Unire rifiuti urbani organici e fanghi biologici fa bene alla digestione anaerobica

Cnr: «Una minima aggiunta di fango biologico al food waste garantisce l’arricchimento della comunità microbica, stabilità ed ottime produzioni di metano»

Seppur lentamente la raccolta differenziata continua a crescere in Italia, e così la sua frazione più pesante, ovvero i rifiuti organici: lungo lo Stivale – in particolare al centro sud – non c’è ancora però una dotazione impiantistica adeguata a gestirli tramite le migliori tecnologie disponibili, come nel caso dei biodigestori anaerobici.

«Va rilevato – spiega nel merito l’Ispra nel suo ultimo report sui rifiuti urbani – che l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti».

Una situazione che i rifiuti organici comunemente differenziati nelle case dei cittadini condividono con un’altra frazione di rifiuti (stavolta speciali) di matrice biologica, ovvero in fanghi: la frazione di materia solida che rimane alla fine del processo di depurazione rappresenta ad oggi un’occasione sprecata per l’economia circolare, dato che l’Italia ha difficoltà a gestire almeno 1,9 milioni di tonnellate l’anno di fanghi di depurazione.

Grazie ai digestori anaerobici fanghi e rifiuti organici potrebbero però trovare una soluzione comune, e anzi vicendevolmente vantaggiosa, come mostra il nuovo studio Elucidating the key factors in semicontinuous anaerobic digestion of urban biowaste: The crucial role of sludge addition in process stability, microbial community enrichment and methane production, appena pubblicato sulla rivista scientifica Renewable energy da un gruppo multidisciplinare dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Cnr di Roma.

Oggetto dello studio, che riassume i risultati ottenuti negli ultimi anni con reattori in scala semi-pilota su rifiuti organici di cucine e mense, è «l’ottimizzazione del carico applicato al processo di conversione anaerobica di rifiuti organici per la produzione di energia rinnovabile».

«Nell’articolo – spiegano dal Cnr – si dimostra come l’attività dei metanogeni, microrganismi in grado di trasformare gli intermedi di reazione (acidi grassi ed idrogeno) in biometano, e la stabilità del processo siano fortemente compromesse anche a carichi di food waste molto bassi. Di contro, una minima aggiunta di fango biologico al food waste garantisce l’arricchimento della comunità microbica di specie come Methanospirillum e Candidatus Methanofastidiosum, in grado di consumare gli intermedi accumulati (in particolare idrogeno) consentendo di superare i limiti termodinamici e garantendo stabilità ed ottime produzioni di metano, anche a carichi elevati».

fonte: greenreport.it