No ad un magistrato antimafia a Catania. Il Csm nega la procura a Nicolò Marino

Di Matteo e Ardita a sostegno del giudice

Déjà vu: è questa l’impressione che ha dato il plenum mercoledì pomeriggio. Nonostante gli scandali o le polemiche che lo hanno direttamente riguardato, il Csm ha seguito lo stesso copione del 9 marzo scorso quando al posto di Mario Amato (presidente di sezione della Corte d’Appello di Torino) è stata preferita Elisabetta Vidali come nuovo presidente della Corte d’appello di Genova.
Questa volta in esame c’era la nomina del nuovo procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Catania.
Meritocrazia tamquam non esset (come se non esistesse, ndr) è stato scelto Fabio Ignazio Luigi Scavone attualmente Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Siracusa al posto del magistrato Nicolò Marino (in foto), giudice in servizio al Tribunale Ordinario di Roma che ha sempre svolto il proprio lavoro con senso del dovere, autorevolezza, indipendenza ed imparzialità anche in territori ad altissima densità mafiosa.
Fulvio Gigliotti (laico 5 Stelle) ha riferito che Marino non poteva concorrere per la procura di Catania per via di una sentenza che avrebbe condannato alla censura il magistrato per omessa iscrizione di notizia di reato. Ma, come poi evidenziato dal consigliere Sebastiano Ardita, “non c’è nessuno ostacolo formale. Perché la sentenza di cui si parla non è passata in giudicato” ma è stata “impugnata e la Cassazione a breve darà il suo esito”. “Marino ha fatto semplicemente questo – ha spiegato il magistrato – come scrivono i suoi superiori gerarchici del consiglio giudiziario ha ricevuto tra le tante informative anche una informativa che faceva parte di in compendio molto più ampio” in cui “non è stato scoperto nessun tipo di reati. L’informativa aveva ad oggetto ‘sostanzialmente’ una comunicazione tra due persone che parlavano di una terza persona – non parlavano di fatti marcatamente illeciti – parlando di aver fatto dei lavori in casa di qualcuno. Questa informativa secondo l’originaria impostazione, perché l’ha trovata il procuratore della repubblica dopo dieci anni, è diventata prima oggetto di un’indagine penale per capire se Marino avesse favorito qualcuno. Quando si è capito che questa” situazione non c’era stata, Marino è stato incolpato di mancata iscrizione.
Alle parole di Ardita si sono aggiunte anche quelle del collega Nino Di Matteo il quale ha ribadito “che non può avere un effetto preclusivo una sentenza che non è passata in giudicato”. Alla conta finale, però, nonostante gli elementi forniti, la scelta del Csm è gravitata a maggioranza del collega. Proprio Ardita, nella sua relazione aveva evidenziato come Marino può vantare di “un curriculum fatto da rilevantissime attività giudiziarie”: dal 26 settembre 1988 è stato giudice presso il Tribunale di Siracusa; dal 10 luglio 1990 sostituto procuratore presso la Procura di Catania; dal 30 maggio 2003 sostituto procuratore presso la Procura di Caltanissetta; dal 15 luglio 2003 fuori ruolo presso la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti; dal 3 maggio 2004 fuori ruolo per aspettativa; dal 24 gennaio 2005 sostituto procuratore presso la Procura di Caltanissetta; dall’11 dicembre 2012 fuori ruolo per mandato amministrativo regionale; dal 30 settembre 2014 giudice presso il Tribunale di Roma (nonché, in applicazione extradistrettuale, giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria).
Marino, per quanto riguarda la sua esperienza a Catania, si è occupato anche del procedimento denominato Orsa Maggiore “cioè il procedimento che ha portato dopo tanti anni di latitanza alla cattura e poi al processo di Benedetto Santapaola componente della commissione di Cosa Nostra” – ha spiegato Ardita – È “un processo che ha comportato oltre 200 imputati per venti fatti omicidiari. Per questi fatti ci sono anche gli omicidi del giornalista Giuseppe Fava e l’ispettore di polizia Giovanni Lizzio che sono due dei più importanti omicidi commessi nella strategia regionale di Cosa Nostra”. “Ma Marino non si è occupato soltanto di questo”, ha continuato il magistrato aggiungendo che “ha sempre operato nelle più importanti inchieste che hanno riguardato Cosa Nostra siciliana sia a” Caltanissetta che a Catania “in cui criminalità mafiosa si” connette con “il tessuto economico, istituzionale e politico, anche di altissimo livello”.
Ha svolto inoltre indagini nei confronti di soggetti legati direttamente a Cosa Nostra, come Cultrera Felice, Corallo Tanino, Santapaola Benedetto e altri procedimenti che avevano ad oggetto le mediazioni tra Cosa Nostra, la società Breda Meccanica Bresciana s.p.a. e la Agusta s.p.a. per la fornitura di materiale di armamento alla Marina Militare, all’Esercito e all’Aviazione Militare del Marocco; nonché fra la Agusta s.p.a. e il Regno dell’Arabia Saudita, per la fornitura di elicotteri CH47.
