Rapporto nazionale pesticidi nelle acque: trovate 299 sostanze inquinanti, gli insetticidi quelle più diffuse

Superati i limiti per glifosato e fungicidi nelle acque superficiali

Il “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” pubblicato dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa)  si basa su  Indagini che hanno riguardato 4.775 punti di campionamento e 16.962 campioni e rivela che «Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 77,3% dei 1.980 punti di monitoraggio, in quelle sotterranee nel 32,2% dei 2.795 punti. Le concentrazioni misurate sono in genere frazioni di µg/L (parti per miliardo), ma gli effetti nocivi delle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse. Sono state cercate complessivamente 426 sostanze e ne sono state trovate 299. Gli insetticidi sono la classe di sostanze più rinvenute, a differenza del passato, quando erano gli erbicidi».

L’Ispra sottolinea che le informazioni su cui è costruito il rapporto «provengono da indagini svolte a livello regionale, che scontano importanti disomogeneità e non consentono agevolmente un confronto diretto tra diverse aree territoriali. Differenze significative, infatti, ci sono nella densità della rete di monitoraggio, nelle prestazioni dei laboratori che operano spesso con diverse capacità di analisi; il numero delle sostanze cercate, infine, varia sensibilmente da regione a regione. Occorre quindi tener conto di questi fattori e distinguere tra l’elevata qualità di indagine – che porta e numerosi rilevamenti, anche se talvolta a livelli di concentrazione molto bassi – rispetto ad una inferiore che non rileva la presenza dell’inquinante a concentrazioni anche significative con migliore capacità di analisi».

Come già in passato, alcuni livelli di contaminazione risultano più diffusi nella pianura padano-veneta e all’Ispra spiegano che «Questo dipende, oltre che dalle intense attività in agricoltura e dalla particolare situazione idrologica dell’area, anche dal fatto che le indagini sono generalmente più efficaci nelle regioni del nord».

Questa edizione del Rapporto  presenta i dati di tutte le Regioni e  «Anche in zone dove prima non evidenziata, emerge ora una significativa presenza di pesticidi nelle acque».

Ecco altri dati  emersi: «Nelle acque superficiali, 415 punti di monitoraggio (21% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono gli erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA, il metolaclor e i fungicidi dimetomorf e azossistrobina; nelle acque sotterranee, 146 punti (il 5,2% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti. Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: gli erbicidi glifosate e AMPA, il bentazone e i metaboliti atrazina desetil desisopropil e i fungicidi triadimenol, oxadixil e metalaxil».

In Italia, nel 2018 le vendite di prodotti fitosanitari sono state pari 114.396 tonnellate, ma l’Ispra fa notare che «Dal 2009 al 2018 si è verificata una sensibile diminuzione delle quantità messe in commercio, indice di un minore impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica».

Ma emerge un dato sconcertante: «Nello stesso periodo c’è stato, apparentemente in controtendenza, un aumento della diffusione territoriale della contaminazione che interessa quasi tutte le regioni, soprattutto dovuto alla maggiore copertura ed efficacia dei monitoraggi. Nelle acque superficiali la percentuale di punti con presenza di pesticidi è aumentata di circa il 25%, in quelle sotterranee di circa il 15%».

L’Ispra conclude sottolineando un altro problema: «I dati evidenziano come in passato la presenza di miscele nelle acque; con un numero medio di 4 sostanze e un massimo di 56 sostanze in un singolo campione. Si deve quindi tenere conto che l’uomo, come altri organismi, sono spesso esposti a miscele di sostanze chimiche di cui non si conosce la composizione e, quindi, non si può valutarne il rischio».

fonte: greenreport.it