Oliver Stone: una voce indipendente che racconta la verità sull’omicidio Kennedy

I documentari del regista: Jfk revisited through the looking glass su Rai3 da novembre e Jfk Destiny betrayed dal 22 novembre su Sky Documentaries

John Fitzgerald Kennedyè stato un guerriero per la pace, l’ultimo presidente americano che provò a tagliare e controllare il sistema industriale militare, che veniva costruito per una guerra con l’Unione sovietica. Vennero spese enormi somme di denaro per prepararsi a quella guerra. Lui lo capì. Ebbe anche problemi con i servizi segreti, la CIA era irritata con lui e lui sapeva di non avere il controllo totale del governo. Se ci fosse riuscito non avrebbe avuto la guerra del Vietnam. E quante guerre l’America ha combattuto da allora. Parliamo di trilioni di dollari in Afghanistan e Iraq. Cosa abbiamo imparato?” Sono state queste le parole del pluripremiato regista statunitense Oliver Stone – classe 1936 – allievo di Martin Scorsese alla New York University, pubblicate ieri su ‘Sky TG24. Il giorno prima Stone era stato ospite alla Festa del Cinema di Roma in cui ha presentato il suo ultimo documentario Jfk revisited: through the looking glass (in onda a novembre su Rai 3) è diviso in una serie di 4 puntate denominate Jfk: Destiny betrayed in programma dal 22 novembre su Sky Documentaries in occasione dell’anniversario dell’assassinio del 1963, la serie sarà disponibile anche su On Demand e in streaming su NOW.  Materiale dettagliato e ricco di particolari in merito alle indagini sull’uccisione del Presidente degli Stati Uniti, ai sospetti di depistaggio, all’ipotesi della cospirazione e contenente i pareri di storici, medici legali ed esperti di balistica.

A quei tempi la gente era sconvolta – ha detto Stone – sapeva che c’era qualcosa di storto. C’era il coinvolgimento di un mafioso, l’accusa di omicidio per Lee Oswald, che venne  subito ucciso. Sembrava una messinscena ed è chiaro che non volevano processare Lee Oswald. E’ strano anche il modo in cui spararono a Kennedy. Il primo colpo fu sparato da una posizione frontale, JFK aveva un buco in gola; la nuca esplose: 50 60 persone lo videro, ma questo fu nascosto. Sappiamo che ci fu più di una persona a sparare”.

Un lavoro immenso, con cui Stone si prefigge di riempire i buchi di un sistema d’informazione carente.

Come riportato su La Stampa Oliver ha detto che “i media americani non si sono ancora realmente interessati della vicenda, anche se era molto difficile riuscirci, così ho scelto di farlo io. Il 26 ottobre saranno de-secretati materiali su Kennedy ancora in mano alla Cia, ora abbiamo Biden, un presidente irlandese e cattolico, speriamo che, finalmente, si possa avere accesso a quei documenti”.

Non tutti però sono stati d’accordo con le sue ricostruzioni e, come emerge dall’intervista su Sky TG24, il regista americano ha avuto non poche difficoltà: “Sono stato criticato e deriso. Dopo il film mi hanno chiamato ‘teorico della cospirazione’, che è un termine inventato dalla CIA negli anni ’60 per affrontare questi problemi. Francamente, la CIA cospirava con molti soggetti nel mondo per rimuovere e cambiare governi, per uccidere persone: si chiamavano ‘Black operation’. Hanno provato in diversi Paesi e ha funzionato. Avrebbe potuto funzionare anche in America. Tutto parte da Cuba. Molti americani odiavano Kennedy accusandolo di averli abbandonati nell’isola dopo la rivoluzione castrista senza invaderla. Pensavano che sarebbe stato facile sconfiggere Fidel Castro. In realtà gli USA avrebbero incontrato una enorme resistenza a Cuba. I Kennedy si confrontavano con la realtà, i militari no. Avevano la reputazione di essere morbidi col comunismo. In Italia avevate lo stesso problema. Kennedy venne in Italia nel 1963, parlò con gente di sinistra, parlò tranquillamente con il leader comunista Togliatti e incontrò il leader socialista. Era interessato alle aperture a sinistra in America, in Europa, ovunque. Era un uomo di pace, ecco perché stato ucciso”.

