Cambiamenti climatici, riparte l’iter del Piano nazionale di adattamento

Il ministro Cingolani al Consiglio Ue: «Adesso è in fase di valutazione ambientale strategica. Accelerare gli sforzi per sviluppare e implementare soluzioni basate sulla natura»

Intervenendo oggi per la prima volta (in videoconferenza) al Consiglio Ambiente dell’Ue, Roberto Cingolani comunica «il ministero della Transizione ecologica è impegnato a dare attuazione alla Strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso il Piano nazionale per l’adattamento, adesso in fase di valutazione ambientale strategica». Sta dunque procedendo l’iter di questo fondamentale documento che l’Italia tiene in un cassetto dal 2017, quando sulla bozza elaborata con il supporto del Cmcc venne effettuata anche una consultazione pubblica. Poi il buio.

Adesso però è imperativo accelerare: la Commissione Ue ha presentato a fine febbraio la strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici, ma su questo fronte l’Italia è ancora scoperta.

Nonostante i nostri sforzi – tardivi e finora insufficienti – per frenare i cambiamenti climatici in corso contenendo l’aumento della temperatura media globale entro i +1,5-2°C rispetto all’era preindustriale, la crisi climatica è stata ormai innescata dall’uomo ed in parte è già qui per rimanere: ridurre le emissioni di gas serra è un imperativo dunque, ma lo stesso vale per l’adattamento al clima che è già cambiato e che continuerà a farlo.

Come spiegano dalla Commissione Ue, le perdite economiche dovute alla maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi sono in aumento e quelle conteggiate in Europa superano già, da sole, una media di 12 miliardi di euro l’anno. L’Italia è già uno dei Paesi più esposti – l’aumento della temperatura rispetto al periodo 1880-1909 è circa +2,5°C, più del doppio del valore medio globale – ma se continuiamo a ignorare la minaccia la situazione non potrà che peggiorare.

Le premesse contenute nella bozza del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), note appunto dal 2017, sono pessime: osservando ad esempio la sola dinamica del rischio idrogeologico, che per inciso «nel nostro Paese è destinato ad aumentare come conseguenza di cambiamento climatico», si arriva a cifre monstre. Nel peggiore dei casi «i danni da eventi alluvionali nel contesto emissivo più elevato» le stime sono le seguenti: «Nel 2050 le perdite annue sono comprese tra 4.5 e 11 miliardi e tra i 14 e i 72 miliardi nel 2080, a seconda dello scenario di sviluppo economico considerato». Senza dimenticare che «i danni diretti, non considerati nello studio citato, di solito sono tra le due e le tre volte più consistenti degli effetti sul Pil», arrivando fino all’incredibile cifra di 288 miliardi di euro.

Che fare per evitarlo? Secondo Cingolani «il tema dell’adattamento sta assumendo un’importanza crescente. Le soluzioni sono, nella maggior parte dei casi, ‘senza rimpianti’ (‘no regret’), nel senso che sono meritevoli di essere perseguite indipendentemente dall’evoluzione climatica effettiva, visti i molteplici benefici collaterali che ne derivano. Soprattutto le soluzioni basate sulla natura e le misure di prevenzione del rischio di catastrofi consentono il raggiungimento del cosiddetto ‘triplo dividendo’ dell’adattamento, che significa la capacità di: 1) prevenire in futuro ulteriori perdite umane, naturali e materiali; 2) di generare benefici economici, riducendo i rischi, aumentando la produttività e stimolando l’innovazione; 3) apportare benefici sociali, ambientali e culturali».

In questo contesto, l’Italia è «accoglie positivamente l’intenzione della Commissione europea di lavorare in stretta collaborazione con gli Stati membri sull’attuazione della nuova Strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Siamo convinti che anche l’adattamento a livello locale ne trarrà beneficio. Siamo favorevoli all’idea di rafforzare l’azione internazionale in tema di adattamento, trattandosi di un argomento trasversale dell’azione esterna degli Stati membri, così come accade per l’agricoltura, il commercio e la sicurezza. Come affermato nella nuova Strategia europea, gli obiettivi di adattamento e di resilienza devono essere incorporati negli sforzi di ripresa dalla pandemia», dunque è importante che vengano ricompresi anche all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) atteso in Europa entro il 30 aprile.

C’è la necessità di «accelerare gli sforzi per sviluppare e implementare soluzioni basate sulla natura che, oltre a ridurre i rischi climatici, siano in grado di cogliere tutte le potenzialità, nella ferma convinzione che l’adattamento non sia solo un costo, ma un investimento redditizio», conclude Cingolani.

fonte: greenreport.it