In Italia l’inquinamento atmosferico causa 84.300 morti l’anno, nessuno fa peggio in Europa

Circa il 95% degli europei sottoposti a sforamenti contemporanei nelle emissioni di PM10, NO2 e O3 vive nel nord del nostro Paese

Un terzo dei decessi che ogni anno avvengono nel mondo per ictus, cancro ai polmoni e malattie cardiache è dovuto all’inquinamento atmosferico. In altre parole è come se fossimo costantemente intrappolati in una sala fumatori: questi impatti sulla salute sono infatti pressoché equivalenti a quelli causati dal fumo di sigaretta, e molto più alti – ad esempio – di quelli legati a un’alimentazione troppo ricca di sale. Eppure, nonostante le conseguenze catastrofiche, siamo ancora molto lontani da lottare adeguatamente conto l’inquinamento atmosferico: un’emergenza che è al centro della prima Conferenza globale sull’inquinamento atmosferico e la salute, convocata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e in corso in questi giorni a Ginevra.

L’inquinamento atmosferico è un nemico insidioso, in primo luogo perché non sempre visibile. L’assenza di una cappa di smog non significa automaticamente che l’aria è pulita, tanto che secondo i più aggiornati dati Oms ormai nove persone su dieci nel mondo respirano aria inquinata. Un fenomeno la cui gravità si pesa in sette milioni di vittime ogni anno.

Gli inquinanti microscopici presenti nell’aria che respiriamo possono oltrepassare le difese del nostro corpo, penetrando in profondità nel nostro sistema respiratorio e circolatorio, danneggiando organi vitali come i nostri polmoni, cuore e cervello. Una lenta consunzione che inizia in tenera età: come argomenta il rapporto Oms Air pollution and child health: prescribing clean air, circa il 93% delle ragazze e ragazzi sotto i 15 anni – ovvero 1,8 miliardi di persone – respira aria così inquinata da mettere a serio rischio salute e sviluppo. Si stima che nel solo 2016 600.000 di questi bambini e adolescenti siano morti per infezioni acute delle basse vie respiratorie, causate dall’inquinamento atmosferico.

Sarebbe un doppio, tragico errore pensare che l’inquinamento atmosferico costituisca un’emergenza che chiama ormai in causa sostanzialmente i Paesi in via di sviluppo. Se è vero che questa parte del mondo ancora non ha modo di accedere a combustibili o tecnologie relativamente pulite come stufe a gas o lampade a led, è altrettanto vero che i Paesi di più antica industrializzazione – come il nostro – fanno un cattivo uso della propria ricchezza economica e del proprio patrimonio tecnologico.

A metterlo in chiaro basta il rapporto Air quality in Europe 2018, pubblicato ieri dall’Agenzia europea dell’ambiente e incentrato sulla performance di quel territorio che piace considerare il faro dello sviluppo sostenibile nel mondo: l’Europa. Analizzando gli ultimi dati ufficiali sulla qualità dell’aria comunicati (nel 2016) da oltre 2 500 stazioni di monitoraggio presenti in tutta Europa, il rapporto evidenzia come il particolato (PM), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono troposferico (O3) siano responsabili dei maggiori danni alla salute umana: nel solo 2015 «le concentrazioni di PM2,5 hanno causato circa 422.000 morti premature in 41 paesi europei, di cui circa 391.000 nei 28 Stati membri dell’Ue».

Sotto questo profilo l’Italia detiene un triste record. Sempre nel solo 2015 le concentrazioni di PM2,5 nel nostro Paese sono state responsabili di 60.600 morti premature, quelle di NO2 di altre 20.500 e quelle di O3 3.200 ancora. Nessun altro Paese (neanche i più popolosi del nostro come Germania, Francia e Regno Unito) ha registrato più vittime legate all’inquinamento atmosferico. È anzi impressionante notare come viva nel nord Italia – nella fantomatica Padania di Matteo Salvini – circa il 95% dei cittadini europei chiamati a sopportare il frequente e contemporaneo sforamento degli standard emissivi per tre componenti principali dell’inquinamento atmosferico (ovvero PM10, NO2 e O3): una piaga che tocca 3,9 milioni di cittadini europei – su una popolazione totale di 536 milioni –, 3,7 milioni di quali vivono in nord Italia, appunto.

Eppure migliorare si può. Lo stesso rapporto Ue mostra che rispetto al 1990 le morti premature dovute al PM2,5 sono state ridotte di circa mezzo milione all’anno grazie all’attuazione delle politiche europee in materia di qualità dell’aria e all’introduzione di misure a livello nazionale e locale che hanno portato, ad esempio, ad automobili e industria meno inquinanti ed energia più pulita. Oggi i responsabili dell’inquinamento atmosferico sono molti, come traffico, climatizzazione degli edifici, produzione di energia, industria, agricoltura e gestione dei rifiuti. Non tutti però hanno le stesse responsabilità.

Come ormai da anni spiega anche in Italia l’Ispra, ai primissimi posti ci sono la climatizzazione degli edifici e il trasporto su strada. Urge dunque riscaldarci e raffrescarci utilizzando fonti pulite e rinnovabili, come ad esempio la geotermia, e cambiare radicalmente il modo in cui ci spostiamo: «L’inquinamento atmosferico è un assassino invisibile e dobbiamo intensificare gli sforzi per affrontarne le cause – conclude Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente – In termini di inquinamento atmosferico, le emissioni del trasporto su strada sono spesso più dannose di quelle provenienti da altre fonti, in quanto si originano a livello del suolo e tendono a verificarsi nelle città, vicino alle persone». Nel nord Italia più che altrove lo sanno purtroppo benissimo.

fonte: greenreport