Medio Oriente e Africa del Nord non sono riusciti a ridurre della metà gli affamati

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Quelli con la t-shirt con le ruspe e che dicono che i migranti bisogna convincerli con le buone o le cattive a restare a casa loro, farebbero bene a leggere l’ultimo rapporto della Fao sulla situazione in Medio Oriente e in Africa del Nord, forse anche loro riuscirebbero a capire il perché di una disperazione inarrestabile, un fenomeno che va gestito sul lungo periodo e che richiede nuove politiche di sviluppo per l’intera regione Near East e  North Africa (Nena). Il rapporto regionale della Fao mette in evidenza la complessità della situazione in Nord Africa e Medio Oriente, compresi i durissimi impatti del cambiamento climatico in una regione segnata dalla scarsità di risorse idriche.

Infatti, secondo il primo rapporto regionale della Fao sull’insicurezza alimentare, «La maggior parte dei Paesi dell’Africa del Nord e del Medio Oriente  (Nena) sono riusciti a mantenere le loro promesse internazionali consistenti nel ridurre la percentuale della loro popolazione che soffre la fame Purtroppo, a causa dei conflitti e delle crisi prolungate in Iraq, in Sudan, in Siria, nello Yemen e in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, Nena è la sola regione dove la prevalenza globale dei sotto-alimentati è aumentata in rapporto al suo livello di un quarto di secolo fa».

Se si vuole capire cosa succede nel Mediterraneo, depurato dalla demagogia della paura dei Salvini e dei fascisti vari, è bene leggersi le cifre della Fao e meditare di quanto l’Occidente e il nostro Paese ne portino diverse e precise responsabilità: «Circa 33 milioni nella regione Nena sono oggi cronicamente sotto-alimentati, è il doppio del numero che prevaleva nel  1990». Insomma, mentre noi facevamo affari con dittatori e regimi autoritari, mentre partecipavamo a guerre fallimentari contro i nostri ex amici, nei Paesi alle porte di casa nostra «La prevalenza della sotto-alimentazione nella regione è aumentata dal 6,6% al 7,5% tra il  1990 ed oggi» e in termini numerici è molto di più vista la forte crescita della popolazione.

Abdessalam Ould Ahmed, vicedirettore della Fao e rappresentante per il Medio Oriente e l’Africa del Nord  spiega che «La regine Nena nel suo insieme ha conosciuto un arretramento nella lotta contro la fame. I conflitti e le crisi prolungate sono i principali motori dell’insicurezza alimentare nella regione. La regione Nena presenta attualmente il maggior numero e la più alta intensità di conflitti del mondo. Nel corso degli ultimi anni, 12 Paesi della regione hanno conosciuto almeno una forma di instabilità, compresi i disordini civili, le guerre o le crisi prolungate».

Solo la guerra  civile siriana, poi diventata guerra dello Stato Islamico/Daesh, ha provocato 13,6 milioni di profughi e poverissimi che hanno bisogno di assistenza alimentare ed agricola permanente. Tra questi, 9,8 milioni vivono in Siria e 3,8 milioni sono rifugiati, I più “fortunate” riescono a fuggire verso l’Europa.

Anche la guerra civile e l’invasione della coalizione araba a guida saudita (ed a sostegno Occidentale) dello Yemen hanno esacerbato l’insicurezza alimentare in quello che già era uno dei Paesi più poveri del mondo. Nello Yemen è malnutrita una persona su quattro e la metà dei 24 milioni di abitanti avevano già bisogno di un aiuto umanitario prima dell’attacco saudita.

Nell’Iraq “liberato” da due guerre per il petrolio contro Saddam Hussein ed oggi in guerra con il Daesh, la sottoalimentazione, che negli anni 1990-1992 era all’8%, ora è arrivata al 23%.

Però Ould Ahmed sottolinea che «La situazione globale non dovrebbe occultare I progressi compiuti nella grande maggioranza dei Paesi. Bisogna complimentarsi con i 15 Paesi della regione che hanno raggiunto l’Obiettivo del millennio per lo sviluppo (Mdg) mirante a ridurre della metà la percentuale della popolazione che soffre di malnutrizione o che sono riusciti a mantenere questa quota ad un livello inferiore al 5%.  Questi Paesi sono i seguenti: Algeria, Bahrein, Egitto, Iran, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Tunisia ed Emirati Arabi Uniti».

Ma le performance dei Paesi Nena sono fortemente ineguali e le monarchie petrolifere del Golfo non hanno praticamente più problemi di sottoalimentazione per la loro popolazione, per i lavoratori migranti che tengono in piedi le loro economie  – e che spesso vengono da altri Paesi Nena – la situazione sera diversa. La Fao evidenzia che «Il numero di persone sotto-alimentate è troppo elevato» e che c’è «La necessità di rinnovare l’impegno politico e di rafforzare il coordinamento regionale per lottare contro la sotto-alimentazione».

Il rapporto regionale Nena «Ha confermato che c’è speranza, che dei progressi sulla strada dell’eradicazione della fame sono possibili e possono effettivamente vedere la luce, se la stabilità fosse assicurata da impegni politici e regionali onorati e se fosse messo in atto da un approccio integrato e coordinato sostenuto da programmi concreto». Ma è esattamente quello che la comunità internazionale, a partire dall’Italia, non ha saputo e voluto fare mentre la fame e le guerre gonfiavano i barconi che attraversano il mediterraneo. Eppure l’approvvigionamento alimentare medio nella regione Nena – quando si contano le importazioni – è aumentato del 10% dal 1990 in termini di calorie e attualmente superala media mondiale. La enorme diseguaglianza nella redistribuzione della ricchezza e delle risorse è evidente… altro che “aiutiamoli a casa loro”!

Ould Ahmed conclude ricordando che  «Nella misura in cui si procede, oltre gli Mdg, verso gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile (Sdg), è essenziale investire nelle gestione sostenibile delle risorse idriche rare e nei sistemi di protezione sociale, più specificamente nei mezzi per ridurre la vulnerabilità e questo attraverso delle politiche e dei programmi di protezione sociale produttivi, al fine di far fronte alle molteplici minacce ed ai rischi che pesano sulla scurezza alimentare e la nutrizione e rafforzare la resilienza nella regione Nena».

Fonte:Greenreport