Quindi – ha continuato Ardita – si tratta di indagini che hanno riguardato addirittura i rapporti economici tra grandi aziende di partecipazione pubblica italiana e stati esteri con la mediazione di Cosa Nostra”.
Si è occupato anche delle infiltrazioni mafiose presso la base militare di Sigonella per la gestione degli appalti e dell’indagine denominata “Orione” che nella relazione della commissione antimafia del 2000 è stato definito un capolavoro investigativo nel quale venne smantellato il vertice di Cosa Nostra che aveva come capo Vito Vitale, un soggetto “vicinissimo a Bagarella e a Riina che utilizzò il boss catanese Santo Mazzei combinandolo” con cui ebbe un rapporto anche da detenuto poiché “in quest’indagine vennero messe a nudo anche le falle al 41 bis”. E poi ancora Marino si è occupato del procedimento “Grande Oriente”, scaturito da una informativa redatta dal colonnello dei Carabinieri Michele Riccio. Nell’ambito del procedimento, sono state ampiamente trattate le confidenze (poi trasfuse nella citata informativa) fatte al colonnello Riccio da Ilardo Luigi, assassinato in Catania il 10 maggio del 1996. Infine Ardita ha ricordato che Marino “si occupato del processo n. 195/99 detto ‘Garibaldi’, cioè un processo in cui sono stati coinvolti i massimi vertici della politica siciliana tra cui un sottosegretario di stato che era stato arrestato per concorso esterno mentre era titolare della funzione pubblica perché non aveva l’immunità parlamentare. È un caso unico nella storia della Repubblica Italiana” ha detto Ardita. Procedimento che poi si è concluso con la quasi totale asseverazione delle tesi dell’accusa. Non si può dimenticare poi il caso Catania con l’arresto di Scuto.
“Ma oltre a ciò è stato co-assegnatario di tutti i procedimenti relativi a tutte le stragi palermitane del 1992 oltre a quello relativo all’attentato dell’Addaura” ha concluso il consigliere.
Inoltre nel documento presentato da Ardita si legge che Marino ha ‘ulteriormente arricchito il proprio bagaglio di conoscenze in materia di criminalità organizzata di stampo mafioso in virtù della recente esperienza maturata, sul fronte giudicante, presso l’ufficio Gip/Gup del Tribunale di Reggio Calabria, nell’ambito del quale si è occupato di numerosissimi procedimenti a carico di esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese. Da ultimo, non può negarsi la maggiore complessità ed il rilievo addirittura storico di alcuni tra i procedimenti istruiti dal dott. Marino soprattutto durante l’esperienza presso la D.D.A. di Caltanissetta, con particolare riferimento a quelli trattati nell’ambito del relativo gruppo stragi’, che ha anche coordinato in ausilio al Procuratore della Repubblica’.
Prima della votazione, ha fatto seguito anche l’intervento del consigliere togato Nino Di Matteo. Quest’ultimo ha ricordato come il magistrato Marino abbia lavorato nel territorio catanese, cioè in una zona in cui erano presenti e operavano “i cosiddetti cavalieri del lavoro” rappresentanti di “quella mafia seppure non articolata e potente come quelle palermitane, trapanesi e agrigentine è stata la più attenta e capace di penetrare il tessuto economico e di penetrare le pubbliche amministrazioni”.
Marino, ha ripreso Di Matteo, è un collega che “ha affrontato alla dda di Catania gli aspetti principali di Cosa Nostra catanese e gli aspetti principali dell’intreccio dell’attività di Cosa Nostra catanese e la politica”. “Un collega che ha un’esperienza di indagine talmente ampia” per quanto riguarda le indagini di mafia sulla pubblica amministrazione “che fino all’ultimo a Catania è riuscito ad individuare i rapporti anche tra esponenti delle istituzioni e interessi mafiosi”. Secondo Di Matteo anche gli incarichi fuori ruolo di Marino avrebbero dovuto essere valorizzati nel corso della valutazione: “Nel momento in cui ha svolto la funzione di Assessore al Governo regionale è riuscito ad individuare e a smascherare quello che si chiama il sistema Montante” un sistema che si reggeva anche sulla finta attività antimafia di molti “imprenditori proprio nel settore del trattamento dei rifiuti”. Tuttavia il Csm, dopo aver ascoltato l’ampia esposizione di Di Matteo e Ardita, ha conferito l’incarico all’altro collega. E ormai il copione è lo stesso: la meritocrazia non è di casa a Palazzo dei Marescialli. Ma ciò che indigna ancora di più è il fatto che sia stato proprio un laico del Movimento 5 Stelle ad aver votato contro la nomina di Marino. Quello stesso movimento che aveva fatto della lotta alla mafia il punto cardine della propria politica e che invece oggi, in forma inquietante e drammatica, è al governo con un partito fondato da un uomo della mafia (Marcello dell’Utri condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa) e guidato da un presidente – Silvio Berlusconi – che come dicono le sentenze, finanziava Cosa Nostra.

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fonte: antimafiaduemila.com