Relazione Dia: ”Cosa nostra, imprevedibile e pericolosa, ricerca nuovi equilibri”

“E’ il tempo delle scelte” e “Messina Denaro potrebbe non essere accettato”
di Aaron Pettinari
La nuova leadership in Cosa nostra dopo la morte di Salvatore Riina, allo stato attuale, “non sembra ancora attribuibile ad alcuno” e “un’eventuale successione affidata a Matteo Messina Denaro, l’ultimo latitante di rilievo, al di là del suo attuale ruolo operativo, dovrebbe tra l’altro superare le resistenze dei vertici dei mandamenti del capoluogo palermitano, che potrebbero non accettare, quale leader, un trapanese, da anni ormai non pienamente coinvolto nelle logiche affaristiche e criminali dell’organizzazione”.
Si conclude con quest’ultima considerazione la relazione semestrale della Dia, pubblicata oggi sul sito internet della Camera dei Deputati. Pur concentrandosi ad analizzare i dati raccolti nel primo semestre del 2017 nel documento non si poteva non mettere in evidenza il decesso del Capo dei Capi e proprio alla luce del cambiamento “epocale”, così come più volte nel corso dell’anno avevano evidenziato numerosi addetti ai lavori, si certifica l’esistenza di un’organizzazione “imprevedibile e pericolosa”.

Mafia 2.0 e nuovi equilibri
Gli analisti della Dia sottolineano come questo “sia il momento delle scelte” e prevedono una riorganizzazione interna che non passi necessariamente da un ritorno alla violenza. “Si prospetta la formale apertura di una nuova epoca – scrivono – quella della mafia 2.0. al passo con i tempi, che definitivamente omologherà la strategia della sommersione. Conseguentemente non dovrebbero profilarsi guerre di mafia per sancire la successione di Riina. Appare, infatti, superata per sempre l’epoca della mafia violenta, che ha ceduto il passo a metodologie volte a prediligere le azioni sottotraccia e gli affari, sovente realizzati attraverso sofisticati meccanismi collusivi e corruttivi. Proprio in questa logica, potrebbe farsi spazio l’ipotesi di un accordo tra i capi più influenti, rivolto alla ricostituzione di una sorta di ‘cabina di regia’ simile ma diversa dalla Commissione provinciale (che non risulta essersi più riunita dopo l’arresto dei capi storici), intesa quale organismo unitario di vertice, con un prevedibile ritorno in scena dei ‘palermitani’”.
Tuttavia, è scritto sempre nel documento, analizzando la Provincia di Palermo, nonostante la scomparsa di storici boss non abbia determinato “reazioni sussultorie” potrebbe essere stato scatenato “dall’esigenza di riempire un ‘vuoto di potere’, l’omicidio dell’anziano uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova, ucciso con diversi colpi di arma da fuoco la mattina del 22 maggio, nel quartiere Zisa di Palermo”.
Il “morto che parla” è il boss Giuseppe Dainotti, ex fedelissimo del capomafia (poi divenuto collaboratore di giustizia) Salvatore Cancemi.
Secondo gli investigatori in questo momento di “confusione e sbandamento”, anche grazie ai continui arresti effettuati, “crescono le possibilità che gruppi interni decidano di sovvertire ulteriormente gli equilibri consolidati, per scalare posizioni di potere, con sconfinamenti, indebite ingerenze, candidature autopromosse o provando a costituire addirittura nuove articolazioni mafiose”.
“Le famiglie – scrive la Dia – avvertono la mancanza di una vera e propria struttura di raccordo sovra familiare e, di contro, il bisogno di ricostituire gli organigrammi e la rete di potere che un tempo la caratterizzava. L’organizzazione sembra attendere, così, una successione al potere ritenuta oramai prossima: un passaggio obbligato ed epocale, considerato necessario per il compimento di scelte fondamentali. Si potrebbe, in questo modo, arrivare all’affermazione di un nuovo vertice, riconosciuto da tutte le famiglie, e di una nuova strategia condivisa”.

