Scarcerazione Brusca. Tescaroli: ”Liberazione è stimolo per altri boss a collaborare”

Il procuratore aggiunto di Firenze intervenuto in Rai al Tg2 Post: “Grazie ai collaboratori, successi importanti sulle stragi”

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“U verru”
, il killer spietato di Riina, l’ex boss di San Giuseppe Jato, è tornato ad essere un uomo libero. Lunedì pomeriggio scorso, Giovanni Brusca ha lasciato il carcere e da subito si sono levate moltissime voci di indignazione. La scarcerazione viene vista da molte vittime di mafia, ma anche da uomini appartenenti alle istituzioni, come “un pugno nello stomaco” o come dicono alcuni, “un tradimento all’Italia”.
Il boss è stato condannato a trent’anni di carcere, ridotti poi a 25 anni, grazie agli sconti previsti dalla legge. Brusca ha deciso di collaborare con la giustizia permettendo alla magistratura di far luce (seppur parzialmente) sull’organizzazione e l’esecuzione della strage di Capaci. Ma la sua scarcerazione, seppur prevista del nostro ordinamento, ha provocato in molti non poche perplessità.
E’ giusto che sia fuori? La Legge sui pentiti voluta da Falcone è giusta o va riformata, come già in molti hanno chiesto?
A queste domande hanno cercato di rispondere al Tg2 Post – Rai il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, lo stesso Luigi Li Gotti (avvocato di Giovanni Brusca), Tina Montinaro, vedova dell’agente di scorta di Falcone ucciso a Capaci Antonio Montinaro e il giornalista Francesco Vitale. “Non possiamo dimenticare un dato importate – ha detto il magistrato – che viene dato al mondo di Cosa Nostra e di altre organizzazioni criminali mafiose. Se anche un boss del peso di Giovanni Brusca può ottenere la libertà, questo rappresenta uno stimolo, per chi riveste posizioni apicali in seno alle organizzazioni, a collaborare” e questo da allo Stato di “avere la possibilità di usufruire di collaborazioni di peso qualitativamente importanti, le quali possono anche contribuire a fare un passo in avanti nella ricerca degli ulteriori responsabili delle stragi che oggi abbiamo ricordato”.
Certamente, come ha detto Tescaroli, “è comprensibile lo sgomento da parte delle vittime dei delitti atroci che sono stati commessi. Ma ritengo sia assolutamente indispensabile creare dei ‘ponti d’oro’ come la legislazione premiale del resto lo  applica  già con i collaboratori di giustizia” precisando che “è stata un’intuizione di Giovanni Falcone e noi “dobbiamo essere tutti consapevoli che i collaboratori di giustizia sono assolutamente fondamentali e irrinunciabili per il contrasto al crimine mafioso. E i molti numerosi successi ottenuti negli anni dopo le stragi sono avvenuti grazie al loro contributo, sia in termini di condanne definitive, sia in termini di arresti di latitanti, sia in termini di sequestri di esplosivi e di armi dotazione alla criminalità organizza”.


