Sebastiano Ardita: ”La riforma cambia tutto per cambiare in peggio”

Il consigliere togato: “Meglio lasciare la legge attuale. Così si rafforzano le correnti”

In una intervista pubblicata oggi su ‘Il Fatto Quotidiano’ a firma di Antonella Mascali il consigliere togato Sebastiano Ardita ha parlato della riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario.
Il testo è stato appena approvato in Commissione Giustizia e dovrebbe approdare in aula martedì prossimo.
Ardita, come ha già fatto anche il collega Nino Di Matteo ne ha evidenziato le criticità: il rafforzamento delle correnti tramite la nuova legge elettorale del Csm, la gerarchizzazione estrema delle procure tramite le ‘pagelle’ per le toghe e la separazione di fatto delle carriere tra giudici e pubblico ministero.
Per il magistrato questo è un periodo molto peggiore di quando il governo Berlusconi aveva tentato di far passare determinate riforme sempre in tema di giustizia. “Cesare Previti andò in Tv e disse che volevano la separazione delle carriere, un pm sotto l’esecutivo, il ridimensionamento del ruolo dei magistrati. Tutti obiettivi annunciati con chiarezza e che provocarono una forte reazione che impedì in gran parte la realizzazione di quegli scopi. Adesso – ha detto Ardita – invece, si sta realizzando quel progetto ammantandolo di grandi principi costituzionali. C’è ambiguità e i cittadini, dunque, non comprendono le conseguenze”.

Le pagelle per i magistrati e la separazione delle carriere
I pm e giudici, come previsto dal test di riforma, dovranno scegliere entro i primi 10 anni di carriera la funzione, a meno che il passaggio sia dal penale al civile e viceversa. Per Ardita questo sistema provocherà dei danni nel lungo periodo. Danni che “si vedranno quando si sarà formata una generazione di pm lontani, per statuto, dalla cultura della giurisdizione. Sembrerà strano, ma è così: i giudici più garantisti sono quelli che hanno fatto il pubblico ministero”.
Sempre sul ‘Il Fatto Quotidiano il consigliere togato ha ribadito che sussiste la concreta possibilità che “un pm allontanato per legge dalla giurisdizione si può prestare” anche a diventare asservito al governo di turno.
Ma una delle novità più dannose è quella che prevede il fascicolo del magistrato, che registrerà il livello di ‘performance’ dei singoli pm e giudici.
Con questa normativa “siamo alla schedatura professionale – ha detto Ardita ad Antonella Mascali – che è una naturale proiezione della cosiddetta rincorsa dei numeri, un tempo definita sfida della professionalità contro la quale in pochi protestavamo mentre la maggioranza della stessa Anm riteneva fosse doverosa. Una giurisdizione di qualità è nemica dei numeri, che sono amici della gerarchia perché rappresentano uno strumento di governo degli uffici”. Mascali ha ricordato come i sostenitori della riforma dicono che tale misura è necessaria per via delle troppe valutazioni positive. “E ce ne saranno ancora di più – ha concluso il magistrato – perché il modello di gestione burocratica degli uffici prenderà il sopravvento. Il suggerimento che arriva dalla riforma è questo: volate basso per non correre rischi. D’altra parte esistono praterie di disperati da perseguire per esercitarsi nella sfida dei numeri”.

Il sistema elettorale del Csm
Il magistrato si è detto preoccupato che “non si sia fatta la riforma del sistema elettorale per eleggere i togati del Csm, in modo da togliere potere alle correnti. Il maggioritario bi-nominale che verrà introdotto farà scomparire le minoranze perché ovviamente in ogni collegio i primi due eletti saranno esponenti delle principali correnti”. Infatti il sistema previsto dal testo approvato dalla Commissione “può essere facilmente aggirato perché le correnti principali possono mettere in campo anche candidati minori collegati fra loro e non subire gli effetti dello scorporo”. E poi ancora “non c’è alcuna innovazione, anzi si torna indietro, era così fino al 1994. Faccio un esempio: se un pm di Crotone viene candidato nel collegio di Torino è evidente che deve affidarsi a una delle correnti presente in quel territorio”.
Per Ardita, quindi, questa riforma non migliora nulla, anzi, cambia tutto “per cambiare in peggio. A questo punto sarebbe stato meglio lasciare la legge attuale. Invece, così si rafforzano ancora di più le correnti. D’altra parte i poteri forti hanno bisogno di gerarchia e di capi corrente. Perché la ‘magistratura orizzontale’ sarebbe incontrollabile e quindi fa paura”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

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