Accordo di Parigi sul clima: gli Usa sono tornati

Repubblicani contrari e all’attacco sull’ondata di gelo in Texas. Sierra Club: dobbiamo iniziare a pianificare l’inimmaginabile

di
Umberto Mazzantini

A 107 giorni da quando Donald Trump aveva portato gli Stati Uniti d’America “definitivamente” fuori dall’Accordo di Parigi, in seguito all’ordine esecutivo firmato da Joe Biden nel primo giorno dal nuovo presidente, gli Usa oggi rientrano ufficialmente nell’Accordo globale sul clima e si impegnano a far parte ancora una volta della soluzione climatica globale, non ad esserne il principale problema politico in cui li aveva trasformati l’Amministrazione negazionistica climatica di Trump.

Cosa rappresenti questo ritorno lo spiega bene Jake Schmidt, direttore strategico senior International Climate del Natural Resources Defense Council: «Rientrando nell’accordo di Parigi, il presidente Biden invia un segnale inequivocabile al mondo che gli Stati Uniti sono tornati, ma ora dobbiamo essere molto più audaci. La crisi climatica sta peggiorando. Abbiamo l’obbligo morale, in qualità di contributore principale al cambiamento climatico, di guidare la comunità delle nazioni nel ridurre le emissioni di gas serra più in profondità e più velocemente, proteggendo i diritti delle popolazioni indigene, proteggendo i più vulnerabili dai danni climatici e accelerando la transizione verso l’energia pulita. Solo portando il mondo verso un futuro più pulito, più sicuro, più giusto ed equo, a partire da ora, la vera promessa di Parigi sarà realizzata, per tutti».

E Biden ne sembra consapevole: come ha detto nel suo discorso inaugurale: «Un grido di sopravvivenza viene dal pianeta stesso. Un grido che ora non può essere più disperato o più chiaro».

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha detto che  il rientro ufficiale degli Usa nell’Accordo di Parigi «E’ di per sé molto importante», così come l’annuncio di Biden che gli Usa torneranno a fornire aiuti climatici alle nazioni più povere, come promesso nel 2009 e come Trump aveva ignorato.

Secondo l’ex segretaria esecutiva dell’ United Nations framework convention on climate change (Unfccc) la cosa importante è il messaggio politico che viene inviato: «Una delle paure era che altre nazioni avrebbero seguito l’America nell’abbandonare la lotta per il clima, ma nessuna l’ha fatto. Il vero problema sono stati 4 anni di inazione climatica da parte dell’amministrazione Trump. Le città, gli Stati e le aziende americane lavoravano ancora per ridurre l’anidride carbonica che intrappola il calore, ma senza il governo federale. Dal punto di vista del simbolismo politico, che si tratti di 100 giorni o 4 anni, è fondamentalmente la stessa cosa. Non si tratta di quanti giorni. È il simbolismo politico che la più grande economia rifiuta di vedere l’opportunità di affrontare il cambiamento climatico. Abbiamo perso troppo tempo».

La direttrice dell’United Nation environmente programme (Unep), Inger Andersen, ha detto che gli Usa devono dimostrare la sua leadership al resto del mondo, ma ha aggiunto: «Non ho dubbi che lo farà quando presenterà i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni richiesti». Biden ha già annunciato che lo farà prima dell’Earth Day summit ad aprile.

Ma il ritorno degli Usa nell’Accordo di Parigi è stato criticato dai repubblicani, che non riescono ad affrancarsi dal negazionismo climatico trumpiano. Il leader repubblicano della commissione energia del Senato,   John Barrasso, ha twittato: «Il ritorno nell’Accordo sul clima di Parigi aumenterà i costi energetici degli americani e non risolverà il cambiamento climatico. L’amministrazione Biden fisserà obiettivi impraticabili per gli Stati Uniti, mentre Cina e Russia possono continuare con il business as usual». Uno stravolgimento completo della realtà, visti gli impegni già presi da Bruxelles e Pechino per tagliare le emissioni di CO2 e per aumentare le energie rinnovabili.

Un eminente scienziato Zeke Hausfather, direttore energia e clima del Breakthrough Institute,  non la pensa assolutamente come Barrasso e ha detto all’Associated Press: «Gli Stati Uniti che aderiscono nuovamente all’accordo di Parigi e presentano a un obiettivo ambizioso per la riduzione delle emissioni renderebbero molto più probabile la limitazione del riscaldamento globale ben al di sotto di 2 gradi, non solo a 2 gradi ma inferiore a 2 gradi».

