistemare la nostra vita, è per questo motivo che faccio questa protesta”.

Gaspare Mutolo è stato un boss di Cosa nostra e uomo fedele al capo dei capi Totò Riina, nonché uno dei più grandi narcotrafficanti della mafia siciliana, ma da quando nel ‘92 ha deciso di rifiutare tutto questo ha iniziato un percorso di collaborazione con la giustizia che lo ha segnato e cambiato nel profondo: “Io sono un collaboratore di giustizia che non commetterà mai più reati, infatti la mia protesta è pacifica e solitaria – ha sottolineato il pentito – però trovo doveroso reclamare i nostri diritti”. L’apporto che Gaspare Mutolo ha dato alla giustizia con le sue dichiarazioni e l’esempio vero di pentimento che vive da 23 anni fanno di lui oggi un grande esempio di come sia possibile scegliere la legalità anche quando si è stati totalmente dentro la mafia. La speranza è quindi che il Servizio centrale di protezione e le autorità dello Stato possano intervenire al meglio affinché questo collaboratore di giustizia abbia la possibilità di continuare a vivere serenamente questo suo percorso di legalità assieme alla famiglia.