Gli scienziati del Mit e di Harvard vogliono archiviare le nostre vite digitali come Dna

Si potranno archiviare tutti i dati del mondo in una tazza da caffe’

Si stima che nel nostro universo digitale ci siano 10-000 miliardi di gigabyte di dati e che ogni giorno aggiungiamo altri 2,5 milioni di gigabyte sotto forma di e-mail, foto, tweet e altri file digitali. Una cifra enorme che è destinata ad aumentare, una montagna sconfinata di dati che viene in gran parte archiviata in grandi centri di elaborazione dati in exabyte, i cui costi di costruzione e manutenzione ammontano a oltre 800 milioni di euro.

Ma alcuni scienziati sono convinti che per archiviare le grandi quantità di contenuti digitali esiste un’altra soluzione: il DNA. Come ricorda il bollettino scientifico dell’Ue Cordis, «Il DNA  contiene tutte le nostre informazioni genetiche e ne immagazzina immense quantità grazie alla sua alta densità di archiviazione. L’idea dell’archiviazione dei dati digitali su DNA non è nuova, poiché risale alla fine degli anni ’50, tuttavia, il suo uso pratico è stato fortemente limitato. Immaginiamo di archiviare tutte le nostre foto digitali, gli audio, i documenti e altri file come DNA in un unico posto. Per essere più precisi, una tazza da caffè piena di DNA potrebbe teoricamente archiviare tutti i dati della Terra».

Lo studio “Random access DNA memory using Boolean search in an archival file storage system”, pubblicato recentemente su Nature Materials da un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e dell’Harvard University, ha sviluppato una tecnica per etichettare e recuperare file che potrebbe contribuire a rendere possibile l’archiviazione dei dati su DNA. Uno degli autori dello studio, Mark Bathe, del Department of Biological Engineering del Mit e del Broad Institute  MIT – Harvard, sottolinea che «Abbiamo bisogno di nuove soluzioni per archiviare queste enormi quantità di dati che il mondo sta accumulando, in particolare i dati degli archivi. Il DNA è mille volte più denso persino della memoria flash, e un’altra proprietà interessante è che una volta prodotto, il polimero del DNA non consuma alcuna energia. E’ possibile scrivere sul DNA e quindi conservarlo per sempre».

George Church, professore di genetica all’Harvard Medical School, che non è stato coinvolto nello studio, ha definito la tecnica «un passo da gigante per la gestione della conoscenza e la tecnologia di ricerca. Il rapido progresso nella scrittura, nella copia, nella lettura e nella conservazione dei dati di archiviazione a ridotto consumo energetico in forma di DNA ha lasciato opportunità poco esplorate per il recupero preciso di file di dati da database enormi (10²¹ zettabyte). Il nuovo studio affronta in modo spettacolare tutto questo, utilizzando uno strato esterno di DNA completamente indipendente e sfruttando diverse proprietà del DNA (ibridazione piuttosto che sequenziamento), utilizzando inoltre strumenti e prodotti chimici esistenti».

La comunità scientifica aveva già dimostrato che è possibile codificare immagini e pagine di testo come DNA. Cordis spiega che «Questa nuova tecnica incapsula i file di DNA in particelle di silice cui viene applicato il “DNA barcoding”. Il team del MIT può estrarre con accuratezza singole immagini archiviate come sequenze DNA da una serie di 20 immagini. Questo nuovo metodo potrebbe estendersi fino a 10²⁰ file».

Rivoluzionare le modalità per memorizzare e archiviare i datiattraverso il DNA potrebbe sembrare una cosa fantascientifica, ma non è passato molto tempo da quando probabilmente pensavamo lo stesso dei dispositivi di archiviazione dei dati come le unità flash e i CD che ora sembrano preistoria digitale. L’utilizzo del DNA come archiviazione è molto sicuro e facile, ma ha un problema di costi: la sintesi e il sequenziamento hanno un prezzo molto alto. Scrivere 1 milione di gigabyte costa oltre 800 miliardi di euro. Il costo della sintesi di DNA dovrà diminuire di circa sei ordini di grandezza e ci si aspetta che accada nei prossimi 10 – 20 anni. Il principale autore dello studio, James Banal cdel MIT, conclude: «Se la sintesi di DNA diventasse abbastanza economica, saremmo in grado di massimizzare le dimensioni dei dati che possiamo archiviare per file con il nostro approccio».

fonte: greenreport.it