Quando l’elettronica di consumo sarà stampata su carta, come la ricicleremo?

Dall’Università di Pisa e Manchester un futuristico progetto di ricerca, finanziato dall’Europa, che permetterà di fabbricare prodotti come telefonini e radio a partire da un foglio e da una stampante a getto d’inchiostro

di
Luca Aterini

Le Università di Pisa e Manchester sono al lavoro per riuscire a stampare elettronica di consumo: se nel 1455 il tedesco Johannes Gutenberg aprì la strada alla democratizzazione della letteratura introducendo la tecnica tipografica della stampa a caratteri mobili, la ricerca portata congiuntamente avanti dai due Atenei potrebbe inseguire un risultato simile anche se su tutt’altro fronte. «Un foglio di carta e una semplice stampante a getto d’inchiostro: è tutto quello che, in uno scenario futuribile, potrebbe servire per fabbricare dispositivi di elettronica di consumo – come un telefonino o una radio, spiegano dall’Università di Pisa – con il vantaggio di poter avere sistemi “personalizzati”, a basso impatto ambientale, facilmente smaltibili e riciclabili».

È su questi obiettivi che si concentra il progetto di ricerca finanziato dall’Europa con un ERC Consolidator Grant, che nei prossimi 5 anni sarà portato avanti dal gruppo guidato da Gianluca Fiori (nella foto, ndr), docente di Elettronica all’Università di Pisa. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università di Manchester, riguarda le applicazioni di materiali bidimensionali, come il grafene, nel campo dell’elettronica per la costruzione di circuiti elettronici contenuti per esempio nei nostri computer e smartphone, e che in futuro potranno essere stampati su supporti flessibili come la carta.

Fiori e il suo gruppo di ricerca stanno dunque lavorando per rendere reale quello che ora, nell’immaginario collettivo, sembra un film di fantascienza: «La nostra è una ricerca di base, ma in quanto scienziati siamo chiamati a “sognare” e ipotizzare scenari futuri in cui i nostri studi trovino un’applicazione concreta nella realtà: i finanziamenti che vengono dall’Europa ci aiutano proprio in questo».

«Grazie alla collaborazione con l’Università di Manchester, insignita del premio Nobel 2010 per le ricerche sul grafene – conclude Fiori – possediamo degli inchiostri ricavati da questo materiale del tutto simili agli inchiostri delle nostre stampanti, ma con proprietà elettroniche eccellenti. Questa tecnologia può aprire la porta a innumerevoli applicazioni, che vanno da etichette intelligenti per l’industria 4.0 a dispositivi biomedicali per l’analisi dei segnali biometrici, a metodi smart anti contraffazione, giusto per citarne alcune».

E a beneficiarne potrebbe essere anche l’ambiente, come non mancano di ricordare all’Università di Pisa. Ma anche in questo caso è necessario ricordare che fare economia digitale non significa fare economia senza consumo di materie prime, e che anche il recupero di materie prime seconde ha dei limiti coi quali dobbiamo fare i conti.

Già da dieci anni in Italia è attivo un sistema di raccolta dei Raee, i rifiuti elettrici ed elettronici (tradizionali) che, grazie al loro successivo riciclo, ha permesso risparmi sulle importazioni di materie prime per centinaia di milioni di euro. Ma i rifiuti di questo tipo che è necessario saper gestire sono sempre di più, in Italia e fuori: allargando lo sguardo a livello globale, nel mondo si stima vengano prodotti (dati 2016) 44,7 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, di cui solo  il 20% viene raccolto e avviato a riciclo.

Innovazioni come quelle perseguite dall’Università di Pisa e Manchester aprono nuove possibilità, ma anche la necessità di un’infrastruttura impiantistica adeguata. Già oggi in Italia si riciclano 10 tonnellate di carta ogni minuto, ma non sappiamo come gestire secondo logica di sostenibilità e prossimità i rifiuti che a loro volta (in quanto ad oggi l’industria cartaria produce residui dal processo di riciclo in un rapporto 1:18) derivano da quest’anello dell’economia circolare. Il finanziamento del progetto di ricerca portato avanti dalle Università di Pisa e Manchester rappresenta dunque un’ottima notizia, ma da esplorare in ogni sua ricaduta.

fonte: greenreport.it