Salvare il capitalismo? No, grazie!

di Rodolfo Monacelli

capitalismo nograzie 20120409

In un articolo di Paolo Bartolini pubblicato su Megachip e intitolato “Salvare il Capitalismo?” si afferma sostanzialmente che:
« (…) il capitalismo, come motore della modernità, ha contribuito a “creare” l’individuo, o meglio il senso di essere individui unici e irripetibili».
Chi scrive non è d’accordo con quest’assunto e cercherà di dimostrarlo in questo breve articolo.

È necessario, a mio avviso, tracciare preliminarmente una breve analisi del capitalismo nella sua forma storica secondo tre prospettive diverse.


Critica del capitalismo dal punto di vista dell’economia

Il Capitalismo, da un punto di vista economico, va combattuto non per la questione della “proprietà individuale”. Questa è esistita ed esisterà sempre e fa parte della natura dell’Uomo. Il problema che il Capitalismo ha posto per la prima volta nella storia è lo sfruttamento dell’Uomo sull’Uomo. La proprietà, da opera individuale e creatrice dell’uomo, con il capitalismo è divenuta sfruttamento di una classe contro un’altra poiché la forza-lavoro nel capitalismo ha la peculiarità di essere venduta come una “merce” e di produrre “valore” che viene determinato dalla quantità di lavoro necessaria per la sua conservazione e riproduzione. In altre parole, se questo valore è riprodotto in cinque ore di lavoro quotidiano, ma l’impiego della forza-lavoro continua per dieci ore al giorno, si avranno cinque ore di pluslavoro che si trasforma in una maggiore quantità di prodotto (plus-prodotto e sovraprodotto) e quindi in plusvalore che corrisponde al valore del pluslavoro, cioè al lavoro in più realizzato dal lavoratore rispetto al salario. Questa è la teoria classica (ma non per questo superata da questo punto di vista) di critica al capitalismo da un punto di vista economico.

Il Capitalismo negli ultimi 40 anni (orientativamente dagli anni ’70 in poi) ha fatto un passo ulteriore, e per questo viene da alcuni definito “Neo-Capitalismo”. Il capitalismo non si accontenta più, infatti, di sfruttare e di estorcere plusvalore al lavoratore, ma ha come obiettivo (realizzato) di renderlo un vero e proprio schiavo. Non parliamo soltanto dell’eliminazione di ogni diritto, conquistati da secoli di lotte dal movimento operaio, ma dell’idea stessa di lavoro. Da parte del Capitale il lavoro è oggi identificato, infatti, come una concessione medievale da parte del Signore al lavoratore il quale, come conseguenza di ciò, è obbligato ad accettare qualsiasi sopruso e in cui la lotta per i propri diritti viene vista quasi come un residuo del passato (il caso della Fiat di Marchionne è solo l’estremizzazione di questa pratica, non unica né esclusiva).

 

Critica del capitalismo dal punto di vista della democrazia

Da sempre si associa, in maniera indebita, capitalismo e democrazia. Due termini che, in realtà, sono opposti e contrari. Bisogna, però, prima, attuare un linguaggio comune e, dunque, capire cosa si voglia intendere con il termine democrazia. Non è, ovviamente, questo il luogo per fare un’analisi storica della nascita della democrazia e delle sue innumerevoli declinazioni. Qualcosa, però, bisogna pur dirla. Premettiamo innanzitutto che nell’Occidente capitalistico non esiste nessuna democrazia. La Democrazia significa, com’è noto, “potere del popolo” e, al tempo stesso, “accesso del popolo al potere”. Per avere una reale democrazia è necessario che i due elementi siano correlati e accontentarsi del primo elemento vuol dire accettare una democrazia meramente formale. L’accesso del demos al suffragio universale non ha assolutamente significato l’accesso del demos alla sovranità politica.

