Caso Agostino, i familiari: ”Per chiedere verità e giustizia andremo anche al Quirinale”

“Da 27 anni aspettiamo, ora vogliamo risposte”
di Aaron Pettinari – Video

agostino vincenzo augusta video
“Sono circa 27 anni che chiedo verità e giustizia sull’uccisione di mio figlio, mia nuora ed il bambino che portava in grembo. Io e mia moglie andremo dal Capo dello Stato e già abbiamo mandato una lettera per farci ricevere. Se ciò non accadrà andremo comunque davanti al Quirinale a chiedere l’elemosina della giustizia”. Sono parole forti quelle di Vincenzo Agostino che in un video, assieme a sua moglie Augusta, torna a chiedere, con un video, un processo sulla morte di suo figlio, Nino Agostino, ucciso il 5 agosto 1989 assieme a sua moglie, Ida Castelluccio (che era incinta).
Nei giorni scorsi, tramite il proprio legale, Fabio Repici, è stata depositata alla Procura generale una nuova istanza di avocazione dell’inchiesta, per domandare l’esercizio dell’azione penale nei confronti dei tre indagati per l’omicidio, Nino Madonia, Gaetano Scotto e l’ex poliziotto Giovanni Aiello, soprannominato “faccia da mostro”. Già il mese precedente Repici aveva sollecitato i pm che si occupano del caso, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, presentando una memoria in cui si segnalavano “le acquisizioni sulla sinergia tra Madonia, Scotto, Aiello, e un blocco criminale, individuato tra Polizia e servizi segreti”. “Il processo si deve fare – concludeva allora Repici – anche per ripagare le persone offese dalle oltraggiose azioni di depistaggio, correlate alla necessità che possenti apparati criminali mantenessero l’impunità”.
Oggi Vincenzo ed Augusta tornano a far sentire la propria voce dopo che, tra il 2015 ed il 2016, ci sono stati gli incidenti probatori con l’audizione dei pentiti Vito Galatolo e Vito Lo Fortegisituzia ed il riconoscimento in un confronto all’americana di Angelo Aiello come l’uomo che, in quella tragica estate del 1989, Vincenzo vide qualche giorno prima che il figlio fosse ucciso.
“Dal primo ottobre 2016 aspetto una risposta (sono scaduti i tempi per le indagini, ndr) – prosegue Vincenzo nel video – mi devono dare una risposta, di cosa hanno scoperto sull’uccisione di mio figlio visto che ci sono alcuni pentiti che parlano. Ci sono 20 faldoni di indagini. Cosa si è scoperto? Perché noi familiari non abbiamo ancora verità e giustizia? Se non avremo risposte a breve io e mia moglie andremo sotto al Quirinale a chiedere questa verità e giustizia”.
“Io non mi sono mai stancata di chiedere – aggiunge Augusta – A chi devo chiedere se non allo Stato? Mio figlio era un figlio dello Stato e loro devono dirci a che punto siamo. Non è giusto per 27 anni attendere e sentirsi dire ogni volta che è presto. Dopo tanti anni ci devono dare risposte”.
“Una nazione che non ha verità e giustizia non deve esiste – prosegue Vincenzo – Ogni italiano, ogni uomo, ogni famiglia vuole verità e giustizia, ma credo che noi, del popolo basso, non la avremo mai. Ci sono troppi misteri, troppi scheletri dentro gli armadi… questi devono essere buttati fuori per far respirare quel fresco profumo di libertà di cui parlava Paolo Borsellino. Lui ha perso la vita, mio figlio pure, tanti uomini che hanno fatto un giuramento e che credevano nella giustizia e credevano in un mondo migliore si sono fatti uccidere. Poi ci sono i governanti e non lo so a che punto veramente vogliono giustizia e verità”. Infine conclude con profonda amarezza: “Io chiedo al popolo italiano, e non solo, di svegliarsi. Io da domani, nelle scuole, ai giovani non posso dire loro che c’è verità e giustizia. Non posso dire più loro che questa verrà. Ai funerali degli agenti di Borsellino, quando vennero presi a schiaffi il Capo della polizia e il Presidente Scalfaro, io chiesi a tanti ragazzi di calmarsi perché ci sarebbe stata verità e giustizia. Io mi sono pentito di aver lanciato questo grido nella cattedrale di Palermo. Loro stavano manifestando contro quegli uomini che venivano qui a fare passerella e noi di passerelle non ne vogliamo più. Chiediamo solo verità e giustizia”. Alla richiesta accorata dei familiari si accompagna il sostegno e la solidarietà di tanti membri della società civile. Anche Libera e Liberainformazione si sono espresse facendo sentire la propria vicinanza con il desiderio che “la famiglia Agostino trovi un poco di pace, dopo la lunga ricerca della verità in tutti questi anni e che Vincenzo finalmente possa tagliarsi la sua lunga barba bianca, segno della giustizia negata a lui e ai suoi cari per troppo tempo”.

Ombre di Stato
Del resto di fronte al dolore ed alla sete di verità attesa da oltre ventisette anni non si può che essere vicini alla famiglia Agostino. Quel che è certo è che si tratta di un caso particolarmente complesso dove non mancano punti critici e in cui pesano i pesanti depistaggi che si sono perpetrati nel tempo. A cominciare dalla pista su un delitto passionale inesistente, seguita allora dal Capo della Squadra mobile Arnaldo La Barbera. Le domande sul ruolo avuto dall’ex Questore di Palermo sono più che mai aperte ed anche lo stesso Vincenzo Agostino, sentito al processo Capaci bis, aveva evidenziato alcune ambiguità di quest’ultimo durante le indagini. Già da allora l’ex fondatore del pool Falcone e Borsellino stava operando seguendo una linea dettata dai Servizi ai quali egli stesso aveva fatto parte con il nome in codice di “Rutilius”?
Sul punto, nel fascicolo, è presente anche la trascrizione integrale dell’audizione dell’ex prefetto Luigi De Sena davanti ai pm di Caltanissetta il 19 novembre 2010. De Sena tra il 1985 ed il 1992 era assegnato, fuori ruolo, al Sisde, in qualità di Direttore dell’Unità Centrale Informativa. De Sena vantava una solida amicizia con l’ex capo della Squadra Mobile di Palermo, deceduto nel 2002.
I pm nisseni, che lo avevano interrogato anche nell’ambito delle indagini sul processo Borsellino quater, avevano definito come “lacunose” le sue dichiarazioni sui legami con La Barbera, in particolare quelle sul rapporto avuto da questi con il Sisde, dal 1986 al 1988, quando si trovava ancora a Venezia ed operava per il Servizio di sicurezza.
Ombre enormi come quelle che riguardano l’ex agente di polizia Guido Paolilli la cui posizione è stata archiviata. Resterà indelebile l’intercettazione ambientale del 21 febbraio 2008 effettuata nella sua abitazione di Montesilvano (Pe). Mentre in televisione andava in onda un servizio della trasmissione “La Vita in diretta” durante la quale Vincenzo Agostino parlava del biglietto trovato nel portafoglio del figlio – dove era scritto “se mi succede qualcosa guardate nell’armadio di casa” – contemporaneamente il figlio di Paolilli (intercettato) domandava al padre: ‘Cosa c’era in quell’armadio?’. ‘Una freca di carte che proprio io ho pigliato e poi ho stracciato’, gli aveva risposto senza tergiversare.
Di che “carte” si trattava? Per ordine di chi sono state prese o stracciate? Domande che penetrano “all’interno delle istituzioni” e che, per rendere giustizia a Nino, Ida e ad un figlio mai nato, non possono restare senza risposta.

fonte:antimafiaduemila.com