Riforma Giustizia, Gratteri: ”Proposte dannose. Sento odore di punizione”

L’analisi del procuratore capo di Catanzaro sulle “riforme devastanti” della guardasigilli

Alcune proposte sono dannose per il sistema giudiziario, altre sono quasi una offesa per noi magistrati e non porteranno alcun effetto positivo”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri in un’intervista rilasciata a “Il Fatto Quotidiano” a cura del direttore Marco Travaglio. Un’analisi a tutto tondo delle ultime vicende che riguardano la magistratura e le “riforme devastanti” della Ministra della Giustizia Marta Cartabia, come le ha chiamate il procuratore alla manifestazione di Libera per le vittime innocenti delle mafie.

Si prevede un controllo ‘esterno’ sul lavoro dei magistrati nelle valutazioni di professionalità, riconoscendo un diritto di voto ai ‘membri laici’, cioè agli avvocati nei Consigli giudiziari (le filiali locali del Csm, ndr) – dice il magistrato –. Inaccettabile: non si vede perché a valutarci debba essere chi non fa parte della nostra categoria, infatti non accade per nessun’altra, inclusi gli avvocati; e soprattutto così si intacca l’autonomia e la terzietà del magistrato, visto che gli avvocati nei Consigli giudiziari dovrebbero giudicare magistrati che lavorano nel loro stesso distretto e coi quali si trovano quotidianamente a interloquire”. Per Gratteri si tratta di una previsione che, anche se non lo riguarda in termini concreti, “ha quasi l’odore della punizione”.

Si parla di difesa dell’autonomia, indipendenza e terzietà della magistratura e poi si introduce un sistema che intacca in maniera evidente questi principi costituzionali – dice Gratteri a Travaglio –. Si dice che si vuole raggiungere una cultura della giurisdizione e si vieta ai giudici di diventare pm, che è invece l’unico modo per garantirla. Si dice che si vuole premiare i tanti magistrati che lavorano in silenzio e poi non li si ascolta neppure”.

Le assurdità della Riforma della Giustizia
Si dichiara perplesso, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro sulle colonne del Fatto Quotidiano, e fortemente contrario alla riduzione dei passaggi dalla funzione di pm a quella di giudice e viceversa. “Ridurre i passaggi da una funzione all’altra non comporta alcun vantaggio, né di efficienza né di produttività, ma soprattutto mortifica quello che ‘a parole’ dovrebbe essere tra gli obiettivi del nuovo ordinamento giudiziario: di migliorare la qualità del nostro lavoro – ha detto –. Il passaggio di funzione andrebbe incentivato, non limitato, perché è un arricchimento professionale e consente al magistrato di sviluppare una visione globale del processo. È innegabile, ma pare che non interessi a nessuno. Nella mia Procura vorrei dei pm che hanno fatto i giudici e che il nostro lavoro fosse valutato da giudici che hanno fatto i pm. Peraltro oggi, per cambiare funzione, il magistrato deve quantomeno cambiare provincia, e già questa è una forte limitazione”.

Sono totalmente d’accordo sui divieti (della riforma, ndr) – i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive al termine del mandato non possono più svolgere alcuna funzione giurisdizionale e sono fuori ruolo; e divieto di esercitare funzioni di giudice o pm mentre si ricoprono incarichi elettivi e governativi, anche se in un territorio diverso –. Ma non sul fatto che chi ha ricoperto incarichi elettivi o ministeriali venga poi automaticamente collocato presso il ministero di appartenenza. E soprattutto non trovo corretto che la stessa disciplina sia applicata ai magistrati che si sono candidati, ma non sono stati eletti. È accettabile che un qualunque magistrato che si candidi e non venga eletto venga premiato mandandolo al ministero? Praticamente, se ti stanchi del tuo lavoro, basta che ti candidi e dopo, automaticamente, passi al ministero! Io vorrei una riforma ancora più rigorosa: se ti candidi a una carica elettiva, eletto o bocciato, esci dall’ordine giudiziario senza ricoprire incarichi ministeriali”.

Carlo Renoldi nuovo capo del Dap
Già critico sulla nomina di Carlo Renoldi
come nuovo capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, non ha nulla da contraddire “sulla persona perché non conosco il collega”, ha detto Gratteri. “Quanto alle sue opinioni sul 41-bis e l’ergastolo ostativo, almeno quelle diffuse dagli organi di stampa, non le comprendo. O meglio, non condivido il preconcetto che solo chi concede ‘permessi premio’ e ‘aperture’ può ritenersi a favore di un ‘carcere costituzionalmente compatibile’. Non è così. E francamente queste affermazioni di una parte della magistratura che etichetta di anti-costituzionalità chi non la pensa come lei mi hanno un po’ stancato”. Il procuratore ha poi fatto presente al direttore de “Il Fatto Quotidiano” quanto affermato dallo stesso Renoldi, sulle colonne di “Repubblica” del 27 febbraio scorso in cui affermò che “la mafia è un problema sociale gravissimo, ma un giudice non può essere anti qualcosa, anche un mafioso ha diritto a un processo giusto”. “Ma quale magistrato ha mai affermato che i mafiosi non hanno diritto a un processo giusto? – ha risposto Gratteri – Non ne conosco neanche uno. Quel che so bene è che un mafioso, dopo un processo giusto, viene condannato all’ergastolo solo se ha commesso omicidi, normalmente più omicidi, e solo i capi di associazioni di stampo mafioso sono detenuti in regime 41 bis e solo dopo accurate indagini. Forse si deve rispetto anche alle vittime di questi reati. Quanto alla sua critica all’“antimafia militante”, non so a cosa a chi si riferisca. Ma ricordo che l’altro giorno si è celebrata la giornata nazionale delle vittime delle mafie. E, se devo scegliere, io sceglierò sempre le vittime. Se vuol dire far parte dell’antimafia militante, bene: ne sono contento. Ma vorrei aggiungere una cosa”.

Il ruolo magistratura
In conclusione, Gratteri non trova spiegazioni dinnanzi alla sistematicità con cui la politica ignora il parere dei magistrati e del Consiglio superiore della magistratura. “La magistratura attraversa un momento di forte debolezza, ma nessuno dovrebbe dimenticare che è uno dei tre poteri dello Stato – ha detto –. E non esiste una gerarchia: i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) devono coesistere in posizione paritaria. Se uno cerca di sopraffare l’altro, ci perde la democrazia, quindi la collettività. Non i magistrati”.
Mi auguro che la magistratura faccia sentire la sua voce unita e compatta e che riacquisti la credibilità che merita. Spero che il governo attivi una reale e costruttiva interlocuzione con noi magistrati. E spero – ha concluso il Procuratore Gratteri – che una volta per tutte si capisca che, se il sistema giustizia non funziona, i danneggiati non siamo noi magistrati, ma l’intera collettività”.

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fonte: antimafiaduemila.com