Di Matteo: ”Lotta alla mafia non è in cima all’agenda politica dei governi”

20210320 dimatteo tg2 post

Il Consigliere togato del Csm al Tg2 Post: “Impegno per sapere cosa c’è dietro le stragi”

“Purtroppo non sempre gli ultimi governi hanno messo in cima dell’agenda la lotta alla mafia. Come se si voglia contenere invece che affrontarla per debellarla. Dovremmo pensare a ideare una politica costante, che metta gli uomini giusti ai posti giusti per combattere questo fenomeno che può avere una fine”. E’ la dura analisi del consigliere togato del Csm Nino Di Matteo intervenuto ieri sera a Tg2 Post nel corso della puntata, “Per non dimenticare”, andata in onda alla vigilia della giornata in memoria delle vittime di mafia. Oltre al magistrato ospiti della conduttrice, Manuela Moreno, il giornalista Francesco Vitale. Ad intervallare gli interventi un’intervista a don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera e un’intervista a Tina Montinaro, la vedova di Antonio Montinaro, capo scorta di Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci.

Il valore della memoria
“La memoria è importantissima – ha detto Di Matteo – Il nostro Paese rischia di diventare un Paese senza memoria e pertanto senza futuro. Però la memoria non può essere solo sterile esercizio retorico, la memoria deve essere soprattutto consapevolezza e conoscenza. Conoscenza delle cause che hanno fatto sì che nel nostro Paese fosse accaduto ciò che non è accaduto in nessun’altra parte del mondo. Sono stati uccisi a centinaia esponenti delle istituzioni, magistrati, politici, sacerdoti, giornalisti. Dobbiamo cercare di avere la consapevolezza che questo è potuto accadere perché Cosa nostra in particolare ha avuto capacità di avere rapporti significativi con il potere politico, istituzionale, economico e finanziario. Memoria significa consapevolezza, significa cercare di continuare a impegnarsi per capire cosa c’è stato dietro le stragi e dietro a tanti delitti eccellenti e non. Con consapevolezza che lotta alla mafia è una lotta di libertà, di democrazia in difesa di tutti i cittadini e soprattutto dei più deboli”.

La sentenza Agostino
Nel corso della trasmissione, ovviamente, è stato dedicato un passaggio all’esito del processo che ha visto la condanna all’ergastolo del boss Nino Madonia, ed il rinvio a giudizio di Gaetano Scotto accusato del delitto, e Francesco Paolo Rizzuto (accusato di favoreggiamento aggravato) per la morte del poliziotto Antonino ucciso il 5 agosto 1989 all’ingresso dell’abitazione estiva della famiglia Agostino a Villagrazia di Carini (Palermo) insieme alla moglie Ida Castelluccio (incinta). “La sentenza di oggi è la dimostrazione che la verità può venire fuori anche a distanza di tanti anni dai fatti – ha ribadito Di Matteo – Basta continuare a cercarla. E’ importante la sentenza e sarà ancora più importante capire il movente di questo duplice omicidio ancora oggi oscuro. E sarà importante capire se, come noi avevamo ipotizzato all’inizio delle indagini, ci possono essere anche responsabilità di esponenti delle istituzioni che insieme agli uomini di Cosa nostra hanno ucciso quella giovane coppia di sposi”.

Come cambia la mafia
Nel corso della puntata è intervenuto anche don Ciotti che ha posto l’accento sul “mafia-virus” che “nel momento delle grandi tragedie le mafie ci sono sempre. C’è un dato della Banca d’Italia che è molto significativo: 120mila aziende in grave difficoltà di liquidità, e quindi il rischio di una liquidità sporca”. “Non basta commuoversi – ha aggiunto – ma anche muoversi e per farlo serve continuità. Non si uccide solo sparando alle persone, le mafie continuano a fare una marea di morti vivi. Gente minacciata. A tutto questo però non posso dimenticare che abbiamo avuto in questi anni una rivoluzione di donne, ad esempio, che stanno aprendo dei varchi all’interno delle organizzazioni mafiose, che dicono basta lottando per avere dei sistemi legislativi per poter tutelare loro e i loro bambini”.
Rispondendo alla domanda com’è cambiata la mafia e come è cambiato il modo di combatterla, Di Matteo ha ricordato come, soprattutto Cosa nostra, “ha sempre avuto una grande capacità: quella di sapere adattare alla propria pelle le proprie strategie ai momenti che vive il paese. Sa cambiare la propria pelle come un serpente e sa sfruttare i momenti. Questo è un momento pericoloso per la società e molto favorevole alle mafie che potrebbero sfruttare la difficoltà economica causata dall’emergenza pandemica”. “Dobbiamo sempre stare attenti al fatto che le mafie possono cambiare la loro strategia, non sono convinto che abbiano abbandonato per sempre le strategie delle bombe e dell’attacco violento alle istituzioni. In questo momento ritengono più conveniente cercare una strategia di sommersione per agire indisturbate. Lo Stato questo lo deve capire e deve dare il meglio di sé stesso per evitare che il Paese subisca, oltre i danni della pandemia, anche gli ulteriori danni a prepotenza mafiosa ad esempio sui commercianti, sugli imprenditori e su tutta la parte di Paese che sta vivendo una crisi economica molto rilevante”.

