Ingv, nessuna correlazione tra sismicità ed estrazione di petrolio e gas in Basilicata

Braun: «L’alto rischio sismico presente in Basilicata ha indotto a dotare la Val d’Agri di un sistema di monitoraggio geofisico tra i più avanzati del Paese»

L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha concluso un monitoraggio triennale in Val d’Agri (Basilicata) e «non ha evidenziato correlazioni tra la sismicità e le deformazioni del suolo con le attività di sfruttamento del sottosuolo nella Val d’Agri in Basilicata».

L’indagine è partita su richiesta formulata nel 2017 dall’allora ministero dello Sviluppo economico (Mise), monitorando sismicità, deformazioni del suolo e pressioni di poro nell’ambito dell’estrazione di idrocarburi che da decenni avviene in loco.

Nel sottosuolo della Basilicata sono presenti infatti presenti i «giacimenti continentali di petrolio con gas associato più estesi d’Europa, oggetto di estrazione di idrocarburi da parte di Eni da oltre 30 anni e, più recentemente, anche di Total». Al contempo, la Val d’Agri si trova in una delle aree di maggiore pericolosità sismica in Italia: nel dicembre 1857 si verificò qui un terremoto di magnitudo stimata M~7, uno dei più forti della storia dell’Italia.

«Nel caso della Val d’Agri l’attività industriale consiste sia nell’estrazione di petrolio con gas associato, sia nella re-iniezione delle acque di strato che arrivano in superficie durante il processo di produzione – spiega Thomas Braun, sismologo del Centro per il monitoraggio del sottosuolo dell’Ingv – Questo territorio è considerato tra le aree con la più alta pericolosità sismica in Italia. L’alto rischio sismico presente in Basilicata, unitamente all’alto interesse di sfruttamento industriale dei suoi giacimenti di idrocarburi, ha indotto quindi a dotare la Val d’Agri di un sistema di monitoraggio geofisico tra i più avanzati del Paese».

Il sistema di monitoraggio installato in Val d’Agri consente l’acquisizione in tempo reale di dati provenienti da una rete sismica integrata di 57 stazioni (pubbliche e private) in grado di localizzare la microsismicità nonché l’acquisizione periodica di dati geodetici di precisione da una rete locale di 5 stazioni permanenti integrate nel sistema di rete regionale.

«Tra il 2020 e il 2022 la sismicità localizzata entro un raggio di 5 km dal pozzo di re-iniezione delle acque di strato, sito a Montemurro in provincia di Potenza, ha mantenuto valori di magnitudo ML < 1, ossia al di sotto della soglia limite di ML ≥ 1.5 a partire dalla quale si passa da un livello di gestione ordinaria 0 (verde) a un livello di allerta 1 (giallo) – spiega Stefania Danesi, sismologa del Cms – Inoltre, le misure geodetiche di precisione fin qui condotte, così come i dati di deformazione del suolo provenienti dalle reti Gps e Insar (reti satellitari), non hanno evidenziato deformazioni del suolo indotte dalle attività di sfruttamento del sottosuolo nella zona».

Gli studi, comunque, continueranno: per i prossimi mesi è prevista un’ulteriore estensione della rete geodetica locale da 5 a 12 stazioni nei domini di monitoraggio della Val d’Agri. A continuare sarà anche l’estrazione di idrocarburi, data la proroga decennale delle concessioni confermata lo scorso anno.

Sotto il profilo del rischio sismico, l’autorevole analisi Ingv offre importanti elementi di rassicurazione. Restano però altre importanti criticità aperte: dai rischi in termini di inquinamento ambientale – è ancora in corso il processo dopo la fuoriuscita di petrolio del 2017 – a quelli legati alla crisi climatica in corso.

Per ridurre le emissioni di gas serra (che al 2030 l’Italia dovrà tagliare del 55% rispetto al 1990, anche se nel 2019 eravamo fermi a solo -19,4%) e al contempo difendere le tasche dei cittadini, l’unica energia che dovremmo puntare ad estrarre ancora dal sottosuolo è quella rinnovabile: il calore della geotermia, che da solo avrebbe il potenziale per soddisfare il quintuplo dei consumi nazionali, senza peraltro soffrire la dipendenza dalle condizioni meteorologiche come accade per altre fondamentali fonti rinnovabili come eolico o fotovoltaico.

Eppure le concessioni petrolifere in Basilicata sono state prorogate per un decennio, mentre quelle geotermiche in scadenza in Toscana nel 2024 sono da anni in un limbo che non permette di delineare uno sviluppo sostenibile legato all’impiego del calore rinnovabile della Terra.

fonte: greenreport.it