Ma i repubblicani non mollano e approfittano delle temperature rigide che stanno colpendo il Texas per dire che il riscaldamento globale non esiste e che  la colpa è delle energie rinnovabili, I senatori repubblicani Ted “Cancun” Cruz e John Cornyn, il deputato Dan Crenshaw e il governatore del Texas Greg Abbott hanno diffuso informazioni volutamente sbagliate sul ruolo dell’energia eolica nei blackout del Texas. Una cosa un po’ sospetta visto che, come denuncia Greenpeace Usa, «Hanno ricevuto costantemente donazioni politiche dall’ oil and gas, comprese quelle da più di 30 compagnie petrolifere e del gas solo nel 2019.

Secondo Ashley Thomson, climate campaigner  di Greenpeace Usa, gli attacchi e le fake news diffuse dai repubblicani sono frutto della loro disperazione: «Molte persone in tutto il Paese si stanno rendendo conto per la prima volta che i combustibili fossili non solo inquinano, ma sono instabili. In questo momento milioni di texani sono delusi da carbone, petrolio e gas. La nostra più grande preoccupazione è per le comunità che devono affrontare temperature rigide record, interruzioni di corrente e incertezza. Il negazionismo climatico non è un crimine senza vittime e si stanno già perdendo vite a causa del rifiuto dei politici del Texas di riconoscere e prepararsi per la realtà della crisi climatica. Tutti coloro che sono stati colpiti devono essere aiutati a riprendersi e ricostruire e a fare tutto il possibile per lottare per un sistema energetico più resiliente e veramente sostenibile. In Texas e in tutto il Paese, ci meritiamo un mondo che vada oltre i combustibili fossili. Solo un investimento in stile Green New Deal nel nostro futuro condiviso può portarci lì. E’ tempo di riparare fondamentalmente la rete in modo che possa affrontare gli impatti attuali e crescenti della crisi climatica. E’ tempo di investire a livello nazionale in posti di lavoro nel settore dell’energia pulita, posti di lavoro per il clima e soluzioni per il clima, mettendo milioni di persone al lavoro mentre costruiamo l’infrastruttura di energia rinnovabile del futuro. E’ ora di crescere».

Mary Anne Hitt, direttrice nazionale delle campagne di Sierra Club, ha sottolineato che  «Queste tempeste invernali senza precedenti stanno lasciando milioni di persone bloccate a casa senza elettricità, riscaldamento o acqua. La sicurezza di queste comunità deve essere la nostra prima priorità, mentre guardiamo avanti anche al prossimo disastro che si profila all’orizzonte. La crisi climatica richiede che si inizi a pianificare l’inimmaginabile, dall’aumento delle temperature come quelle vissute dai californiani nel 2020, al freddo pungente che ha causato la perdita di energia per milioni di texani. Rimaniamo concentrati sul sostegno alle comunità più colpite da questa tempesta. Mentre l’industria dei combustibili fossili e i suoi sostenitori si sono affrettati a incolpare erroneamente di questi blackout l’energia pulita, i fatti sul territorio sono chiari: gran parte di questo fallimento si trova nelle centrali a gas e carbone che non potevano funzionare al freddo e in una vecchia rete elettrica che non è abbastanza robusta per un clima che cambia».

Rispondendo indirettamente agli attacchi dei negazionisti climatici repubblicani, la Hitt ha concluso: «Quando emergiamo alla ricerca di una strada da percorrere, semplicemente non possiamo fare affidamento sul pensiero obsoleto che ha portato a una rete dominata da centrali a carbone e gas che emettono l’inquinamento climatico che peggiora il problema: una rete che non è stata costruita per un clima con condizioni meteorologiche estreme. In questa generazione, abbiamo l’opportunità unica di costruire una rete energetica che si basi su soluzioni innovative, una migliore pianificazione, produzione di energia comunitaria e sistemi più resilienti in grado di resistere agli estremi del cambiamento climatico. All’indomani di queste orrende tempeste, per andare avanti, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di mantenere le persone al sicuro, rendere le loro case e le loro comunità più resilienti e ridurre drasticamente il devastante inquinamento climatico causato dai combustibili fossili. In caso contrario, dovremo affrontare solo circostanze più estreme che metteranno a rischio milioni di vite».

fonte: greenreport.it