Elogio a Roma

Quando sentiamo che è un momento difficile, potremmo fare qualcosa di meglio che non restarcene sommersi dentro la nostra Accademia della Civiltà Occidentale.

Quindi lasciate  che vi accompagni a fare una passeggiata in uno spazio teo-geo-politico: la Città Eterna, ossia la città Caput Mundi (la “Meraviglia del mondo”).

Shelley – nel suo Adone – invitava :  “Go thou to Rome” and “from the world’s bitter wind / seek shelter in the shadow of the tomb” –

“Su, andate  a Roma” e  “dal vento aspro del mondo / cercate rifugio all’ombra delle tombe”. Quale miglior rifugio se non le rovine di Roma, per poter ben comprendere quanto la frammentazione e la mortalità siano, per l’uomo, delle mere illusioni, e che solo la realtà ha una propria armonia che vive oltre il tempo.

Fin dal 1341, quando Petrarca arrivò da Avignone per tessere le sue lodi, Roma nella mentalità dell’occidente ha rappresentato la soglia ultima, il santuario definitivo. È facile immaginarsi  un Freud che in un Forum mette a confronto una successione verticale di rovine di Roma con gli strati profondi della memoria nella nostra psiche. Oppure un Fellini che, ne La dolce vita,  fa rivivere la vita di Roma e la rappresenta, giocandoci cinematograficamente con immagini di epoche storiche diverse.

Le origini mitiche di Roma ci riportano alla rinascita di Troia, che era stata vinta e distrutta dai greci. La fondazione – e lo sviluppo – di Roma si fanno risalire a Marte, al padre di Romolo e Remo, e di Venere che diede alla luce la “Gens Julia”, quella da cui nacque Cesare. L’antichità greco-latina è un formidabile spazio teo-geo-politico. Sconfitta Troia, Marte e Venere si presero la loro rivincita con Roma.

Un impero, che è durato cinque secoli, non poteva non restare ancora impresso nella psiche di tutto l’occidente. È un piacere rivisitare Svetonio quando racconta come Augusto rese più bella Roma per la gloria dell’impero. O Lucrezio che, due secoli dopo Epicuro, presentò un mondo come se fosse uscito da un flusso di materia e composto dalla congrega di ogni atomo dell’universo.

La nostra psiche collettiva conosce bene quello che successe dopo il regno di Marco Aurelio; i tedeschi da occidente e i Parti da oriente minacciarono i confini dell’impero. E poi, dopo aver inventato tutti i modelli che sono rimasti alla base della nostra attuale civiltà, la  Urbs Romae cadde sotto i barbari nel 476 d.C.

Zola  correttamente identificò l’inizio della decadenza con Costantino, l’ “apostata” che nel 313 d.C. assunse  il cristianesimo come religione di stato, dimenticandosi degli antichi Dei di Roma e creando una seconda capitale in Oriente, Costantinopoli. Ma questo è il tipo di racconto che nessuno sentirà mai da uno che lavora per il Vaticano.

Quelle “pietre incantate”

Nella cappella Sistina – il Sacro Altare della civiltà occidentale – dove una gran massa di turisti per lo più cinesi sono costretti ad osservare un imperativo “Silenzio!”  Ogni singolo minuto, è illuminante per ricordare quanto sia stato pesante l’impegno politico di Lorenzo il Magnifico per imporre i maestri fiorentini – da Botticelli a Michelangelo – al posto dei pittori umbri (come il Perugino), per non parlare degli interessi che ha avuto la sua famiglia per il trono papale; dopo la morte di Lorenzo nel 1492, furono eletti due papi della famiglia Medici: Leone X e Clemente VII.

L’ultima illuminazione estetica in Vaticano la troviamo nelle stanze di Raffaello, per lo più ne La scuola di Atene, dominata da Platone e da Aristotele (con top guest star Diogene, Eraclito e Archimede); una sottile armonia che rende omaggio all’antichità pagana – il cuore del Rinascimento italiano – cooptata dalla sede della Cristianità.

