L’Istituto superiore di sanità sta studiando gli impatti dei cambiamenti climatici sulla salute

«Secondo le stime della Who i cambiamenti climatici causeranno in tutto il mondo ulteriori 250.000 morti all’anno tra il 2030 e il 2050»

I cambiamenti climatici in corso, con il ruolo determinante delle emissioni antropiche, costituiscono un problema sempre più grave per la salute del nostro pianeta, ma soprattutto per la nostra. Tanto che l’Istituto superiore di sanità (Iss) italiano – ovvero l’organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale – sta dedicando un’attenzione crescente al tema: un anno fa si è tenuto a Roma il primo simposio internazionale Health and Climate Change, che ha chiamato a raccolta oltre 500 ricercatori provenienti da più di 30 Paesi, e adesso l’Iss ha invece pubblicato il rapporto Cambiamenti ambientali globali e salute per approfondire la tematica.

«Secondo le stime della Who (ovvero l’Organizzazione mondiale della sanità, ndr) i cambiamenti climatici causeranno in tutto il mondo ulteriori 250.000 morti all’anno tra il 2030 e il 2050 – spiega Walter Ricciardi, già presidente dell’Iss – In questo contesto è importante riconoscere ed evidenziare i segnali che il nostro pianeta ci sta inviando, in particolare ai nostri ecosistemi che sono strettamente connessi con il benessere e lo stato di salute delle popolazioni».

Come riassumono dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) le conseguenze dei cambiamenti climatici sul benessere umano sono più gravi nei centri urbani, dove vive la maggior parte della popolazione, e colpiscono soprattutto le fasce più deboli, quelle più povere, gli anziani soli, gli immigrati, le persone con condizioni abitative precarie e malati cronici. Si tratta di effetti sanitari diretti (con patologie prevalentemente legate all’alterazione omeostatica e della fisiopatologia, a causa del cambiamento nella frequenza di condizioni meteorologiche ed eventi estremi) o indiretti: che siano determinati dal cambiamento dell’ecosistema e quindi dalla presenza di patologie prevalentemente infettive, oppure determinati da alterazioni ecologiche, con impatti sull’ambiente con concentrazioni di sostanze chimiche e pesticidi, deterioramento della qualità dell’aria e alterazione della qualità del microclima domestico e di lavoro.

Il rapporto dell’Iss evidenzia come gli ecosistemi possono essere considerati uno strumento di studio, della salute ambientale e umana, e che al contempo il loro ripristino «potrebbe rimuovere fino a 26 gigatoni di gas serra dall’atmosfera», oltre ad aiutare a migliorare la resilienza delle popolazioni locali contro il disastro climatico: «La protezione e il ripristino degli ecosistemi può aiutare a mitigare la sesta estinzione di massa, migliorando nel contempo la capacità di resilienza delle popolazioni locali contro il disastro climatico. La difesa del mondo vivente e la difesa del clima sono, in molti casi, la stessa cosa. Questo approccio – conclude però con un avvertimento il rapporto – non deve essere utilizzato come sostituto delle politiche per la decarbonizzazione».

fonte: greenreport.it