Carte dovute alla Dna? La soluzione ''interpretativa'' del Csm

 

toga-web3.jpg di Lorenzo Baldo – 3 agosto 2011

Il Csm mette la parola fine alla querelle relativa all’obbligatorietà da parte delle Dda di trasmettere le carte relative ad indagini collegate tra di loro sulle quali la procura nazionale antimafia deve svolgere un eventuale coordinamento.  La decisione dell’organo di autogoverno della magistratura è alquanto circostanziata.

“Il Consiglio – si legge nel documento del 27 giugno scorso – delibera nei seguenti termini: il procuratore nazionale antimafia può richiedere a qualsiasi ufficio del pubblico ministero la trasmissione di atti di indagini che ritenga collegate ad altre indagini in corso presso una direzione distrettuale antimafia ed impartisce direttive sullo scambio di atti tra le diverse procure distrettuali antimafia”. Da parte sua il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, aveva ribadito che il principio di obbligatorietà era implicito in quanto fondamentale per svolgere le funzioni di coordinamento a cui la Dna è chiamata a rispondere. Di contraltare la procura di Palermo si era opposta sostenendo che non vi fosse un obbligo di legge, pur trasmettendo gli atti richiesti. La diatriba era sorta attorno al cosiddetto “caso Ciancimino”. Solo pochi giorni fa il Csm, con il voto unanime del plenum, aveva archiviato il procedimento aperto sul contrasto tra le procure di Palermo e Caltanissetta per la mancata trasmissione da parte della Dda palermitana degli atti relativi alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Per il Consiglio Superiore della Magistratura infatti quei contrasti erano stati risolti in occasione della riunione convocata dal procuratore nazionale antimafia lo scorso 28 aprile. Già nell’audizione al Csm del 17 maggio scorso lo stesso Grasso aveva rassicurato sul buon esito della riunione alla Dna. Il 4 luglio era stato poi il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, a confermare il superamento dei contrasti, cosa che aveva ripetuto il giorno successivo anche il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari.
Alla luce della delibera del Csm resta da evidenziare che in nessun caso è previsto un “automatismo” della trasmissione degli atti alla Dna da parte delle distrettuali antimafia. Quando vi sono indagini “collegate tra loro” se il procuratore nazionale antimafia richiede i relativi atti ha tutto il diritto di ottenerli. In quel caso le Dda competenti sono tenute a inserire tali documenti nell’archivio informatico delle procure attraverso una “visibilità assoluta” che permette la lettura ai magistrati che hanno accesso all’archivio, o altrimenti attraverso un sistema “lucchettato” che prevede l’accessibilità unicamente al procuratore nazionale antimafia. La decisione del Csm (che non scioglie del tutto il nodo della vicenda, così come avrebbe voluto il Presidente della Repubblica, investito della questione dallo stesso Piero Grasso) è perciò a tutti gli effetti “interpretativa” di una normativa che riguarda solamente i poteri del procuratore nazionale antimafia. Non viene quindi assegnata alcuna “vittoria” alla Dna come lasciato intendere da alcuni mezzi di informazione fin troppo predisposti a creare polemiche alquanto sterili, ma ugualmente pericolose.

Fonte:antimafiaduemila