La giustizia ferita

Palermo. A poche ore dalla sentenza di assoluzione per Mori e Obinu Vittorio Teresi prende la parola alla XIX edizione di “Legami di Memoria” organizzato dall’Arci. “Questa terra diventerà bellissima” recita il titolo dell’incontro, poco più in basso il sottotitolo è ancora più esplicito: “Palermo: ferite, contraddizioni, sorprese”. Ed è proprio partendo dalle tante ferite e dalle molteplici contraddizioni che il procuratore aggiunto racconta l’attesa di quella sentenza nell’ufficio che fu di Paolo Borsellino e che ora è suo.

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Stato-mafia, è partita la carica

Dall’Unità a Libero, dal Corriere al Foglio, è un gigantesco fiorire di balle a sostegno del generale Mori, a processo per la mancata cattura di Provenzano. Il motivo? Questo processo ne influenzerà un altro, molto più importante.
Entro fine luglio, con la sentenza di primo grado a Palermo sulla mancata cattura di Provenzano nel 1995 da parte del Ros, sapremo se per il Tribunale il generale Mario Mori favorì il boss in seguito alla trattativa avviata nel ’92 tramite Vito Ciancimino. Il pm Nino Di Matteo ha chiesto la sua condanna a nove anni. E la sentenza, sia pur circoscritta a quel singolo episodio, influenzerà il processo appena iniziato contro cinque esponenti dello Stato e cinque di Cosa Nostra accusati di aver ricattato i governi Amato, Ciampi e Berlusconi-1 perché spuntassero le armi dell’antimafia in cambio della fine delle stragi.

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IGNORANZA E MANIPOLAZIONE

C’era una volta il Partito Comunista Italiano, fondato su nobili valori etici verso il prossimo e su altissimi sentimenti di solidarietà che erano alla base del pensiero del “santo-laico” Antonio Gramsci. Oggi quel Pci non esiste più e ha fatto una fine tanto drammatica quanto penosa. Esclusi Enrico Berlinguer, vero erede di Gramsci, e pochi altri dirigenti , negli anni il partito ha visto susseguirsi al suo interno figure ambigue che, anziché contrastare il potere, hanno preferito la comodità di una poltrona.

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