Le emissioni nascoste delle importazioni di gas naturale liquefatto minacciano gli obiettivi climatici

La crescente dipendenza dell’Europa dal GNL ha un costo ambientale elevato. E il 16% del GNL viene dalla Russia

Dopo l’inizio della guerra in Ucraina e la chiusura volontaria o per sabotaggio dei grandi gasdotti che portavano il gas russo in Europa, le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) sono aumentate vertiginosamente e, come in i<Italia, si stanno realizzando nuovi rigassificatori.

Una nuova analisi

L’analisi della compagnia di ricerca norvegese Rystad Energy, anticipata dalla BBC, dimostra che «La produzione e il trasporto di GNL causa fino a 10 volte le emissioni di carbonio rispetto ai gasdotti. Ci sono preoccupazioni che il carbonio extra possa ostacolare gli sforzi per frenare il riscaldamento.

Da 6 al 18 novembre, i leader mondiali si incontreranno alla 27esima conferenza delle parti Unfccc in Egitto e ambientalisti e scienziati – e molti governi dei Paesi in via di sviluppo – temono che la guerra in Ucraina abbia fatto passare in secondo piano la necessità impellente di ridurre le emissioni di gas serra. Come fa notare BBC News, «Nel Regno Unito e in Europa, le preoccupazioni per l’approvvigionamento energetico hanno visto un aumento senza precedenti delle importazioni di GNL, una versione liquefatta del gas naturale. Secondo i dati pubblicati da S&P Global Commodity Insights, nei primi 9 mesi di quest’anno i volumi di GNL importati sono aumentati del 65% rispetto al 2021.

Ma la nuova analisi di Rystad Energy condivisa con la BBC averte che «La produzione e la spedizione di gas naturale liquido sono estremamente ad alta intensità energetica. Per produrlo, il gas fossile viene raffreddato in congelatori giganti fino a -160° C. Quando il gas si liquefa, si restringe e diventa 600 volte più piccolo, rendendone molto più facile il trasporto. Sebbene le emissioni derivanti dalla combustione del gas siano le stesse sia che sia convogliato o in forma liquida, l’energia extra coinvolta nella produzione e nel trasporto del liquido è significativa».

Patrick King di Rystad Energy sottolinea che «Per il gas convogliato dalla Norvegia, osserviamo circa 7 kg di CO2 al barile, ma per le importazioni di GNL in Europa, stimiamo che la media sia superiore a 70, quindi è circa 10 volte inferiore per il gas convogliato rispetto al GNL. Entro la fine del prossimo anno, se la Russia chiuderà completamente i rubinetti del gas e tutto il gas aggiuntivo necessario proverrà da fonti di GNL, vedremo ulteriori 35 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 importate a monte rispetto al 2021».

Si tratta di qualcosa che equivale in emissioni ad aggiungere circa 16 milioni di auto sulle strade italiane per due anni».

Per molti ambientalisti, esperti, scienziati e qualche politico più lungimirante, questa corsa al GNL è il trionfo del pensiero a breve termine. Tra loro c’è Paul Balcombe, della Queen Mary University di Londra, che non è stato coinvolto in questa nuova ricerca di Rystad Energy ma che studiato da tempo gli effetti delle emissioni di GNL, e che ha detto a BBC News: «La vera opportunità, in una brutta situazione, è mettere in atto incentivi per ridurre il nostro consumo di gas. Dobbiamo aumentare l’efficienza energetica e la nostra diffusione delle energie rinnovabili. Piuttosto che guardare solo al sostituto davvero, davvero a breve termine, che è il GNL, dobbiamo guardare a un termine leggermente più lungo, che avrà implicazioni di gran lunga migliori in termini di costi, finanziari e ambientali».

Gli ambientalisti, negli Usa come in Europa e in Italia e un po’ in tutto il mondo, sono preoccupati che l’attuale corsa al GNL extra possa non essere una una tantum: in Europa ci sono piani per l’installazione di circa 20 nuovi terminali GNL (Piombino e Ravenna compresi) ed Eilidh Robb, di Friends of the Earth Europe, è molto preoccupata: «Ad essere onesti, è davvero spaventoso. Il problema è che per rendere questi terminali economicamente sostenibili, i Paesi devono concordare contratti molto lunghi per portare il gas e i terminali stessi possono durare fino a 40 anni, il che significa un effetto lock-in molto lungo per questi combustibili fossili dai quali stiamo cercando di uscirne».

Un altro problema per l’importazione di GNL è da dove viene. E quui c’è una sorpresa: secondo Rystad, «Circa il 16% del gas liquefatto proviene dalla Russia». E la BBC conclude: «Acquistando questo gas dalla Russia, il Regno Unito e l’Europa non solo stanno aiutando a finanziare l’invasione dell’Ucraina, ma stanno anche rendendo più difficile vincere la guerra contro il cambiamento climatico».

fonte: greenreport.it