Il ruolo del capitale naturale in Italia, tra Covid-19 e ripresa economica

Il ministero dell’Ambiente spiega perché la biodiversità è uno strumento fondamentale per la salute umana e lo sviluppo sostenibile

di
Luca Aterini

In occasione della Giornata mondiale della biodiversità il ministero dell’Ambiente ha ospitato (online) il talk La biodiversità e il capitale naturale dell’Italia, che ha fatto il punto sulla realtà messa dolorosamente in luce dalla pandemia in corso: «La riduzione di biodiversità danneggia la resilienza dei sistemi naturali e favorisce la trasmissione di patogeni da animali ad esseri umani (zoonosi)», come nel caso di Covid-19, e in particolare «molti dati scientifici sostengono che l’emergere ed il riemergere delle malattie zoonotiche siano collegate alla convivenza innaturale fra animali selvatici e uomo, nonché alle alterazioni degli ecosistemi e alla sottrazione di habitat naturali alle specie selvatiche».

Ecco dunque che «l’approccio “One Health”, che promuove lo studio collaborativo, multisettoriale e inter-disciplinare delle interconnessioni tra persone, animali, piante ed il loro ambiente condiviso, è cruciale per raggiungere livelli ottimali di salute e benessere».

Non c’è salute dunque umana in un pianeta malato, come hanno spiegato i referenti delle associazioni ambientaliste in seno al Comitato per il capitale naturale del ministero –  Gianfranco Bologna (Wwf), Giorgio Zampetti (Legambiente) e Danilo Selvaggi (Lipu) – illustrando i contenuti dello statement appena riportati.

Il documento, dal titolo Il capitale naturale al tempo del Covid-19, del Green new deal e della ripresa economica si muove in sintonia con la posizione ormai ufficializzata anche dall’Onu: «Attraverso Covid-19 il pianeta ci ha dato l’avvertimento più forte per dirci che l’umanità deve cambiare – osserva la direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen – Il lockdown è una risposta a breve termine a questo avvertimento, non può durare. Le economie che lavorano con la natura sono fondamentali per garantire la prosperità delle nazioni del mondo». Un avvertimento che anche l’Italia finora non ha ascoltato, nonostante il lavoro messo in campo dal Comitato per il capitale naturale, che finora ha redatto 3 rapporti sul tema.

«Riteniamo un imperativo categorico fare il possibile affinché si inverta l’attuale curva della perdita della biodiversità in tutto il mondo e questo breve statement – dichiarano dal Comitato – costituisce un appello perché tutti possano contribuire ad ottenere questo risultato. La diversità della vita sulla terra è la base fondamentale della nostra ricchezza, del nostro benessere e del nostro sviluppo. Noi siamo natura, deriviamo dall’evoluzione della vita su questo pianeta e non possiamo respirare, bere e nutrirci senza la disponibilità di sistemi naturali sani, vitali e resilienti».

La perdita della ricchezza della vita sulla terra ha oggi raggiunto livelli mai visti nella storia umana: è in corso la sesta estinzione di massa, causata da una sola specie – la nostra – che ne sta portando all’estinzione 1 milione. Il progressivo anticipo dell’Overshooting day (il giorno dell’anno in cui le risorse consumate superano la capacità annuale della natura di produrle/rigenerarle), che quest’anno è caduto per l’Italia il 14 maggio, mostra quanto ancora dobbiamo migliorare.

Le raccomandazioni del Comitato per progredire non mancano, e al primo punto c’è la necessità di studiare forme di fiscalità orientata alla protezione del capitale naturale, ovvero l’insieme di quegli elementi naturali (organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche) che forniscono beni e servizi all’essere umano e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati. Al contrario «nel nostro Paese – documentano dal Comitato – le imposte ambientali si limitano a colpire gli usi energetici e i trasporti e solo una esigua parte del gettito è reinvestita in azioni di protezione ambientale».

Più nel dettaglio, l’insieme dei rapporti finora prodotti dal Comitato mostra che per sostenere la nostra economia consumiamo 8,7 tonnellate di risorse naturali l’anno a testa, e che per ottenere mille euro di Pil servono 0,31 tonnellate di queste risorse. E che nonostante la natura italiana ci regali ogni anno 338 miliardi di euro in servizi ecosistemici – acqua e aria pulite, cibo, fibre tessili, etc, senza dimenticare quelli di altri Paesi sui quali graviamo –  nel nostro sistema fiscale sono in vigore ben 37 sussidi che danneggiano la biodiversità. Al contempo le risorse destinate dallo Stato alla spesa primaria per la protezione dell’ambiente e per l’uso e la gestione delle risorse naturali ammontano allo 0,7% della spesa primaria complessiva del bilancio dello Stato, mentre solo l’1% del gettito delle imposte ambientali è soggetto ad un vincolo di destinazione riguardante il finanziamento delle spese per la protezione dell’ambiente, e in meno dell’1% si parla di imposte su specifici inquinanti o risorse naturali.

fonte: greenreport.it