Anche la Maremma si oppone al "puzzo del compromesso morale"

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Giornata difficile da dimenticare quella di giovedì 3 luglio. Presso la Camera di Commercio una serata all’insegna della lotta alla mafia. Il battesimo ufficiale in presenza di Salvatore Borsellino del Movimento Agende Rosse di Grosseto in memoria di Emanuela Loi. Il primo Movimento Agende Rosse della Toscana e della Maremma.
Insieme a Salvatore Borsellino erano presenti anche Pino Cassata e Pietro Palmisano appartenenti al Movimento Articolo 54 e collaboratori di Salvatore Borsellino.
Il fratello del giudice parla subito chiaro: “In Via D’Amelio siamo di fronte ad una strage di Stato. Quello che vi racconto non deve farvi commuovere, deve farvi indignare”. Nel suo racconto emerge tutta la rabbia di una persona che si è vista portare via brutalmente un fratello. Un uomo giusto era Paolo. Come erano giusti i suoi angeli custodi che lo hanno protetto fino a quel tragico giorno del 19 luglio di ventidue anni fa.

Oltre alla rabbia c’è anche il dolore di Salvatore nel raccontare ciò che gli fu raccontato da Genchi arrivato sul posto pochi minuti dopo la strage. Pare una sceneggiatura di un film dell’orrore ma purtroppo è realtà.
Un uomo dei vigili del fuoco che raccoglie brandelli carne dal muro dell’immenso palazzo di Via D’Amelio. Quei brandelli vengono messi dentro una scatola da scarpe. Genchi guarda quei brandelli e vede dei ciuffi di capelli biondi. Capisce subito che si tratta dei resti della ventiquattrenne Emanuela Loi.
Emanuela. Il simbolo dell’Italia che vuole cambiare. La prima (e ci auguriamo l’ultima) donna-poliziotto fatta saltare in aria. I cui genitori si videro costretti a pagare la fattura allo Stato per il viaggio della bare con dentro i resti della loro figlia da Palermo alla sua amata Cagliari.
E c’è tutta la rabbia di questo mondo quando Salvatore Borsellino pronuncia la parola “Stato”.
Quello Stato che non ha fatto niente per proteggere suo fratello. Lo stesso Stato che pochi minuti dopo la strage mette in atto il particolare più vergognoso di tutta questa vicenda: il furto dell’agenda rossa. Quell’agenda che è il lascito che Paolo Borsellino stava mettendo insieme come un puzzle maledetto.
Per sapere dell’esistenza di quell’agenda si doveva essere allo stesso tempo dei profondi conoscitori di Paolo, che non la lasciava mai fuori dalla sua borsa.
Si fa il nome di Arcangioli, immortalato in Via D’Amelio che porta con se la valigia di Paolo ancora intatta e non bruciata. Brucerà in parte dopo quando verrà rimessa nel sedile posteriore della Fiat Croma di Borsellino, per un ritorno di incendio.
Lo Stato che per quasi venti anni ha costruito un depistaggio mostruoso dietro l’assassinio di Paolo Borsellino.
Ma è anche colpa dei mezzi di informazione se ancora oggi nessuno parla della trattativa, o se vi se ne parla viene giustificata. Ed è proprio questo che dice Pino Cassata: “Oggi si arriva a giustificare che pezzi dello Stato abbiano trattato con la Mafia”.
La ricetta però qual è? “Spegnete le televisioni” dice  Cassata “Cercate le informazioni giuste sulla rete, anche se ultimamente il sistema cerca di mettere le pure lì”.

Salvatore poi riprende la parola e ci racconta del suo silenzio successivo alla strage durato fino al 2005, quando accortosi che lo Stato stava mettendo in atto punto per punti la lista del “papello” di Riina, torna a parlare. Ed ecco la sua grande creazione: il Movimento Agende Rosse di Palermo.
Oggi ne stanno nascendo tantissime. E è un segno positivo. La gente vuole sapere. I giovani (e a Grosseto ne erano davvero tanti) si fanno in primis promotori di una voglia estrema di sapere, di conoscere. Perché questo nostro Paese è sempre stato dominato da stradi di Stato.
E nell’incontro di Grosseto si è parlato anche di questo. Di come sia una sorta di linea rossa che parte da Portella della Ginestra e arrivi fino alle stragi del 1993. Stessi personaggi, stessi pezzi deviati dello Stato, dei servizi e dei Ros; stessi tipi di esplosivi di origine militare.
E in una fase come quella che stiamo vivendo, con tutti gli organi di stampa asserviti ad una sorta di nuovo “Messia”, dove le riforme della Costituzione vengono annunciate come se si dovesse modificare un regolamento sportivo, dove quelle stesse riforme vengono decise a tavolino con un pregiudicato che la cui storia è stata certificata dalla Cassazione pochi giorni fa: miliardi dati a Cosa Nostra in cambio di favori, tutto architettato da un ambasciatore con rapporti quarantennali col sistema criminale. Ebbene, in una fase come questa c’è bisogno che tutti i Movimenti Agende Rosse, l’ultimo quello di Grosseto, siano compatti e si cominci a svolgere un progetto comune per gridare a gran voce la necessità e il dovere di chiedere la verità.

Quindi da oggi possiamo dire che anche la Maremma è protagonista sulla lotta alla mafia e non si ferma certo qui. Già il 19 luglio si riunirà in piazza per commemorare la strage di Via D’Amelio ricordando alle 16.58 con un minuto di silenzio, il giorno che ha cambiato la storia italiana per sempre. In quel giorno la Prima e la Seconda Repubblica si sono dati il cambio. La seconda è subentrata alla prima. I segreti, i patti, le trattative, i mandanti, i protagonisti e i comprimari sono passato dall’una all’altra. E i nuovi hanno mantenuto il segreto che tutt’oggi stenta a venir fuori, e se esce viene giustificato. Come se fosse normale che uno Stato giunga a patti con degli assassini, o forse è meglio dire, che uno Stato utilizzi degli assassini per giungere ai suoi obiettivi.

Ps: basterebbe andare a leggersi gli atti dell’interrogatorio del generale Mario Mori (all’epoca vicecomandante) che davanti ai giudici di Firenze il 27 gennaio 1998 parla lui stesso della “trattativa”. Se si leggono attentamente ciò che ci dicono i protagonisti diretti della vicenda, la verità viene fuori da sola:

“Incontro per la prima volta Vito Ciancimino a via di Villa Massimo dietro piazza di Spagna a Roma, nel pomeriggio del 5 agosto 1992. L’Italia era quasi in ginocchio perché erano morti due fra i migliori magistrati nella lotta alla criminalità mafiosa , […] e cominciai a parlare con lui: “‘Signori Ciancimino, cos’è questa storia, questo muro contro muro? Da una parte c’è Cos Nostra dall’altra parte c’è lo Stato. Ma non si può parlare con questa gente?’”.

fonte: Antimafiaduemila