Vera memoria per i martiri caduti, silenzio ipocrita per i magistrati vivi

di Giorgio Bongiovanni – 21 luglio 2015
E’ uno strano clima quello che si è respirato quest’anno a Palermo in occasione dell’anniversario della strage di via d’Amelio. Sulla memoria ed il ricordo nei confronti del giudice Borsellino e dei cinque agenti della scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina) che ha visto la partecipazione di tanti cittadini onesti, provenienti da più parti d’Italia, che sono voluti essere presenti in questi quattro giorni di eventi, si è abbattuto con forza il ciclone del caso “Tutino-Crocetta” e quell’intercettazione, vera o falsa che sia, accompagnata dalla querelle tra il settimanale “L’Espresso” e la Procura di Palermo, ha completamente veicolato l’attenzione mediatica nazionale.
Saverio Lodato ha scritto in questo giornale un commento chiaro “Crocetta vattene e vattene subito” che condividiamo e su cui è inutile tornare.
A prescindere dall’esistenza di quella intercettazione ci sono parole, dette e non dette, che hanno giustamente scatenato una profonda indignazione. L’intervento accorato di Manfredi Borsellino nell’aula magna del Palazzo di Giustizia, in occasione dell’evento organizzato dall’Anm, rappresenta sicuramente un inno alla dignità da parte di una famiglia che ha pagato un carissimo prezzo. Il suo discorso ha commosso tutti così come l’abbraccio con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anch’egli familiare di vittima di mafia, che restituisce in parte il senso dell’Istituzione vera che onora i propri martiri. La stessa commozione che si è provata anche in via d’Amelio, la sera del 18 luglio, quando quell’abbraccio è stato portato anche a Rita e Salvatore Borsellino.

La quattro giorni di eventi, organizzata dalle Agende Rosse con il contributo del Siap (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia), Scorta Civica Palermo, il Centro Studi Paolo Borsellino, il Laboratorio Zen Insieme e l’Agesci, è stato tutt’altro che passerella antimafiosa. Nell’inaugurazione della Casa di Paolo, nel momento vissuto alla Caserma Longaro, passando per il grido in via d’Amelio di Salvatore Borsellino il 19 luglio e le lettere scritte proprio per ricordare i cinque agenti della scorta, c’è tutta la passione civile di un’Italia onesta che non vuole dimenticare. Da parte nostra abbiamo cercato di dare il nostro contributo con un convegno dal titolo “Il patto. Dal doppio Stato al sistema criminale integrato”, dibattendo sul significato della strage di via d’Amelio e sui mandanti esterni a volto coperto, chiamiamoli invisibili, grazie al contributo di ospiti come Giuseppe Lombardo, che ha inviato una lettera, Antonino Di Matteo, con un video di sette minuti, Antonio Ingroia, Saverio Lodato e la scrittrice Anna Vinci. Sì, si è parlato anche dell’attualità, ma è un dato di fatto che sia stato l’unico momento di riflessione su certi temi che troppo spesso vengono dimenticati. E’ proprio questo il lato triste di questa quattro giorni, così come ancora una volta non si può non notare l’assenza della città di Palermo. Non c’erano i palermitani in via d’Amelio e non può bastare la giustificazione di una giornata assolata o l’invito lanciato, non dai figli di Borsellino, ma da quei mezzi d’informazione che ne hanno travisato le parole, a non partecipare alle commemorazioni definite “passerelle”. Quella via d’Amelio non piena alle 16.58 lascia un profondo senso di amarezza che viene in parte addolcito dalla presenza di tanti bambini e ragazzi, simbolo di una resistenza che possa coinvolgere sempre di più le giovani generazioni.
Ma il 19 luglio 2015 si è rivelato monco anche per un altro motivo. Proprio la polemica sulle intercettazioni di Crocetta ha distratto gravemente, in buona o cattiva fede, l’opinione pubblica da un problema che, a nostro giudizio, ha una gravità maggiore, della nefasta situazione che coinvolge il Governatore della Regione, ovvero la difesa dei magistrati in vita che, oggi più che mai, rischiano la vita.
Una mancanza che non arriva dai cittadini onesti, ma proprio dalle Istituzioni. Abbiamo ascoltato i ministri Alfano ed Orlando, così come il capo della Polizia Pansa, parlare dei grandi successi nella lotta contro le mafie, contro una Cosa nostra ormai ridotta allo sfinimento, annunciare una prossima cattura nei confronti del superlatitante Matteo Messina Denaro.
Nessuno di questi membri di Governo nel ricordare Paolo Borsellino ha voluto dire una parola nei confronti della condanna a morte che il Capo dei capi, Totò Riina, dal carcere Opera di Milano ha manifestato nei confronti del pm Nino Di Matteo. Nessuno ha parlato del progetto di morte pianificato da Messina Denaro, l’attuale capo della mafia, su richiesta di altri soggetti esterni. Nessuno delle Istituzioni ha detto una sola parola sul processo trattativa Stato-mafia, in corso a Palermo, che proprio Di Matteo (assieme a Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia) sta portando avanti. Un processo su cui, eccezion fatta per alcuni quotidiani, da tempo è calato un silenzio tombale da parte degli organi di informazione.
Durante le commemorazioni ufficiali al Palazzo di Giustizia un accenno ai buchi neri, alla ricerca della verità sui mandanti esterni della strage Borsellino è stato fatto, seppur con forza a nostro avviso insufficiente, dal solo Procuratore generale Roberto Scarpinato. Per il resto c’è stato il silenzio. Lo stesso silenzio che il Capo dello Stato ha voluto osservare. Certo, gesti come l’abbraccio a Manfredi Borsellino sono importanti ed assumono un grandissimo valore simbolico ma sarebbe stato ancor più forte il messaggio del Presidente Mattarella se avesse preso la parola affermando una volta per tutte che lo Stato è presente e proteggerà con decisione, costi quel che costi, i suoi magistrati condannati dalla mafia.
Una presa di posizione che, ad oggi, non c’è stata.
Tutto questo suscita in noi delle domande che vogliamo condividere con i nostri lettori. Perché c’è questo totale silenzio su questi temi? Per quale motivo c’è questo tabù? Possibile che di tutto ciò non si debba parlare? Non sarebbe stato giusto affrontare questi argomenti a livello Istituzionale proprio in un giorno come il 19 luglio? Perché questo isolamento totale nei confronti di Di Matteo ed altri magistrati? Perché tanta ritrosia?
Certo. Ci rendiamo conto che a fare queste domande siamo noi, i soliti eretici. Ma nessuno ha dato ancora una risposta. Il che ci preoccupa e fa crescere il sospetto di uno Stato che, ancora una volta, non vuole proteggere i suoi servitori.

Foto originale © Shobha

Fonte:Antimafiaduemila