Roger Waters in Uruguay, l’attivista pro Palestina, esempio di coscienza

“La democrazia in Israele è una merda”. “Bisogna fermare il fascismo e organizzarsi”
di Jean Georges Almendras

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Voltando le spalle all’ipocrisia della società uruguaiana (e affrontandola allo stesso tempo, perché buona parte della stessa non condivide le sue idee né ovviamente la comunità ebrea e i loro e affini), Roger Waters ha parlato senza peli nella lingua nella sede centrale dei lavoratori uruguaiani PIT CNT, della città di Montevideo. Ha parlato dalla sua posizione di attivista a favore della causa palestinese e dei diritti umani nel mondo, e non dalla sua posizione privilegiata di mitico musicista fondatore del gruppo rock dei Pink Floyd. Ha parlato a testa alta e guardando tutti i presenti con i suoi occhi celesti, ringraziandoli per la loro presenza, con la mano sul cuore e con la sua vibrazione di uomo rivoluzionario. Un vero ‘militante’ per i diritti umani a livello mondiale che poco prima di concludere non ha potuto evitare di dire: “Questa riunione a Montevideo ha rischiato di non farsi. L’incontro doveva svolgersi in un teatro più grande (alludendo al teatro El Galpón) ma c’era un’atmosfera di paura al riguardo, che non si potesse parlare del BDS (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, ndr). Io non sono uruguaiano, non vivo a Montevideo, non posso saperlo, ma mi hanno detto che c’è una voce autorevole del gruppo di pressione sionista in questa città che ha cercato di impedire questo incontro, per questo motivo sono molto felice di vedervi qui questa sera”.
E quella sera eravamo lì: alcuni membri del Movimento Our Voice e i redattori di Antimafia Dos Mil. Perché essere lì, all’imbrunire del piovoso venerdì 2 novembre 2018, era un dovere viscerale. Un obbligo per tutti quelli che sono consapevoli che il popolo palestinese porta avanti una lotta giusta per recuperare le sue terre, la sua dignità, i suoi diritti, la sua cultura, la sua storia.
Eravamo lì. Uomini e donne adulte, e giovani. Molti giovani. Circa 350 persone si sono dati appuntamento per vivere l’attivismo della lotta per una Palestina libera, vicino ad un uomo che nei primi minuti dell’incontro ha risposto ad una domanda (di uno dei relatori) sul ruolo degli artisti nella società, nella difesa delle cause e nell’impegno sociale: “Siamo qui per parlare della Palestina, di BDS e dei Diritti Umani. Non del tema se gli artisti devono essere politici o dare dei messaggi politici”.
E questa è stata la colonna portante dell’incontro. Un incontro che ha creato un’atmosfera combattiva e attivista, perché lo stesso Roger Waters ha trasmesso in ogni sua parola l’onestà della sua esposizione come attivista per difendere i diritti dei palestinesi nei territori occupati, in Israele e nella diaspora, facendo parte del movimento non violento BDS, diretto da cittadini e cittadine che si basa nei principi universali dei diritti umani per tutte le persone.
Roger Waters è un uomo di aspetto sobrio; è espressivo, nel suo dialogare emana sensibilità, e le sue parole e riflessioni sono dirette. Non recita le sue emozioni. Le vive. E quando deve insultare non esita e fa. Non è ipocrita, né diplomatico. Ha le idee molto chiare. Quelle idee che si andarono raccogliendo nella sua anima e nel suo cuore, da molto piccolo, pur vivendo nella ricchezza e nella comodità. Un’infanzia felice che fu favorita da una madre che gli insegnò che l’amore verso il prossimo deve stare al di sopra di tutto.
“Mia madre faceva parte di un’associazione per l’amicizia cinese-britannica. I ‘quaccheri’ sono una setta che crede in Dio. Mia madre non crede in Dio ma mi diceva che erano estremamente buoni. Non importa il perché fai il bene né a nome di chi. Lei mi ha trasmesso questo. Se realmente ti importano le persone non ti puoi fermare”.
