GreenItaly 2020, le imprese verdi (e digitali) sono più resilienti alla crisi da Covid-19

La crisi si è fatta sentire ma in misura più contenuta: le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 hanno visto quest’anno un incremento di fatturato nel 20% dei casi

L’economia verde e quella digitale rappresentano un’accoppiata vincente anche ai tempi del Covid-19, come mostra l’undicesimo rapporto GreenItaly 2020 – realizzato come da tradizione da Symbola e Unioncamere. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto infatti un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green. Tutto questo nonostante lo shock della pandemia, a cui – si legge nel rapporto – in ogni caso hanno reagito meglio proprio le imprese più votate alla green economy.

Ciò non significa – come viene chiarito nel report – che “la crisi non si sia fatta sentire, ma comunque in misura più contenuta: la quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15% è dell’8,2%, mentre è stata quasi il doppio (14,5%) tra le imprese non eco-investitrici”.

Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali (assume il 9% delle green contro 7% delle altre) e di export (aumenta per il 16% contro il 12%). Questo anche perché le aziende eco-investitrici innovano di più (73% contro 46%), investono maggiormente in R&S (33% contro 12%) e utilizzano o hanno in programma di utilizzare in misura maggiore tecnologie 4.0. Nonostante l’incertezza del quadro futuro, le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale (24%) conferma ecoinvestimenti per il periodo 2021-2023.

«C’è un’Italia pronta al Recovery Fund e la green economy è la migliore risposta alla crisi che stiamo attraversando – afferma il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – infatti nel Rapporto GreenItaly si coglie una accelerazione verso il green del sistema imprenditoriale italiano. Un’Italia che fa l’Italia ed è la sperimentazione in campo aperto di un paradigma produttivo fatto di cura e valorizzazione dell’ambiente, dei territori e delle comunità, che ci può aiutare ad uscire dalla crisi migliori di come ci siamo entrati. Che può contribuire a superare i mali antichi del Paese: non solo il debito pubblico ma le diseguaglianze, l’illegalità e l’economia in nero, una burocrazia spesso inefficiente e soffocante. Un paradigma che ci può portare, come recita il Manifesto di Assisi, senza lasciare indietro nessuno e senza lasciare solo nessuno, verso una nuova economia più a misura d’uomo, per questo più resiliente e competitiva, che può diventare la missione del Paese. Possiamo farlo se mettiamo in campo i nostri migliori talenti, li incoraggiamo e sosteniamo, puntiamo su di loro. Il Recovery Fund e il Green Deal sono l’occasione per farlo. Una occasione che non possiamo perdere senza compromettere il nostro futuro: è nella crisi – ha scritto Albert Einstein – che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze».

«Dal Rapporto – aggiunge il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli – emergono quattro punti fondamentali: 1. La transizione verde è un percorso su cui le imprese italiane si sono già avviate: un quarto di esse, malgrado le avversità di questo periodo, intende investire nella sostenibilità anche nel prossimo triennio. 2. Le imprese della greeneconomy sono più resilienti: nel 2020, hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre, sono ottimiste più delle altre e ritengono di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi. 3. Le imprese green innovano di più, investono maggiormente in R&S, utilizzano di più le tecnologie 4.0 e privilegiano le competenze 4.0. 4. Le imprese giovanili guardano di più al green: il 47% delle imprese di under 35 ha investito nella greeneconomy nel passato triennio contro il 23% delle altre imprese».

Molte delle imprese italiane nonostante la crisi prodotta dal Covid-19 «non hanno rinunciato a innovare e scommettere sulla sostenibilità ambientale, anzi, alcune hanno deciso di alzare la posta per essere ancora più competitive e resilienti. Il lavoro di queste imprese spinge il Paese verso le frontiere avanzate della sostenibilità».

Ma serve l’aiuto dell’Ue, ed è stato ricordato come vada proprio in questa direzione anche il progetto della presidente della Commissione Ursula von derLeyen, che è quello «di dare vita ad una nuova Bauhaus europea per affrontare la crisi climatica. Un progetto su cui l’Italia, col suo primato nel design, ha molto da dire». Insomma, come un’araba fenicia, dobbiamo rinascere dalla cenere, che è la crisi in corso e che «può essere di buon auspicio perché a quel piano oggi colleghiamo l’orgoglio di aver saputo mostrare al mondo di che pasta siamo fatti, quali sono i nostri punti di forza».

Ovvero l’esercito verde delle oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni (2015-2019) in prodotti e tecnologie green. In pratica quasi una su tre: il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Valore in crescita rispetto al quinquennio precedente, quando erano state 345 mila (il 24% del totale). Nel manifatturiero sono più di una su tre (35,8%). Il 2019 ha fatto registrare un picco con quasi 300 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza (il dato più alto registrato da quando Symbola e Unioncamere hanno iniziato a misurare gli investimenti per la sostenibilità).

In questi investimenti fanno la parte del leone l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti, seguono la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.

Per quanto riguarda il livello regionale, è la Lombardia che ha investito più di tutti con Milano sul gradino più alto delle province per valore assoluto delle imprese che hanno effettuato eco-investimenti negli ultimi 5 anni (2015-2019). Sesta la Toscana, con la provincia di Firenze all’11 posto.

I tempi sarebbero dunque già assolutamente maturi perché ogni scelta che fa un’azienda venga condotta con il criterio direttore della sostenibilità, che come si vede fa rima anche con crescita e pure con resilienza. Nel frattempo va un plauso a quelli che si sono già portati avanti, come dimostrano i numeri di GreenItaly: si può far forte adesso di un vantaggio competitivo sulla concorrenza.

fonte: greenreport.it