Il piano della Russia per «sfruttare i vantaggi» del cambiamento climatico

La Russia in bilico tra il negazionismo climatico di Putin e la consapevolezza che il riscaldamento globale sta cambiando il Paese e l’economia molto velocemente

La Russia ha pubblicato un piano per adattare la sua economia e la sua popolazione ai cambiamenti climatici, sperando di mitigare i danni ma soprattutto cercando di «sfruttare i vantaggi» derivanti dalle temperature sempre più calde nel più grande Paese del mondo.

Si tratta di un documento di 17 pagine, pubblicato il 4 gennaio sul sito web del governo russo, che delinea un piano d’azione e riconosce che i cambiamenti climatici «stanno avendo un effetto rilevante e crescente sulla vita delle persone, sulla salute, sull’industria e sullo sviluppo socioeconomico», anche se il Cremlino continui a negare che il riscaldamento globale sia un fenomeno di origine antropica.

Come spiega Charles Digges, dell’ONG ambientalista/cientifica bellona che ha analizzato il piano climatico russo, «Le temperature della Russia stanno aumentando di 2,5 volte più velocemente rispetto al resto del mondo e il Paese sta producendo più carbone, petrolio e gas – i tre combustibili fossili che sono responsabili della maggior parte dell’anidride carbonica gassosa che riscalda il pianeta – che mai». Intanto, durante un dicembre 2019 molto più caldo della media, l’amministrazione cittadina di Mosca ha trasportato la neve in città per ricostruire un’atmosfera invernale durante il periodo natalizio.

La prima fase del piano del nuovo documento afferma che «il governo riconosce ufficialmente che il cambiamento climatico è un problema», anche se, durante la sua conferenza stampa di fine anno del 19 dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha detto più volte che «Nessuno conosce la causa del riscaldamento globale» e ha sostenuto che il cambiamento climatico potrebbe dipendere da fenomeni cosmologici.

Comunque, il nuovo piano elenca misure di prevenzione come la costruzione di dighe e il passaggio a coltivazioni più resistenti alla siccità e invita a prendere misure per prepararsi alla crisi climatica, come il reinsediamento temporaneo e le evacuazioni di intere comunità e le vaccinazioni di emergenza contro le malattie destinate ad aumentare. Un programma biennale copre la prima fase dell’adattamento della Russia ai cambiamenti climatici fino al 2022, con l’obiettivo di «ridurre le perdite» da riscaldamento globale.

Digges evidenzia che il piano prosegue affermando che «I cambiamenti climatici rappresentano un rischio per la salute pubblica della Russia, mettono in pericolo il permafrost e aumentano la probabilità di malattie infettive e catastrofi naturali che potrebbero allontanare numerose specie dai loro habitat tradizionali. La Russia vedrà probabilmente siccità più lunghe e frequenti, precipitazioni estreme e inondazioni e un aumento del rischio di incendi».

Ma il documento non presenta solo cattive notizie, anzi, esalta possibili «effetti positivi» del cambiamento climatico: riduzione del consumo di energia nelle regioni più fredde, riduzione dei livelli di ghiaccio, che favorirà una maggiore opportunità di navigazione nell’Oceano Artico e l’ampliamento delle zone agricole.

Il piano elenca 30 misure economiche e sociali che il governo russo prenderà per ridurre al minimo la vulnerabilità del Paese ai cambiamenti climatici e che comprendono il calcolo del rischio che i prodotti russi possano diventare meno competitivi in ​​quanto i mercati mondiali favoriscono nuovi standard climatici, oltre a stampare nuovi materiali educativi per insegnare i cambiamenti climatici come materia scolastica.

Il documento dà indicazioni alle agenzie governative di «sviluppare piani di adattamento specifici per settore entro il 30 settembre 2021, compresi i piani per l’edilizia abitativa, i trasporti e l’energia».

La Russia, che ha infrastrutture del valore di miliardi di dollari costruite sul permafrost artico che si sta sciogliendo, è molto vulnerabile ai cambiamenti climatici, e negli ultimi anni ha subito inondazioni disastrose e enormi incendi, come quelli che hanno devastato vaste aree della Siberia nel 2019 che, secondo il servizio meteorologico federale russo, è stato l’anno più caldo mai registrato nel Paese.

Ma la Russia ha adottato formalmente solo nel settembre 2019 l’accordo sul clima di Parigi del 2015 e, anche se ha criticato l’amministrazione di Donald Trump peraver ritirato gli Usa dall’Accordo climatico e se la Russia ha anche visto una serie di iniziative regionali per la costruzione di impianti eolici e solari, nonché per rafforzare le infrastrutture per le auto elettriche, alla 25esima Conferenza delle parti Unfccc di Madrid la Russia è stata tra i Paesi che ne hanno determinato il fallimento, appoggiando – palesemente o dietro le quinte – le posizioni di Usa, Arabia Saudita, Australia e Brasile.

Come ricorda Digges, «Il presidente Putin è notoriamente ostile alla nozione di cambiamento climatico causato dall’uomo. In un forum sull’Artico nel 2017, ha affermato che il riscaldamento globale è stato “un fattore che rafforza l’ottimismo”, aggiungendo che “fornisce condizioni più favorevoli all’attività economica in questa regione”. Una volta ha persino scherzato sul fatto che i cambiamenti climatici avrebbero consentito ai russi di risparmiare denaro per le pellicce».

E le previsioni di Putin sul riscaldamento globale sono diventate per la Russia una specie di scommessa economica sul futuro, anche perché il rapido ritiro del ghiaccio marino artico ha aperto la rotta del Mare del Nord, in acque un tempo impraticabili. e il governo russo ha stanziato circa 11 miliardi di dollari nei prossimi sei 6 per sviluppare questa nuova grande arteria marittima che collegherebbe più rapidamente l’Europa alla Cina e il petrolio e il gas russo alle potenze economiche asiatiche.

Inoltre, mentre il permafrost e il ghiaccio costiero si sciolgono, per l’industria petrolifera e mineraria russa – che è il pilastro sul quale si sostiene lo Stato-mercato russo – diventa più facile accedere a giacimenti minerari e a enormi risorse di combustibili fossili, e la Russia nazionalista di Putin sta arruolando partner asiatici – in particolare Cina e Corea del Sud. Ma anche il Giappone – per estrarre queste risorse e poi trasportarle via mare scortate della sua flotta di rompighiaccio nucleari in crescita. Non a caso Putin ha affidato alla società nucleare statale russa Rosatom il compito di sorvegliare lo sviluppo di questa vasta nuova infrastruttura e di riscuotere i pedaggi da chi la utilizza. In un recente discorso, il presidente russo ha affermato che «un decimo degli attuali investimenti di Mosca è nell’Artico».

Intanto in Russia la vita per gli ambientalisti che denunciano gli effetti nefasti del cambiamento climatico è sempre più difficile: «Lavorano in un clima di sospetto ufficiale – conclude Digges – e le loro organizzazioni sono spesso prese di mira dalle autorità e bollate come “agenti stranieri”».

fonte: greenreport.it