Sovranità politica significa sovranità decisionale sui temi fondamentali della propria esistenza sociale, e non solo sulla scelta se consentire i matrimoni omosessuali o i cosiddetti PACS. Ma la sovranità decisionale nell’Occidente capitalistico non esiste, poiché non può esistere quando non esiste sovranità e, oggi, non esiste sovranità della decisione democratica per due motivi correlati tra di loro:

  • l’imperialismo americano, con le sue basi sparse per tutto il mondo e il suo controllo politico e militare. Perché, al di là di ogni pacifismo in buona fede, non esiste sovranità politica senza sovranità militare;
  • il dominio dei mercati e della finanza transnazionale che svuotano ogni decisione politica dei partiti (di destra, di sinistra, di centro, eccetera) e che ora, con il governo Monti, hanno dato l’ultimo colpo di coda a questa pratica con l’assunzione del governo di una nazione. Su questo punto bisogna, però, essere chiari. Non esiste nessuna divisione tra un capitale finanziario (cattivo) e un capitale reale (buono). Entrambi i capitali sono parte dello stesso capitalismo: non esiste banca che non sia nei consigli d’amministrazione delle grandi imprese, così come non esiste grande impresa che non sia nei consigli d’amministrazione delle grandi banche. Per questo, non può esistere una democrazia reale all’interno di un sistema capitalistico (quale che sia la forma che ogni volta si da).


Capitalismo come Alienazione

L’elemento che più caratterizza il capitalismo è proprio l’Alienazione economica e culturale, da non intendere soltanto in senso marxiano. Sappiamo, infatti, come, secondo la teoria marxiana, “Non è l’operaio che utilizza i mezzi di produzione, ma sono i mezzi di produzione che utilizzano l’operaio”. In altre parole nel capitalismo si realizza una reificazione della persona ma che, oggi, non riguarda soltanto l’operaio. La maggior parte delle persone, infatti, dall’operaio al piccolo commerciante, dallo studente all’insegnante, in un senso che oseremmo definire “interclassista”, s’identifica perfettamente nelle cose che compra, che può acquistare, che possiede, e che gli conferisce uno “Status sociale”.

Ancora più di Marx aveva visto giusto Pier Paolo Pasolini che vedeva nel consumismo di massa l’arma principale del capitalismo, di cui il potere autoritario e repressivo della televisione ne stava diventando lo strumento principale, avviando un’opera di “acculturazione omologante”, non ammettendo altra ideologia che non fosse quella del consumo in base alle regole di ciò che Pasolini definisce una “Produzione creatrice di benessere”. L’alienazione consumistica, secondo Pasolini, e oggi ancora più di ieri è drammaticamente confermato, era riuscita a realizzare ciò in cui il Fascismo aveva invece fallito: un’unione interclassista tra le classi dominanti e quelle dominate in nome del consumo e negando, in questo modo, qualunque prospettiva emancipatrice e rivoluzionaria.

 

Conclusioni

Dopo questa breve, e per forza di cose, sintetica analisi della critica al capitalismo concludiamo l’articolo dove era cominciato. Abbiamo, infatti, cercato di dimostrare come il capitalismo non ha contribuito a creare l’individuo ma, al contrario, ha realizzato l’«Uomo massa», con bisogni e desideri imposti e non voluti. Ciò che ha realizzato il capitalismo è stato, piuttosto, l’individualismo e lo sfruttamento dell’Uomo sull’Uomo. Più che al Capitalismo, per ritrovare la creazione dell’individuo, dovremmo perciò rivolgerci al concetto di Koinè greca. Ritrovare, in altre parole, il concetto di Comunità da non opporsi ma anzi da integrarsi con quello d’individuo da non confondere, appunto, con l’individuo atomizzato, asociale e consumistico dell’occidente capitalistico, ma di colui che si pone in maniera libera, creatrice e solidale all’interno del proprio zoon politikòn aristotelico.

Un altro appunto che mi permetto di fare all’amico e compagno Paolo Bartolini è sul concetto di “modernità” a cui, mi sembra, conferisce un’aura essenzialmente positiva. Un concetto questo, che a parte alcuni autori come Georges Sorel, Walter Benjamin ed Herbert Marcuse, fa parte dell’armamentario culturale della sinistra che ha pensato di opporsi con esso al capitalismo ritenuto “conservatore e reazionario”. Un vero e proprio “Mondo alla rovescia” perché, in realtà, il cosiddetto progresso o modernizzazione, non è altro se non l’approfondimento sociologico e ideologico della forma di merce liberalizzata, è l’elemento essenziale con cui il capitalismo è potuto nascere, vivere e sopravvivere, come dimostra lo stesso ’68 di cui si servì il neocapitalismo utilizzando i modelli libertari (o meglio falsamente libertari) per eliminare quegli elementi “tradizionali” della borghesia che ne impedivano quello sviluppo che la contingenza storica imponeva.

Fonte:Megachip