Il silenzio dei Governi
Di Matteo ha dunque ricordato come Cosa nostra sia “una cosa tremendamente seria che vive il rispetto delle regole, si adegua ma fondamentalmente rimane identica a sé stessa. Non tutti hanno compreso nel nostro paese che non è solo un fenomeno di macelleria criminale, o un fenomeno di killer, estorsori o trafficanti di stupefacenti ma è un fenomeno criminale che continua a riguardare parte significativa della classe dirigente del nostro paese”. Quindi ha denunciato l’immobilismo della politica di fronte alla lotta alla mafia: “Io vorrei che la politica se ne rendesse conto. Purtroppo non sempre, anche gli ultimi governi che si sono succeduti, hanno messo al primo posto della loro agenda la lotta alla mafia. In certi momenti sembra quasi che si voglia contenere il fenomeno mafioso piuttosto che affrontarlo decisamente per debellarlo definitivamente. Noi non dobbiamo solo contenere la mafia o accontentarci che la mafia spari di meno in questo momento rispetto a prima. Noi dovremmo ideare una politica costante e decisa che metta gli uomini giusti ai posti giusti per potere sconfiggere definitivamente questo fenomeno che, come diceva Giovanni Falcone, ha avuto un inizio e dovrà avere una fine. Ma per avere una fine dobbiamo tutti avere la consapevolezza che è una grave limitazione della libertà e della dignità dei nostri cittadini e dei principi costituzionali che sono sanciti nella nostra Carta Fondamentale”.

La questione Palamara
Nel corso della trasmissione una domanda è stata fatta anche sulle recenti rivelazioni dell’ex magistrato Luca Palamara che nel libro scritto con Alessandro Sallusti parla anche di Di Matteo, inquadrandolo come un magistrato fuori sistema. Ovviamente il consigliere togato non ha potuto rispondere in maniera completa. “Io sono al Csm ora e mi occupo di tante vicende che sono anche raccontate in quel libro e posso scendere nello specifico fino a un certo punto – ha ribadito – Credo che nel libro io venga citato come un soggetto completamente estraneo a quel sistema e quindi in qualche modo ostracizzato. Ma non è importante la mia persona. E’ importante un fatto: io penso sia positivo che finalmente alcune patologie del sistema siano venute fuori. Noi abbiamo il compito di non fare finta di nulla, di prendere provvedimenti necessari e di sconfiggere quelli che sono stati i mali che stanno incrinando le immagini della magistratura che secondo me sono il collateralismo con il potere, l’eccesso di correntismo e poi anche un carrierismo e una corsa sfrenata ad incarichi direttivi o semidirettivi”. “Benvengano le riforme in questa direzione – ha detto Di Matteo – ma accanto a chi vuole riformare per migliorare la situazione c’è anche chi vorrebbe ridimensionare il potere della magistratura e portarla a diventare un ordine servente e laterale rispetto ad altri poteri dello Stato e questo non lo possiamo consentire”. Di Matteo ha tenuto a ricordare che la magistratura, nel suo momento più difficile, non può essere ricordata solo per la vicenda Palamara, ma “è anche quella che ha subito 29 morti uccisi dal 1969 ad oggi, ma è quella che anche oggi nelle aule di giustizia di tutto il Paese rappresenta un argine per la difesa dei diritti, specie dei diritti dei più deboli. La magistratura è stata quella che si è caricata sulle spalle il peso più forte della lotta al terrorismo e della lotta alla mafia. E certe volte questo peso gli è stato scaricato con la delega assoluta da parte anche di altri poteri che avrebbero dovuto fare di più. Quindi non dobbiamo avere paura della vicenda che è venuta fuori, dobbiamo affrontarla, dobbiamo caricarci la responsabilità di non far finta di nulla, ma sapendo anche che la magistratura deve conservare la sua autonomia e indipendenza perché non è un privilegio della casta dei magistrati ma è una difesa della libertà di tutti i cittadini”.

La memoria da coltivare ogni giorno
In conclusione Di Matteo ha affermato che domani non parteciperà a particolari cerimonie: “Io credo che la memoria vada coltivata ogni giorno, ancora dopo quasi 30 anni di attività sono un appassionato che cerca di capire cosa c’è dietro a ognuno di quei morti e credo che questo valore della memoria debba essere trasmesso anche ai più giovani. I giovani devono sapere quello che è successo perché altrimenti possono non capire quello che sta accadendo intorno a loro, quindi benvenga questa giornata della memoria, ma la memoria va tramandata, va vissuta ogni giorno della nostra vita e soprattutto va trasmessa alle giovani generazioni perché saranno soltanto loro, se consapevoli e decisi, che potranno cambiare le cose in questo Paese”.

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fonte: antimafiaduemila.com