È preoccupante che nessuno del governo americano abbia il coraggio di fare qualcosa – spiega il regista all’Adnkronosnon appena apri bocca, ti trattano come un pazzo: questa è una realtà che dura da 60 anni. La difesa americana è un muro di gomma, e non è possibile la verità senza un presidente molto coraggioso. Dopo il 1991 fu piuttosto difficile parlarne al Congresso poi finalmente furono costretti a passare la legge che ha permesso ulteriori indagini. Sono stati esaminati 60mila documenti, pubblicati ma non del tutto perché la Cia e i servizi segreti hanno distrutto due intere scatole contenenti il viaggio di Kennedy in Florida. Siamo ancora in attesa oggi che vengano pubblicati altri dati“. E se “Trump si lasciò convincere dalla CIA e dall’Fbi che non fosse il caso di pubblicarli, adesso abbiamo un altro presidente, irlandese e cattolico, quindi la speranza è che vengano desecretati“, ha aggiunto Stone.

Tra le molte cose che non tornano nelle dinamiche di indagine secondo il regista sono molte: “Tutto è stato sottoposto al controllo. L’autopsia si sarebbe dovuta svolgere a Dallas e così non è stato, hanno militarizzato tutto ed è stata fatta con equipe di medici militari non esperti“. L’autopsia del presidente USA, ha osserva Stone, è stata “disastrosa perché non ha coinciso con ciò che hanno visto i testimoni“. Infatti all’epoca, “non sapevano che la popolazione si sarebbe ribellata ad una narrazione senza verità“. Anche l’analisi dei colpi sparati dall’omicida desta molte perplessità: “Il desecretamento del materiale dell’autopsia ha dimostrato chiaramente che il medico responsabile ha detto che il primo colpo era frontale. Il dottor Perry, però, era terrorizzato e ha detto che la prima pallottola è passata per il collo anteriore”. Un altro colpo su cui ci sono dubbi “è il colpo alla schiena. Chiunque ne capisca qualcosa capisce subito che un solo colpo non sarebbe stato in grado di ottenere quell’effetto mortale”.

La first lady Jackie Kennedy, ricorda ancora Stone, continuò a indossare per ore il vestito che aveva al momento dell’attentato perché pensava fosse utile a far capire la geometria dei colpi sparati su cui, infatti, ci sono tuttora molti punti non chiari: “Subito dopo l’uccisione, Robert Kennedy chiamò la Cia dicendosiete stati voi a farlo?. In Usa tutti hanno paura dei media, eppure certe cose non si sono mai capite, forse perchè chi indaga è pigro, oppure complice, come io penso”. Nella miniserie l’attenzione dell’autore si concentra anche sulla formazione di Kennedy, sui suoi viaggi in Vietnam come senatore, sulle democrazie nascenti in Africa e sulle convinzioni anticoloniali che lo misero subito in contrasto con l’amministrazione Eisenhower, la Cia, e il Pentagono: “Non so immaginare che cosa sarebbe accaduto se Kennedy fosse rimasto in vita, so, però, che tutta Wall Street si basa sulle spese necessarie alla guerra, si continua a investire sugli armamenti, in realtà tutto il sistema somiglia a un cane impazzito che si morde la coda, non ne usciremo mai. E invece l’impero americano dovrebbe abituarsi a coesistere con la Russia, la Cina e l’Iran”.

L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy – scrive lo stesso Stone nelle note di produzione della pellicola – ha profondamente turbato la mia generazione e la nostra cultura. Penso che molti dei nostri problemi, la sfiducia nel governo, siano iniziati nel 1963. Da allora non abbiamo più creduto ai nostri leader. Gli americani sono diventati sempre più cinici. Non votano. I giovani non votano. Il Paese da allora ha conosciuto gli scontri razziali e una vera guerra civile“. Insomma Stone si è ancora una volta una volta distinto per le sue doti con una produzione che, oltre a dare un notevole contributo culturale, si differenzia dalle produzioni ufficiali dell’orwlliano Ministero della Verità.

Foto © Gage Skidmore

fonte: antimafiaduemila.com