L’Illuminismo coesistette con una estetica libera per tutti. Paolina, la voluttuosa principessa Borghese, sorella di Napoleone, finì in una scultura di Canova come Venere seminuda. L’Apollo Belvedere – il più bel corpo mai scolpito di tutti i tempi – fu rivisitato da Canova come una stell-pop (Napoleone),  in posa come un dio romano che si è messo in posa come se fosse un dio greco.

Stendhal entrava in deliro nel vedere il Colosseo, “la vestigia più bella del popolo di Roma”. Da una stanza che si affaccia sul Pantheon – l’Olimpo dell’Impero – è ancora possibile immaginarsi i giorni in cui Roma comandava e tutto l’universo  obbediva fedelmente. Roma si è sforzata per essere l’incarnazione di quello che era giusto.

Quando l’Europa era il centro del mondo, Roma era al centro dell’Europa. Goethe in realtà la chiamava “il centro del centro”; “Tutta la storia del mondo è legata a questa città”.
Roma rappresentava ancora un’epoca di certezze – anche dopo secoli che i templi dell’antica Roma erano considerati niente più che montarozzi di pietre, lasciate abbandonate dalla Provvidenza, perché qualcuno le usasse per costruite le chiese.

Sartre – profondo amante dell’Italia – nel 1951 visitò la chiesa dei Cappuccini , dove non trovò “Dio, ma un girone infernale; lo sfruttamento dei morti da parte della morte.”  Si lamentò per aver dovuto aspirare “4000 cappuccini dalle narici” e scrisse  “quando i papi si rubarono il bronzo del Pantheon per assicurare il trionfo di Cristo sui pagani, anche quello fu uno stupro di tombe.” Se “l’antichità rivive in Roma”, deve fare  “una vita odiosa e magica, perché le fu impedito di morire, ma solo perché potesse essere resa schiava”.

Sartre infierisce sul perché siamo tanto affascinati da queste “pietre incantate”: “E’ perché sono umane e disumane –  sono umane perché le hanno fatte gli uomini, e sono disumane perché sono state conservate sotto l’alcool dell’odio cristiano”.

Quando l’antica Roma ancora viveva e respirava,  Orazio, Ovidio e Properzio scrissero che i marmi di Roma sarebbero andati distrutti, ma che il loro ricordo sarebbe rimasto nel tempo. Siamo fortunati che (alcune) rovine di Roma siano ancora rimaste in piedi, essenzialmente grazie agli umanisti del Rinascimento che, seguendo le orme del Petrarca, ne ammiravano non solo la storia intrinseca, ma anche il livello senza eguali della loro bellezza architettonica.

Eppure, Roma continuava ad andare avanti anche se dentro uno scenario pittoresco e pastorale, con bestie e capre che pascolavano tra le rovine. Henry James, nel 1870, scrisse che il Palatino era come un “giardino disordinato e fatiscente”. Shelley – perso nella natura di Roma – era irremovibile: il tempo non divora ma trasfigura, benevolo.

Il raggio di luce in quegli occhi cinesi

Abbiamo sempre creduto che se non ci fosse stata la civiltà occidentale non saremmo giunti a questo grado di modernità  e che senza il Rinascimento non ci sarebbe stata la civiltà. In pratica che, senza Roma, non ci sarebbe mai stato un Rinascimento.

La modernità è stata spietata con Roma. Una vita non più eliocentrica – e nemmeno paradisiaca. Niente più ordine romano-centrico sulla terra. Come profetizzò Yeats, nel 1919, nel suo  The Second Coming : “Things fall apart; the centre cannot hold; mere anarchy is loosed upon the world” –  “Anche le cose più belle finiscono. Il centro di tutto non può farcela a tenere unito il tutto, una banalissima  anarchia aleggia su tutto il mondo”.

Un secolo dopo, l’anarchia resta ancora uno spettro terrificante per tutto l’Occidente. Anche il Decline of the West di Oswald Spengler ha già cento anni. Ormai Roma, è stata sfrattata dal centro, ma resta, nella migliore delle ipotesi, una periferia gloriosamente decadente.

