2011: per l’Italia è l’anno del debito

Gli autogol dell’Europa
Negli ultimi due mesi del 2010 è stato chiaro a tutti che le parole vuote pronunciate nei vertici dei capi di Stato non avrebbero fermato il collasso dei debiti pubblici di Grecia, Irlanda, Portogallo e a seguire Spagna ed Italia. Di fronte a governi che continuano a indebitarsi, la speculazione ha uno strumento formidabile per deprimere i prezzi delle obbligazioni: non occorre vendere, basta non comprare. Strategia che viene facilitata quando tutti i ministri delle finanze europei, incredibilmente all’unanimità, approvano un documento proposto dalla Germania nel quale si sancisce che a partire dal 2013 i detentori dei titoli di Stato saranno chiamati a contribuire nei casi di ristrutturazione del debito.

Un anno di sforzi per il contenimento della spesa pubblica, inclusa rinuncia ad ogni provvedimento per lo sviluppo economico, i tagli alla scuola, alla cultura ed all’università sono stati bruciati dal ministro Giulio Tremonti con la firma apposta il 28 novembre 2010 sul documento Ecofin che stabiliva le modalità di intervento nei Paesi europei in crisi. Una firma che nel 2011 ridimensionerà la statura politica ed economica del titolare del dicastero dell’economia che rischierà di passare alla storia più come un buon ragioniere che come uno statista. L’Italia ha infatti volontariamente firmato, se non la propria condanna a morte, certamente una pena severissima che verrà inflitta dal mercato nei primi mesi del 2011. I grossi investitori internazionali dovrebbero infatti sottoscrivere circa 120 miliardi di emissioni del tesoro sapendo che il nostro debito pubblico è uno dei maggiori del mondo e la nostra economia ha una crescita fra le ultime al mondo, che il governo ha solo tre voti di maggioranza in Parlamento ed ogni giorno si rischiano elezioni anticipate, che il presidente del Consiglio nella conferenza stampa di fine anno ha promesso che nel 2011 non ci sarà nessuna manovra finanziaria, nonostante il fatto che le previsioni di crescita contenute nella legge di stabilità appena approvata sono chiaramente, e volutamente, sovrastimate per il prossimo biennio e che l’aumento dello spread sui titoli tedeschi provocherà una spesa aggiuntiva per interessi di circa 4 miliardi e che, infine, le misure approvate dalla stessa Italia in sede europea per il salvataggio degli stati prevedono esplicitamente una perdita per i detentori dei titoli a partire dal 2013.

Le promesse impossibili
Ma il governo italiano continua a credere che tutto tornerà come prima, che si potrà abbassare l’Irap (Berlusconi dixit, 14 dicembre 2010) e che basterà un poco di ottimismo e la liberalizzazione delle licenze commerciali (conferenza stampa di fine anno) per uscire dalla crisi e gestire il debito più alto mai avuto nella storia italiana. Le prossime aste dei titoli di stato italiane non andranno deserte, l’Italia è ancora lontana dal fallimento, ma di fronte a questo scenario i tassi d’interesse che richiederanno gli investitori, come giusta remunerazione al rischio che corrono, saranno più alti e con essi il costo per finanze pubbliche sarà più elevato (lo si è visto anche all’asta del 30 dicembre). Tutto questo richiederà senza ombra di dubbio una manovra economica con nuove tasse o nuovi tagli, con l’inevitabile rallentamento della crescita che ne conseguirà, in una spirale deflazionistica che Portogallo e Spagna stanno già sperimentando.

Ma per quanto tempo uno Stato può reggere stress di questo tipo? Per la Grecia la strada di un default sembra già segnata, completamente dipendente dagli aiuti esteri presto non potrà permettersi di stringere ulteriormente la cinghia per pagare i debiti. Altri Stati europei ci daranno la risposta a questa domanda, le elezioni irlandesi di fine gennaio potrebbero sancire la linea Islandese, si salvaguarda il proprio popolo e non i creditori. Lo spettro di un collasso finanziario si allungherebbe così definitivamente su Portogallo e Spagna. Il mercato avrebbe la certezza del punto di rottura, cioè che nel sistema economico moderno è possibile il default di Stati in zone politicamente stabili ed economicamente avanzate. Di fronte a questi scenari il ministro Tremonti tenta, con scarso successo, di far passare l’idea di una condivisione del debito con la Germania e la Francia attraverso l’emissione di Eurobond ma tace, colpevolmente, sulla situazione politica ed economica italiana. Scompare nell’ombra di un presidente del Consiglio che continua nella sua crociata propagandistica dell’Italia che “sta meglio di altri” promettendo sempre il futuro “quel periodo di tempo nel quale i nostri affari prosperano, i nostri amici sono sinceri e la nostra felicità è assicurata”, come diceva Ambrose Bierce.

Fonte: ilfattoquotidiano