La mia lettera al Consiglio Superiore della Magistratura

Ritengo doveroso, per ragioni di trasparenza e per rispetto della mia stessa biografia professionale, rendere noti i motivi che, al termine di una travagliata e scrupolosa riflessione, mi hanno indotto a non ripresentarmi nella sede assegnatami da codesto Consiglio al fine di riprendere servizio dopo un periodo di congedo ordinario.
Chiarisco subito di essere ben consapevole della serietà delle conseguenze per la mia carriera derivanti da questa scelta e che, nonostante ciò, resto persuaso della sua inevitabilità nelle condizioni date.

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Antonio Ingroia: punito dallo Stato, magistrato nel nome del popolo italiano

Messo spalle al muro, costretto a compiere quel passo che non avrebbe mai voluto fare, dimettersi dalla magistratura, in un gesto che sa di sconfitta. E’ questa la storia di Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo, che per oltre vent’anni si è impegnato in prima linea nella lotta alla mafia raccogliendo, assieme ad altri valorosi colleghi, il “testimone” che i suoi maestri, Falcone e Borsellino, avevano dovuto cedere a causa della loro morte. Sulle loro bare quei “magistrati valorosi” avevano compiuto un giuramento per “scoprire gli altarini” ed arrivare alla verità sulle stragi di Capaci e via D’Amelio.

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La persecuzione

Oggi Antonio Ingroia annuncerà le proprie dimissioni dalla magistratura.
Il “Sinedrio” del Csm, alcova di sepolcri imbiancati al servizio del potere, è riuscito nel suo intento.
A far maturare la scelta, dopo oltre vent’anni di lotta alla mafia, l’apertura di un nuovo procedimento disciplinare su segnalazione del procuratore di Aosta, con l’accusa di aver “continuato a fare politica anche dopo il suo rientro in magistratura

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