L'Italia spiata più degli altri paesi

di Gianni Cipriani

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Qualcuno ricorda il vecchio motto “La Cia ci spia sotto gli occhi della polizia” che veniva scandito nelle manifestazioni degli anni ’70 e finito anche in una canzone di Eugenio Finardi? Quello che all’epoca era uno slogan è diventato verità storico-politica. E attualmente, nonostante la guerra fredda sia alle spalle quasi da un quarto di secolo, è la realtà delle cose.

Con qualche aggiunta di non poco conto: il vero dominus non è la Cia ma la ben più potente anche se meno nota Nsa; le tecnologie, con l’aggiunta della complicità di molti stati, consentono un controllo quasi totale delle comunicazioni. Ovviamente non un controllo e ascolto in tempo reale, cosa materialmente impossibile. Ma una raccolta di dati assai penetrante che potrebbe tornare utile in qualsiasi momento.

Lo sconosciuto Mario Rossi potrebbe diventare nuovo leader politico? Ecco che con pochi click si possono estrapolare dall’immenso calderone dei dati raccolti a strascico tutte le sue mail, i suoi tabulati, i suoi contatti e qualsiasi altra traccia digitale lasciata nel corso degli ultimi anni. Così sapremo e leggeremo cosa faceva o diceva nel 2005 o nel 2006 o solo poche settimane fa. Basta conoscere l’indirizzo email o l’indirizzo Ip del computer o i numeri di telefono.

Oggi la spiata del giorno è Angela Merkel; ieri era il presidente del Messico; l’altro ieri la presidente del Brasile. Ad uno ad uno stanno saltando fuori tutti. E il corso non cambierà presto. Perché ad essere spiati sono stati tutti. Dipenderà solo e se gli spiati verranno a saperlo e se vorranno denunciarlo. Talora non senza esitazioni e imbarazzi. Del resto alcuni governi che oggi sono vittime ieri erano complici.

L’Italia è stata spiata come e più degli altri paesi, nonostante il governo minimizzi e ci faccia sapere che ci sono stati già tre incontri chiarificatori. Modi diplomatici per dire che l’Italia non può e non vuole chiedere conto agli Stati Uniti. Il primo perché non ha la forza; il secondo perché non è innocente fino in fondo.

Ormai è noto che Globalist ha raccontato l’antefatto del Datagate, ossia la mega-operazione ordinata nel 2006 da Bush per spiare Chavez durante la sua visita in Italia. Domanda: a nostra insaputa? Fossi un componente del Copasir avrei la curiosità di chiederlo, visto che di quell’operazione si conoscono date, luoghi e protagonisti; fossi un parlamentare sarei tentato dal fare una interrogazione. Magari si incrinerebbe, anche se in parte, il muro dell’omertà e dell’ipocrisia. Anche perché la storia è molto ma molto più grossa e imbarazzante di quanto sia emerso finora. Speriamo che possa essere resa nota. Ma c’è una difficoltà: non tutti aspirano a vivere rinchiusi in un’ambasciata come Assange o da fuggitivi come Snowden. Né sarebbe possibile esibire documenti riservati senza fare la fine del soldato Manning.

Ma non per questo sarà impossible impedire che altre verità escano fuori. E non saranno simpatiche. Per nulla. Nel frattempo una consapevolezza: lo spionaggio in Italia è stato invasivo come e forse più degli altri paesi. Noi non sapevamo? Onestamente non ci credo. Anzi, non ci credo per nulla.

ottobre 2013

Tratto da: globalist.it