Bioeconomia: l’Ue va avanti ma le sfide ambientali rimangono

Cresce la pressione sugli ecosistemi e l’acqua è un problema sempre più grande, soprattutto nel Mediterraneo

La bioeconomia copre tutti i settori e i sistemi che dipendono dalle risorse biologiche. La valutazione “Trends in the bioeconomy” dei progressi e delle tendenze nella bioeconomia dell’Ue, effettuata dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, conferma i risultati dell’“EU Bioeconomy Strategy Progress Report”  secondo il quale «E’necessario un migliore coordinamento delle politiche per affrontare le molteplici pressioni sulla terra dovute alla domanda di biomassa. Questo indica la necessità sia di una riduzione dei consumi da un lato, sia di una spinta all’innovazione e alla riqualificazione della forza lavoro per ottenere una produzione più efficiente e migliorare il recupero e il riutilizzo della biomassa».

La nuovsa valutazione del JRC copre i 5 obiettivi della strategia per la bioeconomia: Garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale; Gestire le risorse naturali in modo sostenibile; Ridurre la dipendenza da risorse non rinnovabili e insostenibili; Mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici; Rafforzare la competitività europea e creare posti di lavoro.

Al JRC evidenziano che «Mentre la disponibilità di cibo nell’Ue è stabile, il potere d’acquisto del cibo è leggermente diminuito negli ultimi cinque anni. L’approvvigionamento di servizi ecosistemici mostra un trend positivo, tuttavia, gli indicatori focalizzati sulle pressioni sulle foreste e sugli agroecosistemi mostrano un declino nella gestione sostenibile. D’altro canto, gli indicatori sui livelli di sfruttamento degli stock ittici mostrano trend positivi, più marcati per l’area dell’Atlantico nord-orientale dove i livelli di sfruttamento degli stock ittici sono in calo da tutto il periodo registrato. Le tendenze per l’efficienza delle risorse e dell’energia sono ampiamente positive e la frazione di recupero dei rifiuti organici sta aumentando nel tempo».

Il rapporto JRC evidenzia che «La maggior parte dei rifiuti alimentari viene generata nella fase di consumo finale della catena di approvvigionamento, fornendo un suggerimento su dove le strategie di riduzione dei rifiuti possono essere mirate in modo più efficiente».

Cattive notizie arrivano dalla mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici: si registra un lieve peggioramento delle emissioni da agricoltura e un peggioramento più acuto nel settore land use land use change and forestry (Lulucf), dove invece, per rispettare gli obiettivi climatici dell’Ue, r dovrebbero esserci sostanziali progressi.  Il rapporto sottolinea che «All’interno del settore Lulucf, i terreni coltivati ​​e i pascoli sono relativamente stabili nel tempo, le fluttuazioni dell’indicatore sono guidate principalmente dalle foreste».

Il Water Exploitation Index è un altro indicatore critico che mostra l’equilibrio tra domanda e prelievi idrici rispetto alla disponibilità idrica e il JRC fa notare che «Questo indicatore è particolarmente critico per le regioni a stress idrico come il Mediterraneo».

I risultati dell’analisi sulla competitività e la creazione di posti di lavoro sono contrastanti: «Le tendenze più positive e dinamiche possono essere osservate per le più recenti attività bio-industriali relative ai settori chimico, farmaceutico, plastico e bio-based orientato all’energia. Nonostante le tendenze eterogenee tra le bioattività, il valore aggiunto lordo per persona occupata nella bioeconomia ha mostrato una forte tendenza all’aumento. Questo indica un miglioramento della produttività del lavoro all’interno della bioeconomia complessiva».

Il nuovo report JRC propone anche un approfondimento sulla biomassa e ricorda che «La biomassa è il carburante della bioeconomia e componente chiave della sua catena del valore. La biomassa deriva da materiale organico come alberi, piante, rifiuti agricoli e urbani; ed è utilizzato in agricoltura, silvicoltura, alghe, nonché nei settori della pesca e dell’acquacoltura». Secondo una nuova relazione del JRC sull’approvvigionamento e gli usi della biomassa nell’Ue, «Nell’Ue c’è  una tendenza all’aumento dell’approvvigionamento e degli usi della biomassa per materiali ed energia».

Il rapporto “Biomass production, supply, uses and flows in the European Union”  stima l’offerta totale di biomassa, compresa la produzione interna e le importazioni nette, in «Circa 1 miliardo di tonnellate di materia secca (tdm), mentre gli usi ammontano a 1,2 miliardi di tdm . La biomassa aggiuntiva negli usi rispetto alla produzione più l’importazione netta è dovuta al recupero di rifiuti dall’industria e dalle famiglie. I risultati dimostrano che la metà dell’uso della biomassa rappresenta la produzione alimentare animale (mangimi e lettiere, 40%) e vegetale (10%), mentre i materiali rappresentano il 28% e l’energia il 22%. L’uso della biomassa aumenta sia dalla produzione domestica primaria che da fonti secondarie, con gli aumenti più elevati per gli usi della biomassa per la bioenergia, utilizzando sia fonti primarie che secondarie, seguite dagli usi materiali. La quantità di biomassa utilizzata per la produzione alimentare rimane sostanzialmente costante».

L’Ue è sempre più dipendente dalla biomassa per materiale ed energia e si prevede che la biomassa diventi ancora più importante come risorsa.  Il JRC avverte che «La pressione sulla terra per la produzione di biomassa, sia all’interno dell’Ue che al di fuori dei nostri confini, dovrebbe pertanto essere attentamente monitorata. Il disboscamento del terreno per la produzione di raccolti e merci provoca la deforestazione e il degrado delle foreste. L’Ue-27 è stata identificata come un importante contributore alla deforestazione tropicale attraverso il consumo e il commercio di prodotti e merci come bestiame (carne di manzo), cacao, caffè, olio di palma e semi di soia, tra gli altri. Le importazioni dell’Ue hanno contribuito fino al 25,5% dell’area disboscata».

La revisione ha inoltre individuato lacune nell’attuale piano d’azione che richiedono ulteriori interventi: «Primo, una maggiore attenzione su come gestire meglio la domanda di terra e biomassa per soddisfare i requisiti ambientali ed economici in un’Europa climaticamente neutra. Secondo,  lavorare su modelli di consumo più sostenibili per garantire l’integrità ambientale.

Da Trends in the bioeconomy c viene fuori anche la diversa velocità di approccio dei vari Paesi Ue:  a dicembre 2022, nell’Ue-27 c’erano 10 Paesi  con strategie nazionali di bioeconomia (Austria, Germania, Spagna, Francia, Finlandia, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi Bassi e Portogallo) e 7 con strategie nazionali in fase di sviluppo (Cechia, Croazia, Ungheria, Lituania, Polonia, Svezia e Slovacchia). 6 Paesi hanno altre iniziative politiche dedicate alla bioeconomia (vale a dire strategie subnazionali per la bioeconomia in Belgio e strategie macroregionali riguardanti Bulgaria, Danimarca, Estonia, Romania e Slovenia). I restanti 4 Paesi dell’Ue (Cipro, Grecia, Lussemburgo e Malta) coprono la bioeconomia attraverso piani nazionali per l’energia e il clima, strategie nazionali di adattamento ai cambiamenti climatici e strategie di economia circolare.

fonte: greenreport.it