Il Padrino e il Figlioccio

Un governo con il petrolio alla gola
di Saverio Lodato
napolitano renzi

Sino a quando, caro Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica Italiana, abuserai della pazienza nostra? Non può bastare? Ce ne scusiamo. Ma la domanda non riusciamo più a trattenerla.
E dopo il “Figlioccio“, infatti, parlò il “Padrino“. Sono passati pochissimi giorni dall’appello di Matteo Renzi (il Figlioccio) al non voto per il referendum del 17 aprile sulle trivelle, che torna a far sentire la sua voce Giorgio Napolitano (il Padrino), con una lunga e corriva, nel senso di adirata e stizzosa, intervista al quotidiano “La Repubblica“. Intervista che è – e come non potrebbe esserlo? – aderente, in ogni piega, al pensiero dell’uomo, il quale, evidentemente, considera il suo successore, Sergio Mattarella, attuale Capo dello Stato, inutile orpello del quale non tenere gran conto, visto che mai lo cita, pur affrontando con acribia l’intero scibile politico, italiano ed estero. Mattarella – detto per inciso – ha fatto sapere che a votare ci andrà.
Ricordiamo sommessamente che persino la Chiesa, quando dovette per la prima volta fronteggiare nella sua storia secolare l’inedito accidente di un Papa che volle dimettersi anzitempo (Ratzinger), acconsentì a una momentanea diarchia papale (Ratzinger a fianco di Bergoglio), ma indicando apertamente ai fedeli, a scanso d’equivoci, qual era il Papa ex, e qual era quello in servizio.
Giorgio Napolitano, invece, di fare “l’ex” non se lo sogna nemmeno, volendo restare Papa a tutto tondo.
Ma veniamo ai punti dell’intervista che più ci premono.
Dice Napolitano: “L’astensione è un modo di esprimere la convinzione dell’inconsistenza e della pretestuosità di questa iniziativa referendaria”.
Convinzione dell’inconsistenza e della pretestuosità… Napolitano, suo malgrado, è costretto a rifugiarsi nel “latinorum“, lingua inventata secoli fa a bella posta, e Manzoni ci ricamò sopra, dalle classi dominanti, per non farsi capire dal popolo, per rendere oscuro quello che è chiaro, complicato quello che è semplice, dicibile ciò che, a rigor di logica, non sarebbe da dire, o, meglio ancora, sarebbe preferibile evitare di dire. Napolitano sceglie il “latinorum” per far sapere che non è assolutamente necessario andare a votare il 17 aprile per il referendum riconoscendo così ai futuri “astensionisti” la dignità di combattenti. Non poteva essere linguisticamente più diretto?
Ma cosa volete che gliene importi delle parole del Presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi che ha dichiarato: “Si deve votare: ogni cittadino è libero di farlo nel modo in cui ritiene giusto. Ma credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini. Fa parte della carta d’identità del buon cittadino”. Lui che non si è accorto che Mattarella ha preso il suo posto, perché mai dovrebbe sentirsi condizionato da un “presidentucolo” di Corte Costituzionale?
A questo punto, visto che il Padrino (Napolitano) è sceso in campo a favore del Figlioccio (Renzi), entrambi uniti dall’intento che il quorum non sia raggiunto, vien da chiedersi se, di fronte al rimbombare di simili calibri istituzionali, non sia legittimo il sospetto che la partita in gioco sia molto seria. Molto seria per gli interessi che difende (quelli dei petrolieri?). Molto seria per Renzi (che direbbe se gli italiani gli facessero lo scherzetto di andare a votare?). Molto seria per un intero governo (che attualmente, dall’inizio della vicenda Guidi, si trova un po’, verrebbe da dire, con il petrolio alla gola).
C’è poi il capitolo che riguarda la riforma Costituzionale.
Pensiero del Padrino (Napolitano): “Gli allarmi per la democrazia e per la libertà sono usati al solo fine di bloccare un rinnovamento da lungo tempo atteso e dalle parti più diverse considerato necessario. Che giunge già con grave ritardo”. Amen. Provatevi a dissentire da questo progetto di riforma costituzionale: sareste tacciati di essere “interruttori del rinnovamento”, come minimo.
E il referendum di Ottobre?
Qui Napolitano gigioneggia. Infatti, il giornalista che lo intervista, ci informa che Napolitano ha ricevuto l’invito a guidare i comitati per il Sì al referendum di Ottobre.
E lui, sornione, si schermisce: “Ma non è essenziale chi potrebbe essere il primo alfiere dello schieramento per il sì …”.
Ma se i politici italiani, caro Napolitano, dovessero venire da Lei con il cappello in mano, come quando insistettero per il suo secondo mandato presidenziale, Lei, l’Alfiere dello schieramento per il sì lo farebbe oppure no? Eccome se lo farebbe l’Alfiere. Noi siamo pronti a scommettere.
Infine, l’intervistatore, ci informa che “vede anche lui l’addensarsi di annunci di crisi imminenti e di tensioni cruciali per il governo Renzi”.
Risposta del Presidente emerito: “Per decenni l’Italia ha troppo giocato a scioglimenti anticipati del Parlamento e a guerriglie ininterrotte per fare cadere il governo in carica o paralizzarlo”. Amen, un’altra volta.
Ma udite, udite: “Ci sono gli appuntamenti delle elezioni democratiche per cambiare l’esecutivo”.
Detto da uno come lui che per dieci anni è riuscito a impedire che gli italiani tornassero al voto, non c’è male.
Dicevamo all’inizio: “sin quando abuserai…”

saverio.lodato@virgilio.it