Il Pm Gratteri: “Papa Francesco nel mirino della 'Ndrangheta”

di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari
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“Papa Bergoglio sta smontando centri di potere economico in Vaticano. Se i boss potessero fargli uno sgambetto non esiterebbero”. E’ il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, a lanciare l’allarme osservando i segnali che provengono dal mondo criminale calabrese. Lo fa in un’intervista pubblicata quest’oggi da “Il Fatto Quotidiano”. Con Antonio Nicaso ha scritto un libro (Acqua Santissima, Mondadori, 204 pagine, 17,50 euro), in cui si spiega la relazione che si crea tra la mafia e la Chiesa. “Faccio il magistrato da 26 anni e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ’Ndrangheta e Chiesa camminano per mano. Come la figlia di Condello, il Supremo, che qualche anno fa si è sposata nel duomo di Reggio Calabria con tanto di benedizione papale. I preti, poi, vanno di continuo a casa dei boss a bere il caffè, regalando loro forza e legittimazione popolare”  racconta Gratteri rispondendo alle domande di Beatrice Borromeo.
Secondo il magistrato la figura di Papa Francesco sta contribuendo a far cambiare le cose con le sue scelte e le sue parole nel tentativo di fare pulizia all’interno delle contraddizioni del Vaticano. Comportamenti che porterebbero la mafia a riflettere in quanto vede minacciata l’opportunità di potere e ricchezza che la Chiesa poteva garantire. “Non so se la criminalità organizzata sia nella condizione di fare qualcosa, ma di certo ci sta riflettendo. Può essere pericoloso. Il mafioso che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa. Sono questi i soggetti che si stanno innervosendo”.
E quella appena passata, per il Papa, è stata una settimana di denuncia contro la corruzione ed i corrotti. Papa Francesco ha alzato il tiro in questi giorni (venerdì 8 e lunedì 11 novembre) durante la Messa celebrata a Santa Marta, dove il Santo Padre risiede.

Nel suo primo intervento ha parlato di “pane sporco”, di guadagni frutto di tangenti e corruzione, e di come il lavoro disonesto toglie la dignità. Lo ha fatto raccontando la parabola dell’amministratore disonesto come spunto per parlare “dello spirito del mondo, della mondanità”.
Ha detto: “Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa la mondanità: vivere secondo i valori – fra virgolette – del mondo”.
E poi ancora, ricordando che nella parabola il padrone loda l’amministratore disonesto per la sua furbizia: “Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. È un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”.
Lunedì, con forza maggiore, ha invece puntato il dito contro i corrotti: “La doppia vita di un cristiano fa tanto male, tanto male. ‘Ma, io sono un benefattore della Chiesa! Metto la mano in tasca e do alla Chiesa’. Ma con l’altra mano, ruba: allo Stato, ai poveri… ruba. È un ingiusto. Questa è doppia vita. E questo merita, dice Gesù, non lo dico io, che gli mettano al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Non parla di perdono, qui”.
Papa Bergoglio ha poi parlato di “Cristiani corrotti, preti corrotti”, parlando del cristiano che si trasforma in un “sepolcro imbiancato”. Quindi ha aggiunto: “Chi pecca e si pente, chiede perdono, si sente debole, si sente figlio di Dio, si umilia. Mentre chi scandalizza continua a peccare, ma fa finta di essere cristiano, fa la doppia vita, inganna, e dove c’è l’inganno, non c’è lo Spirito di Dio”.
Una denuncia che speriamo non si fermi qui e si propaghi come una fiamma incendiaria arrivando a spezzare quel legame di collusione che fino a questo momento ha visto il Vaticano, tramite lo Ior, come una delle banche privilegiate dove nascondere denaro e fare affari. Perché si è stufi della collusione ma anche della compiacenza di certi religiosi verso la criminalità organizzata. Perché, come ha ricordato Gratteri riferendosi all’episodio del vescovo di Locri che ha scomunicato i mafiosi solamente dopo che avevano danneggiato le piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì, non è possibile che i prelati si indignino e si ricordino della mafia soltanto quando ad esser danneggiata è lei stessa.

Fonte.antimafiaduemila.com