Sul palco dell’ampio salone affollato di pubblico, Roger Waters era accompagnato dalla giornalista Alejandra Casablanca, la documentarista Virginia Martínez ed il politologo Gabriel Delacoste, che con le loro domande hanno contribuito a rendere dinamica la serata. Nelle risposte di Roger Waters si delineavano i veri fondamenti della sua lotta e del suo impegno. L’impegno che intendiamo legittimo particolarmente trasparente, onesto, pieno di vita e pienamente cosciente.
“Sono un ateo convinto. Credo nella libertà di fede a patto che non incida sulla libertà degli altri, come avviene nel conflitto tra Israele e Palestina” ha detto Roger Waters. Ma in fondo il suo impegno riflette una forza interiore ed una forza spirituale immensa. Così immensa che è impossibile non vederlo come essere umano che fa della propria vita una lotta quotidiana per l’uguaglianza dei diritti, un impegno incondizionato per le cause giuste. Un attivismo maturato nei suoi anni di esperienza di vita. Ma sicuramente frutto della sua sensibilità come essere umano e come musicista. Quella sensibilità che molti artisti blindano e coltivano per il proprio profitto e non per trasformarla in uno strumento utile per il prossimo, per la società moderna.
“Sono arrabbiato perché i governi del mondo non si stanno attivando per proteggere i nostri fratelli e sorelle della Palestina. Sono i popoli gli unici che possono convincere i governanti a cambiare questa situazione” ha detto Waters e aggiunse, alludendo anche ad un aspetto della sua vita come artista riguardo alla sua presenza in Israele: “ho accettato di fare uno spettacolo in Israele ed un gruppo palestinese mi parlò del BDS, e mi spiegò che fare un spettacolo a Tel Aviv era come ripulire il genocidio, l’occupazione. Ho cancellato lo spettacolo in Israele e ne ho fatto uno in una zona dove c’è una comunità agricolo-ecumenica. C’erano 60 mila giovani e mi sono reso conto che non avevano capito il mio messaggio, che erano loro la generazione che dovrebbe cercare la pace ed andare d’accordo con i loro vicini”.
Dopo Roger Waters ha spiegato che visitando i campi di occupazione ha visto con i propri occhi la straziante crudeltà dell’occupazione e dell’usurpazione, la miseria che giorno dopo giorno affligge il popolo palestinese che nonostante tutto continua a resistere.
“Da quel momento lavoro affinché venga raccontata alla gente una versione diversa di quello che è la Palestina. Una visione contraria a quella bugia storica chiamata Israele che ha avuto origine a seguito dell’intervento ed il furto della terra ai palestinesi”.
In un altro momento Roger Waters ha detto che la lobby israeliana “ha mano dominante sugli organismi politici di tutto il mondo. Io abito negli Stati Uniti e loro hanno il Congresso in tasca, l’hanno comprato. Ho girato tutta l’Europa e vi ho trovato un’enorme resistenza. In Germania non sono riuscito a trovare una sola persona della stampa che parlasse con me. La lobby di Israele ha convinto tutti a non farlo. ¡Antisemita! gridano. Se appoggiate il BDS la lobby israeliana cercherà di criminalizzarvi poiché è l’ultima tattica che stanno usando, in cui cadono milioni e milioni. C’è una legge da approvare negli USA che prevede che uno come me paghi una grossa multa o vada in prigione per 20 anni”.

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Riguardo il suo impegno come attivista ha insistito: “non si può non prendere una posizione. O difendi i diritti umani o non lo fai. Dobbiamo imparare a piangere per i figli degli altri”.
“Gli inglesi abbiamo rinunciato a giocare a cricket e rugby contro i bianchi del Sudafrica. Ora bisogna fare la stessa cosa, che Israele ci senta”.
A Gaza distruggono con bombe regolarmente. Lo chiamano “tagliare l’erba”, a forma di battuta. Bisogna fare un boicottaggio culturale. Musicisti ed artisti: non prendete impegni per favore con gli israeliani, andate via da lì. Dobbiamo fare chiarezza come abbiamo fatto con i supremazisti. Questo non si detiene con denaro, né sanzioni economiche. È culturale”.
“La guerra dei sei giorni la iniziò Israele, la vinsero e ci furono degli israeliani che in quel momento vollero imporre la pace. Dare uno Stato ai palestinesi. Ma gli stessi israeliani dissero di no. Vogliamo tutto. Non ci sarà pace. Tutti gli accordi sono falsi. Cacceranno ogni palestinese dalla Palestina. Gli ebrei erano solo il 10 percento. La democrazia in Israele è una merda”.
