La vergogna di uno pseudo ministro

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Il Guardasigilli Cancellieri afferma di non essere al corrente delle minacce di Riina a Di Matteo
“Nell’ambito dell’attività amministrativa svolta dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non risultano elementi espliciti o anche solo impliciti dai quali poter dedurre atti di minaccia da parte di Riina”. Testuali parole del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, riunita oggi a Reggio Calabria. Il ministro ha specificato che tali minacce “potrebbero essere note in ambito investigativo, ambito che attiene però alla magistratura e del quale il ministero non è al corrente”. La domanda sorge spontanea: fino a quando continueremo a permettere di essere trattati come decerebrati? Siamo di fronte ad un ministro che non si dimette nonostante il suo “particolare” interessamento per la scarcerazione di un detenuto “amico di famiglia”. Un ministro – o pseudo tale – che, nonostante le ripetute notizie di stampa relative alle terribili minacce di morte pronunciate da Totò Riina nei confronti del pm Nino Di Matteo, dichiara di “non essere al corrente” di tutto ciò. Ma cosa aspetta il Guardasigilli ad informarsi? L’aria che si respira attorno al palazzo di giustizia di Palermo si fa sempre più irrespirabile. La sensazione che i vertici dello Stato stiano sulla sponda del fiume aspettando di vedere il cadavere che passa diventa giorno dopo giorno fin troppo realistica.

Nonostante le ulteriori intercettazioni di Riina pubblicate su tutti i giornali, la mancata solidarietà del Presidente della Repubblica fa più rumore di mille discorsi. Nel frattempo il ministro dell’Interno Alfano promette a Nino Di Matteo e a tutti i magistrati minacciati “ogni mezzo tecnico e meccanico di cui lo Stato dispone”, compreso il “bomb jammer”. Poi però si scopre che lo stesso ministro dovrà far ultimare (non si sa quando) i “test” sui possibili effetti nocivi che questo dispositivo potrebbe provocare prima di poterlo rendere operativo. La grande amarezza e la profonda disillusione nei confronti di uno Stato che manifesta dichiaratamente di non voler proteggere i suoi più fedeli servitori si rispecchia nell’immagine di Alfano che arriva alla Prefettura a bordo di costosissime vetture di ultima generazione, mentre il parco macchine della Procura di Palermo cade letteralmente a pezzi. I “mezzi tecnici e meccanici” promessi da Alfano avrebbero dovuto materializzarsi da un pezzo. Eppure siamo ancora qui ad assistere a menzogne ad uso e consumo delle telecamere. Ecco perché le parole della Cancellieri non fanno altro che completare il quadro desolante di un sistema di potere – di cui fa parte quella stessa magistratura che ancora non ha archiviato il procedimento disciplinare nei confronti di Di Matteo – che di fatto isola e sovraespone uomini come lui con le proprie azioni ed omissioni. Passare dall’indignazione al disgusto nei confronti di simili ingiustizie sarebbe il minimo che dovrebbe fare una società che si definisce “civile”. Prima che sia troppo tardi.

fonte: Antimafiaduemila