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Invece in merito ai boss che non si sono pentiti è stato fatto sentire in replica l’intervento del consigliere togato del CSM Nino Di Matteo, in cui ha spiegato quali sono i pericoli che causerebbero le scarcerazioni dei boss senza che abbiano iniziato una collaborazione con la giustizia.
In relazione alle, purtroppo, molte voci che affermano che non si sa assolutamente nulla della verità sulle stragi la posizione del procuratore fiorentino è chiara: “Si corre il rischio di lanciare un messaggio che non è proprio aderente alla realtà, perché ho sentito più volte dire che non si conosce la verità sulle stragi e sulla strage di Capaci. Bene, è importante sottolineare che per la strage di Capaci sono stati individuati, condannati e arrestati tutti i membri degli organismi di vertice di Cosa Nostra, i membri della commissione regionale, i membri della commissione provinciale. Coloro che hanno organizzato ed eseguito l’attentato con un carico di conoscenze sicuramente notevolissime. Sono state inflitte 37 condanne definitive con il primo maxi processo che si è celebrato in relazione alla strage di Capaci e se noi poniamo mente al nostro passato, dove le stragi rimanevano avvolte dal mistero, in questo caso abbiamo dei risultati straordinari. Molto sappiamo delle ragioni per le quali c’è stata la strage di Capaci e le altre stragi che si inseriscono nel periodo ’92 -’94. E questo bisogna tenerlo a mente. Tutti lo devono considerare. Perché è stato un grande risultato da parte dello Stato. Ed è stato possibile grazie ai collaboratori di giustizia”. E poi ancora, “in merito alla strage di Capaci, ci sono stati sei membri del commando operativo che hanno intrapreso una collaborazione con la giustizia, quindi non posso accettare che si dice che non si conosce nulla della strage. E’ vero che di quella strage e di un più ampio programma stragista ci sono elementi che necessitano di un approfondimento. Ma se noi vogliamo fare una metafora il bicchiere è quasi pieno”.
Durante la trasmissione è intervenuto anche il legale di Brusca, Luigi Li Gotti il quale, in merito alla scarcerazione del suo assistito ha detto che, “è fuori perché è stata applicata la legge. Ma non legge sui collaboratori. Quella prevista dal nostro codice. Brusca nel corso del tempo ha subito diverse condanne. Moltissime. La somma, così com’è provvisto dal nostro codice, non solo per i collaboratori, ma per qualunque condannato, è trent’anni. E li ha fatti tutti. In carcere ha avuto un suo percorso, ha chiesto anche perdono inginocchiandosi davanti alla sorella del giudice Borsellino”.





Il legale poi ha dato alcuni punti di riflessione in merito alla strage di Via D’Amelio. Brusca “ritiene che nella strage di Via D’Amelio, in cui lui non ha partecipato, ci possano essere altre cose (da chiarire n.d.r) ossia l’accelerazione improvvisa che ebbe quella organizzazione”. E Brusca in una conversazione ha ritenuto che ci siano “molti elementi da collegare all’intervista che Borsellino ha rilasciato ai giornalisti francesi e in cui si apriva un capitolo pesantissimo”. Quell’intervista faceva intendere “in che direzione si stesse muovendo Paolo Borsellino. Ed era un terreno insidiosissimo” in cui “si parlava di politica ed è molto probabile che Paolo Borsellino lì accelerò la sua morte”.
Sulla ricerca della verità sulle stragi la vedova dell’agente Montinaro ha fatto una domanda secca: “La lotta alla mafia la vogliamo fare o non la vogliamo fare? Su questo ci dobbiamo decidere” e che “fino a quando noi non sapremo la verità e quindi giustizia è chiaro che quel pugno nello stomaco non passerà mai”.
E poi ancora, noi “conosciamo gli esecutori delle stragi ma poi quando si va oltre nessun sa niente. Noi vogliamo la verità e allora forse si può parlare di pentimento e di mettere qualcuno fuori. Lo Stato oggi non sta dando un buon esempio”.
Infine il giornalista Francesco Vitale ha fatto delle dichiarazioni in merito alla scarcerazione di Brusca, affermando che “è stato un finale diciamo scritto come ha detto poco fa l’avvocato Li Gotti e come ha detto poco fa il dott. Tescaroli, è la legge che prevede la scarcerazione dopo aver scontato la pena. Per altro a Brusca non è stato concesso assolutamente nulla perché quando chiedeva gli arresti domiciliari non gli sono stati concessi, al contrario invece di altri collaboratori di giustizia” e poi ancora “Brusca non è il primo collaboratore di giustizia che lascia le patrie galere, sono in diversi ad averle lasciate.
E’ chiaro che dà fastidio a tutti il fatto che sia uscito ma questa è la legge e Brusca comunque è stato molto importante nelle indagini antimafia”
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In conclusione Vitale ha detto che “è chiaro che la legge voluta da Falcone ha funzionato perché se i collaboratori non avessero parlato noi ora non sapremmo nulla. Nemmeno della strage di Capaci. E di questo va tenuto conto”.


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Il giornalista, Francesco Vitale


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fonte: antimafiaduemila.com