“Nella legge internazionale il muro che circonda la Palestina sottraendo parte delle sue terre è illegale, ma agli Stati Uniti non importa. Trump non ha la più pallida idea di cosa sia la convenzione di Ginevra. Tutti abbiamo diritto ai diritti umani. I diritti vengono violati, gli americani lo fanno a Guantanamo e anche la dittatura dell’Uruguay lo fece. Prendevano a calci la porta di casa tua nel mezzo della notte e oggi e per sempre ci troviamo delle madri che camminano con le foto dei loro figli. Non dovremmo votare fascisti come Trump e Bolsonaro. Sono felice di trovarmi in un locale sindacale come questo. Bisogna fermare il fascismo ed organizzarsi. I neoliberali distruggono il pianeta. Bisogna fermarli”.
“Sapete perché ci tengo alla causa palestinese? Perché io credo che tutti meritiamo i diritti umani basici uguali, sotto la stessa legge internazionale e perché la Corte Penale internazionale dice che era illegale il muro con il quale Israele separa e ruba parte della Palestina storica”.
Eravamo lì. In un incontro inedito in Uruguay. Inedito per molteplici ragioni. Ragioni che tante volte non contano, quando si cerca di capire il mondo con sensibilità e tolleranza. La sensibilità e la tolleranza che Roger Waters richiede a chi lo segue nella sua carriera artistica ed a chi lo vede unicamente come un attivista completo. In piena attività, come un ventenne imbarcato in una lotta che sicuramente non concepisce come un’utopia. Ma piuttosto, come un impegno ineludibile. Come un obbligo che riguarda l’uomo. L’uomo moderno e “civilizzato” che diventa invisibile di fronte al dolore ed alla violazione dei diritti umani nel mondo. L’uomo moderno e “civilizzato” che ha l’audacia di accusare una persona come Roger Waters di essere antisemita, un terrorista. L’audacia di accusarlo di essere una persona che semina odio e che con il suo discorso fomenta lo scontro “dell’uomo con l’uomo”.
Il rigore dell’orario incombeva sull’importante ed istruttivo incontro con Roger Waters. Le sue ultime riflessioni fluivano in un clima di partecipazione decisamente popolare, dove l’artista Roger Waters è stato praticamente superato dal Roger Waters attivista, in una sintonia magistrale di fronte ad una moltitudine attivista composta da generazioni opposte, ma che in definitiva, si sono date espressamente appuntamento per condividere una serata di lotta indimenticabile.
Forse per non stancare Roger Waters è stato dato poco spazio alle domande del pubblico. Ci sarebbero volute molte altre opportunità di dialogo con i presenti, perché si trattava di un pubblico partecipe e non un pubblico convenzionale o pacato.
I fortunati gli hanno chiesto sui popoli originari, sull’importanza dell’acqua nel mondo e sulle azioni che Israele ha portato avanti su questo tema; sulle lotte femministe. Addirittura un palestinese originario di Gaza venuto espressamente in Uruguay per essere lì presente ha espresso con forza la sua opinione.
Roger Waters riguardo l’acqua ha detto: “Sono felice che mi chiedete dell’acqua. È un problema fondamentale, soprattutto l’accesso all’acqua. L’acqua è molto importante. La lotta per l’acqua è una lotta mondiale, non solo in Uruguay (riferendosi alla recente campagna contro l’approvazione della Legge di Irrigazione). Senza acqua potabile non ci sono bambini sani. Gli israeliani rubano l’acqua e la portano alle loro piscine nelle colonie. I palestinesi non hanno accesso all’acqua potabile”.
Rispondendo ad un referente del Consiglio Nazionale Charrúa (CONACHA) che ha sottolineato la necessità dei popoli originari dell’America Latina, ed in particolare dell’Uruguay, che devono essere rispettati nella lotta per le loro terre, la loro cultura e identità, Roger Waters è stato categorico nella sua risposta: “Voi non siete soli”.
Rispondendo ad un collettivo femminista riguardo le lotte per le donne, ha sottolineato: “Dobbiamo combattere per tutte le lotte per l’uguaglianza delle persone, inclusa anche la lotta femminista, la lotta delle donne, è chiaro!”