Crisi economica
Altro elemento importante d’analisi è l’apparente “crisi” sul piano della gestione delle risorse a causa di una minore liquidità disponibile. Anche questo aspetto potrebbe determinare un cambiamento interno. “Laddove, infatti, dovesse venir meno il flusso finanziario che, per anni, ha garantito l’assistenza e la sussistenza dei gregari di cosa nostra (specie se detenuti) e dei loro familiari, rischia di spezzarsi anche la catena di solidarietà e soccorso – vera forza dell’organizzazione – che ha tenuto insieme le famiglie nei momenti di crisi, impedendo loro di disgregarsi. Per arginare tale crisi, sono diverse le famiglie, specialmente palermitane, che avrebbero fatto ricorso a rapine per risolvere la problematica dell’immediata esigenza di denaro”.
Gli analisti mettono anche in evidenza il “recupero delle regole di comportamento e dei codici ‘morali’”. “Un collante che, più di ogni altro, sembra garantire, in prospettiva, la sopravvivenza dell’organizzazione”.

I nuovi affari
Fermo restando il traffico di stupefacenti e la raccolta del pizzo come fonti di guadagno per quanto attiene i settori d’affari in ascesa la Dia segnala “le scommesse on line” (utile per “riciclare denaro sporco” con “l’apertura di centri scommesse, collegati a società di diritto estero, difficilmente rintracciabili”, e il settore immobiliare con le “vendite giudiziarie”. “Avvalendosi della forza intimidatrice che la caratterizza – è scritto nel documento – Cosa nostra riuscirebbe ad assicurarsi a basso costo – sfruttando i ribassi d’asta e la sostanziale assenza di altri partecipanti – beni immobili di elevato valore, da rivendere, poi, a prezzi di mercato”.
Si disegna, inoltre, la fisionomia di un’organizzazione che si muove lungo due direttrici. Una “Geo-referenziata”, che ricerca il controllo del territorio nelle aree storicamente asservite al potere mafioso; ed una “affaristica”. Quest’ultima, scrive la Dia, “opera in ambienti economico-finanziari, in aree nazionali ed internazionali, agendo nel massimo silenzio, per riciclare i capitali illeciti e accaparrarsi risorse pubbliche.
Cosa nostra si sarebbe, tra l’altro, specializzata nella fornitura di beni e servizi anche a favore delle imprese, in funzione della domanda del territorio, con proiezioni verso altri mercati illegali secondari, a più basso impatto criminale”.

Mafia e corruzione
Questa “nuova” mafia, sempre più “silente e mercatistica” secondo gli analisti, “privilegerebbe, pertanto, un modus operandi collusivo-corruttivo” con “accordi” che diventano frutto di “patti basati sulla reciproca convenienza”. Ciò avviene in molteplici settori, dalla gestione degli appalti amministrativi fino ad arrivare a settori nevralgici dell’economia, come ad esempio la filiera agroalimentare.
Infine, tra le principali “voci attive” del bilancio mafioso, restano sempre presenti gli introiti provenienti dal narcotraffico dove si evidenziano collegamenti con le ‘ndrine calabresi, i clan campani e pugliesi, nonché le organizzazioni straniere.
Legami che si rafforzano anche con le bande di criminali stranieri con “forme di consociazione utili ad ottenere una sorta di protezione, o quantomeno un placet ad esercitare lo sfruttamento della prostituzione (appannaggio di albanesi, rumeni e nigeriani) e del lavoro nero (attuato da cinesi e nordafricani), nonché la contraffazione e lo smercio di prodotti falsificati (anche in questo caso ricorrono cinesi e nordafricani)”.
Alla luce di tutti questi elementi “Cosa nostra appare maggiormente imprevedibile e per ciò stesso, anche in futuro, potenzialmente ancor più pericolosa”.

Fonte:Antimafiaduemila