DAIRY IS SCARY (latterie dell’orrore). I consumatori stanno aprendo gli occhi sul lato oscuro delle fattorie

DI GEORGE MONBIOT

theguardian.com

La foto dei vitelli stipati in angusti recinti scioccherà molti e, grazie all’attuale varietà di prodotti che non contengono latticini, ora i consumatori hanno una scelta.

I responsabili del rispetto delle norme commerciali hanno ribattuto che non esiste alcuna prova circa la violazione dei requisiti per il benessere di questi animali. La foto di Animal Equality mostra i vitelli rinchiusi in solitari recinti alla Grange Dairy, East Chaldon, in Dorset.

Le fotografie dei filari industriali di recinti angusti, ognuno dei quali tiene prigioniero un vitello solitario, scioccherà coloro i quali ancora credono nella fiaba delle cascine rurali in cui signorine rosse per l’imbarazzo mungono mucche sorridenti.
La legislazione che si occupa di benessere afferma che i vitelli possono essere tenuti isolati in recinti fino alle otto settimane di età, ma Animal Equality sostiene che la serie di vitelli, fotografati alla Grange Dairy in Dorset, arrivano fino ai sei mesi di età – sono quindi troppo grandi per quei recinti – e informa che alcuni hanno addirittura delle escoriazioni sul dorso.
I responsabili del rispetto delle norme commerciali hanno ribattuto che non esiste alcuna prova circa la violazione dei requisiti per il benessere di questi animali.
Marks & Spencer, che vendono il latte proveniente da tale fattoria, si sono sentiti “amareggiati” alla vista dell’inchiesta, ma hanno comunque rifiutato di rinunciare al loro fornitore.

Per quanto sconvolgente possa essere, questo è ciò che accade nelle latterie industriali ed equivale a crudeltà sistematica. In realtà, le pratiche giornaliere della maggior parte delle latterie sono più dolorose di quelle per la produzione della carne.
Una mucca produce latte solo quando resta incinta. Per questo, solitamente, partendo dall’età di 15 mesi, viene artificialmente inseminata. I contadini estraggono meccanicalmente il seme di un toro, poi costringono la mucca in uno spazio stretto chiamato “cattle crush” (arla di travaglio), dove verrà brutalmente ingravidata.

Dopo solo 36 ore dal parto, il vitello viene allontanato dalla madre, così che i contadini possano sottrarle il latte destinato al piccolo per venderlo a noi consumatori. Gli esperti di fauna selvatica sostengono che tra la mucca e il suo vitello si instaura un legame molto forte subito dopo la nascita. Successivamente a questa spietata separazione, la madre muggirà e urlerà per giorni, chiedendo dove si trovi il suo piccolo.
La risposta a tale domanda dipende dal sesso del vitello. Se è un maschio, sarà probabilmente ucciso e inscatolato, o venduto e allevato come vitello da carne, il che ritarderà la sua morte solo di qualche mese. Se invece è femmina, sarà preparata per entrare a sua volta a far parte del processo di produzione del latte, quello stesso ciclo infernale in cui anche la madre è intrappolata: inseminazione forzata, allontanamento dal proprio piccolo e ritorno al cattle crush nel giro di un paio di mesi.

Per circa sei mesi all’anno, vivrà confinata dentro recinti bui. Però, un numero sempre maggiore di cascine della Gran Bretagna utilizzano un “zero-grazing system” (sistema a pascolo zero), in cui le mucche passano tutta la vita al chiuso, in strutture sempre più affollate.

Nonostante gli ormoni della crescita siano vietati nel Regno Unito e l’uso di antibiotici sia limitato, alla mucche da latte vengono talvolta somministrati ormoni per la riproduzione e prescritti antibiotici dai veterinari per assicurarsi che raggiungano le condizioni ottimali per produrre quantità innaturali di latte. In circostanze normali e in qualsiasi altro momento, le sue mammelle potrebbero contenere un massimo di due litri di latte, ma questi avidi contadini possono forzarla fino a 20 o più litri.
Le mammelle diventano talmente pesanti da indebolirla e spesso può sviluppare una dolorosissima infezione chiamata mastite. Lo sforzo a cui viene sottoposto il suo corpo, comporta che questa mucca si sentirà esausta già dall’età di cinque anni. Ben presto, il latte prodotto non sarà più considerato redditizio. Oppure la mucca semplicemente non sopravvivrà a tutta questa agonia.
In ogni caso, essa sarà trascinata via da un trattore, schiacciata in un minuscolo furgone e condotta al mattatoio, dove verrà uccisa e trasformata in hamburger o omogenizzati. La sua gola squarciata dopo cinque dolorosi e strazianti anni quando, in circostanze naturali, avrebbe potuto sopravviverne 25.

Il pubblico è costantemente reso consapevole del fatto che la realtà circa la produzione di latte non è una questione di poca importanza. Foto: Animal Equality/PA

Le latterie stanno dimostrando di essere il punto debole nell’intero racket della macellazione. Il pubblico è costantemente reso consapevole del fatto che la realtà circa la produzione di latte non è una questione di poca importanza, o una ragione di preoccupazione che riguarda solo gli ideali vegani, ma è effettivamente il lato più oscuro e malvagio del mondo agricolo.
Ormai le alternative di formaggi e dolci non contenenti latte sono ampiamente diffuse, tanto che, una volta che i consumatori saranno venuti a conoscenza della verità, per loro sarà facile rimpiazzare i prodotti lattiero-caseari con qualcosa di meglio.
A Gennaio, Sainsbury’s ha riferito che le vendite dei nuovi formaggi vegani con il loro marchio sono state maggiori del 300% rispetto alle aspettative.

Si stanno evolvendo anche i piccoli commerci. Il Fields Beneath Cafe, situato a Londra nord, ha inaspettatamente smesso di servire latte di mucca la scorsa settimana, sostituendolo con alternative vegane come il latte d’avena, di mandorla e di soia. Ha affisso un avviso sulla vetrina spiegando che la scelta è stata motivata dalla visione su YouTube del conturbante video di cinque minuti intitolato “Dairy is scary”. L’avviso aggiunge: “Non ci avevamo mai pensato”. Anche Ice Shack, una gelateria di Manchester, renderà il suo business completamente vegan la settimana prossima.

L’industria casearia inizia ad andare in panico. David Dobbin, presidente della Dairy UK, teme una “bomba ad orologeria demografica” se i giovani continueranno ad evitare il latte. Solo 10 anni fa, in Inghilterra, Scozia e Galles si trovavano circa 21.000 caseifici. Gli analisti industriali stimano che entro il 2026 si arriverà a meno di 5.000. Nei giorni scorsi, il portavoce della National Farmers Union che si occupa di caseifici, Michael Oakes, ha dichiarato che il messaggio delle campagne anti-caseifici non finirà e ha richiesto una pubblicità positiva delle industrie.

Queste vedranno il loro lavoro diminuire drasticamente. Persino per l’esperto di comunicazione più sfacciato e talentuoso del pianeta risulterebbe difficile porre in una prospettiva migliore la brutale realtà della maggior parte dei caseifici.

Quest’articolo è stato emendato il 31 Marzo 2017 per ribadire che in UK l’uso di ormoni e antibiotici deve essere limitato e che non devono essere somministrati alle mucche nelle fattorie allo scopo di aumentare la produzione di latte.

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George Monbiot

Fonte: www.theguardian.com

Link: https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/mar/30/dairy-scary-public-farming-calves-pens-alternatives

Tratto da:comedonchisciotte

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Ileana Bongiovanni