Uno dei partecipanti, un uomo venuto in Uruguay dalla Striscia di Gaza, ha fatto sentire la sua voce con visibile gioia ed emozione e ha detto a Roger Waters “la mia gente a Gaza, tutti i palestinesi, abbiamo un messaggio di libertà e di resistenza. Vogliamo vivere come esseri umani. Abbiamo bisogno di vivere in pace”.

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La conclusione dell’incontro è arrivata ingrata e implacabile anche se non avremo voluto. Una conclusione inevitabile perché anche le lotte hanno le loro pause, ma non si abbandonano, né si abbassano le braccia. Braccia, voci e cuori attivisti sparsi per il mondo. Braccia e voci attiviste dello spessore di Roger Waters. Un Roger Waters che si è avvicinato ad altri attivisti in un pomeriggio del mese di novembre a Montevideo, più come attivista che come artista. Perché la sua umiltà ci ha lasciato rapiti in una serata propulsiva di idee su idee, e di altri progetti per una lotta costante. Una lotta di 24 ore al giorno. Un lotta gomito a gomito, per assemblare i valori e le azioni, senza perdersi nei romanticismi, con il rischio di essere effimeri. Una lotta trasparente, come quella che porta avanti Roger Waters in persona.
Una lotta che si rinnovava ad ogni passo di Roger Waters mentre si allontanava dal salone dell’incontro. Camminando lentamente lungo il corridoio del piano superiore, alzando le mani, in chiaro segno di saluto con un a presto sulle labbra e nel cuore.
“Se questo incontro è stato possibile è perché Roger Waters lo ha voluto. Le persone che facciamo parte di questo movimento BDS ci sentiamo onorate della sua presenza come alleato. Ci conforta sapere che siamo dal lato giusto della storia. Il popolo palestinese ha bisogno di noi tutti i giorni. Il Movimento BDS può mettere fine all’apartheid israeliana. Ci vediamo nelle strade. Grazie”, ha detto per concludere María Landi, membro della ‘Coordinación por Palestina’.
È stato incredibile essere lì, vicino al mito vivente del rock degli anni sessanta, di quel leggendario gruppo, i Pink Floyd. È stato incredibile essere vicino al fondatore dei Pink Floyd, musa ispiratrice di intere generazioni, per condividere la resistenza e la disubbidienza contro l’attuale sistema, le guerre, il saccheggio dei popoli e le ingiustizie nel mondo. È stato incredibile conoscere il pensiero di un uomo che è immenso per la sua arte e ancora più immenso per il suo impegno per la giustizia, la lotta per i diritti e per la libertà.
In definitiva, incredibile storicamente. Incredibile per i nostri giovani di Our Voice e per noi, redattori di una generazione che adorava i Pink Floyd.
In definitiva, storicamente incredibile per noi quella serata. Ma per la grande stampa è passato quasi inavvertito (forse appunto a causa della fedeltà verso la lobby israeliana?). Solo qualche media locale, soprattutto alternativo ha dato copertura all’evento. La stampa dell’establishment ha scarsamente informato riguardo l’immensità del messaggio di questo uomo integro. Ma oggigiorno questa è la prassi quando si tratta di attivisti dello spessore di Roger Waters.
Attivisti con una vita pubblica. Uomini e donne coerenti con sé stessi. Personalità mediatiche che rivoluzionano le coscienze degli uomini, in qualsiasi punto del pianeta, qualsiasi sia la circostanza storica.
Senza misurare gli ostacoli. Senza lasciarsi intimorire dai potenti. E senza paura.
Roger Waters ha parlato senza limitazioni. Con saggezza, chiarezza, intelligenza e amore per l’umanità. Un giusto tra i giusti. Che lotta per una causa giusta. Così semplice.
Non poteva essere altrimenti, trattandosi di Roger Waters, l’attivista pro palestinese e dei diritti umani che oggi, come ieri, è un valoroso esempio di coscienza.
(3 novembre 2018)

*Foto di copertina: www.resumenlatinoamericano.com Mónica Ruet e Martha Paseggi
*Foto 2: Our Voice
*Foto 3: www.larepública.com

fonte: antimafiaduemila.com