Né destra né sinistra

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Ormai è un dato di fatto, al punto che se ne parla continuamente. Un lungo elenco di cose, compreso il lavoro, non sono (non sono più) né di destra né di sinistra. Quando hai finito l’elenco, ti accorgi che non è rimasto più niente da discutere. Certo, non nei termini di contrapposizione continua degli ultimi due secoli. Tutto superato.

D’ora in poi c’è il nuovo e il vecchio (alcuni dicono: il vecchio e il giovane) e la parola-ponte è “innovazione”, che vuol dire il coraggio di guardare le cose da un punto di vista “moderno”. Ci sono due possibili obiezioni. La prima è che il nuovo assetto paesaggistico della politica colpisce una parte sola, la sinistra. La sinistra era nata per contrapporsi allo stato dei fatti (mettiamo: il lavoro sottomesso e le cure solo a che può pagarsele). Senza contrapposizione, lo stato dei fatti resta intatto. Dunque, quando qualcosa “non è più né di destra né di sinistra”, la destra resta sola sul piedistallo. Quando “destra e sinistra non esistono più”, la destra si libera dai tanti pesi e ostacoli creati dalla sinistra. Ovvero, è la sinistra che esce di scena. La seconda obiezione riguarda certe situazioni e immagini e fatti che ci appaiono – da mondi tecnologicamente e politicamente diversi (una volta dicevano “avanzati”) – come contrapposizioni non conciliabili. In un mondo in cui non c’è più destra e sinistra chi sono, che cosa fanno – bene in vista sulla scena americana – Barack Obama e Sarah Palin? La loro contrapposizione è totale.

La Palin americana, come la Lega italiana, alza il fucile in nome del suo folklore e non vuol saperne del resto del mondo; Obama si ostina a difendere il diritto dei deboli non solo in America), non si deve perciò perdere tempo con il gioco delle parole. Obama assomiglia a ciò che una volta, nella cultura e nella politica del mondo, era la sinistra. Nessuno può negare che Sarah Palin sia identica alle immagini-guida di ciò che potremmo chiamare “la destra classica”, ovvero sdegno per i diritti umani come debolezza, fastidio per bisogno e richieste di chi non ha potere; onore alla potenza e all’uso spregiudicato di essa, perché auto-giustificato. È una contrapposizione anacronistica, proprio nel cuore del mondo americano che ci era sempre sembrato nuovo?

Forse per questo agli autori del programma televisivo “Vieni via con me” è venuta l’idea – rivoluzionaria di questi tempi (con una maggioranza conservatrice e una minoranza “riformista”, che nei sondaggi scendono insieme) di far leggere i “valori di destra” a un personaggio della destra e i “valori di sinistra” al segretario del Partito Democratico inteso come partito di sinistra. Il risultato è strano e interessante.

Solo in apparenza queste due liste si contrappongono. Nessuna delle due descrive un mondo alternativo. La diversa coloritura di fondo (Stato da una parte, comunità dall’altra) è più una diversa angolazione dello spazio osservato che una alternativa di vita. Dopo tutto, Fini vuole cittadini orgogliosi del proprio Stato e Bersani vuole uno Stato consapevole dei bisogni dei cittadini. Come in certi film di effetti speciali, Fini mostra la mappa nitida ma da lontano, Bersani compie una zoomata veloce sui volti dei cittadini. Però destra e sinistra appaiono sulla scena senza zaini e senza valige. Si sente parlare di persone, non di masse, popolo, aggregazione, partiti. Da dove viene questo cambiamento, in cui il discorso su uguaglianza, rispetto delle persone, uomini e donne, deboli e forti, cittadini e nuovi venuti, continua fuori dal “destra-sinistra” tradizionale?

Dobbiamo essere grati una volta di più allo spettacolo di Fazio e Saviano dedicato non tanto a rivelare l’Italia agli italiani, quanto gli italiani a se stessi. Fini appare a milioni di spettatori senza la destra, storia, partito, percorso, aggregazione. Bersani è sullo schermo da solo. Dice “sinistra” solo all’inizio, perché è richiesto dal gioco di televisione-verità, senza indicare alcun altro punto di raduno, alcuna altra intenzione su ciò che si può fare insieme. Comunica buoni sentimenti, caldi e personali. Abbiamo intravisto l’immagine di due persone rispettabili. Abbiamo visto la traccia di qualcosa di diverso che deve essere venuto prima, nelle rispettive vite diverse. Ma non c’era partito. Anzi, ciascuno dava l’impressione di parlare per sé. Due persone con molto rispetto per gli altri, che potrebbero vivere nello stesso caseggiato con beneficio per tutti. Se abbiamo visto e ascoltato bene, allora è vero che “non ci sono più destra e sinistra”. Però: solo in Italia? Infatti, come spiegare la vitalità aggressiva e tutt’altro che incline alla condivisione generica di buone regole comuni, della destra danese, olandese, svedese dei republikaner tedeschi? E come definire la durissima contrapposizione americana, Sarah Palin (con il velenoso e molto finanziato Tea Party) contro Barack Obama?Abbiamo a disposizione due percorsi per uscire dall’imbarazzante domanda e spiegare l’Italia. Il primo è di accettare un fatto: la destra è troppo forte e non è consigliabile il ruolo della controparte. Ti schiaccia, ti svergogna, ti butta fuori dalla scena. Per sopravvivere, meglio pretendere poco e fingere di non vedere che la “modernità” della destra è uno sfacciato ritorno a un passato tipo l’America prima di Roosevelt. Il secondo è usare come lasciapassare la parola “riformista”. E’ gelida e non smuove le folle, come tutti i sondaggi dimostrano. Non contiene un sogno ( è una parola senza finestre) ma neppure progetti. Ci ricordiamo che è stata una parola carica di significato in un altro tempo. Era l’alternativa civile e umana alla rivoluzione.

In questo paesaggio, la parola “riformista” è una indicazione di viabilità politica che porta al centro.

Niente di male, ma è bene saperlo e non pretendere di apparire nuovi. Un vento forte spinge al centro come una sorta di “occhio del tifone” in cui, mentre tutto intorno infuria la tempesta, c’è pace e voci basse. Ci sarebbe la grande questione dei diritti umani e dei diritti civili. Tranne che per i Radicali, lo spazio resta vuoto. Si combatte per brutte riforme, nel tentativo, il più delle volte vano, di renderle meno indecorose. Intanto non puoi vivere, se sei venuto in Italia per disperazione, credendo che fosse un paese civile. E non puoi morire perché il tuo Stato osserva le prescrizioni della Chiesa cattolica che lo vietano. E se muori per troppa pena ti chiudono fuori dalle chiese, come è accaduto a Piergiorgio Welby.
Ecco dove ti porta un mondo pacificato che non è né di destra né di sinistra. Ti porta a un centro antico e immobile.

Fonte:Ilfatto