In Italia ci saranno le elezioni generali il 4 marzo. Per l’Occidente, è abbastanza importante. La decisione che prenderanno quegli elettori che decideranno chi governerà a Roma non riguarda solo la terza economia della zona euro, ma l’intero spettro dell’euro.

Il debito italiano è al 130% del PIL, dopo la Grecia è il secondo più alto nella zona euro. I prestiti bancari non rimborsabili sono la chiave di volta. L’economia italiana crescerà solo dell’1,3% nel 2018 – quasi la metà della media europea (2,1%o). I sondaggi dicono che gli elettori sono tanto arrabbiati e che c’è una forte possibilità che si concretizzi una coalizione anti-euro.

Il panorama politico presenta una triade sgradevole.  C’è un discreditato centro-sinistra con il Partito Democratico dell’ex Primo Ministro Matteo Renzi – il Tony Blair italiano.

C’è il movimento Cinque Stelle – anche questo screditato per le sue mancate-performance, dove è già arrivato al potere.

E infine il centro-destra, con il partito Forza Italia dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi che ha come partner una Lega-Nord visceralmente anti-immigrazione . Questa sarebbe l’alleanza che ha una maggior possibilità di vincere, anche se avrebbe bisogno di formare una coalizione per fare un governo.

Sia il M5S  che la Lega Nord vogliono indire un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’euro, nel caso in cui si continui a vietare un aumento della spesa pubblica a tutti gli stati membri. Forza Italia di Berlusconi sta persino facendo girare la voce che vorrebbe creare una valuta parallela. Tutto il dibattito a Roma ruota sul marchio di fabbrica che determina l’attuale malessere dell’occidente:  come scappare dalla trappola della bassa crescita e dell’alta disoccupazione.

Tutta questa gamma di mali potrebbe farci pensare che Roma, ancora una volta, possa farci vivere una metafora re-mixata del Declino dell’Occidente. Ma questa metafora potrebbe anche nascondere una promessa di rinnovamento. E’ stata la ricerca di risposte a spingermi a guardare indietro nel tempo e ad aprire questo Forum con una conversazione che ci ha riportato a camminare tra le rovine di Roma.

E poi quegli strati freudiani  che si accavallano nella memoria che hanno insidiosamente cominciato a tessere una storia parallela. Dopo tutto, Roma – alla fine – ha trovato un modo per capovolgere la situazione, incarnando un approccio alla vita completo e olistico che è l’essenza di un potere soft degli italiani, un potere che non ha rivali – un mix armonioso che mette insieme eccellenza dell’arte, paesaggi, storia, cultura, eleganza, cibo – una cultura del “come vivere” elaborata fino ad una minuziosa perfezione.

I voli di fantasia si confondono con la voglia di buona qualità. Il rispetto per la storia – e quelle rovine – implicano il culto dei grandi  geni del passato. La conservazione delle tradizioni va di pari passo con un occhio che vuole adattare ogni manifestazione di Bellezza alle esigenze pratiche del post-moderno.

Quegli occhi che vagano estasiati, quelle lunghe file di pellegrini cinesi alla scoperta di Roma ci raccontano una parabola della Via della Seta. Dei novelli Marco Polo postmoderni, che viaggiano al contrario, e vedono Roma e l’Italia come una possibile versione del sogno cinese; un museo vivente che rappresenta una  entusiasmante sintesi tra memoria storica e modernizzazione, un esercizio vivente che prende respiro su come si potrà costruire una società postindustriale che rispetti quella miriade di aspetti di un antico modo di vivere.

I politici fanno schifo, certo, ma nessuna civiltà è perfetta.

 

Pepe Escobar  è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge  e  Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009).  Il suo ultimo libro è  Empire of Chaos.  E’ raggiungibile con  pepeasia@yahoo.com.

Fonte: https://www.counterpunch.org

Tratto da :Comedonchisciotte

traduzione Bosque Primario